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Attentato di Dortmund, Bartra: “Ho avuto paura di morire”

Il difensore spagnolo torna sull’attentato di Dortmund: “Incontrare l’attentatore? No, non merita un secondo della mia vita”
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Marc Bartra torna a parlare dell'attentato subito dal Borussia Dortmund lo scorso 11 aprile, poco prima del match contro il Monaco valido per i quarti di finale di Champions League poi slittato al giorno successivo. Unico ferito nell'attentato, Bartra ne uscì con un braccio rotto che lo ha portato a chiudere anticipatamente la stagione, perdendosi il rush finale di Bundesliga e Champions League, oltre alla finalissima di Coppa di Germania, poi vinta dai suoi compagni contro l'Eintracht di Francoforte.

La ricostruzione. Ore 19.16 di martedì 11 aprile, i calciatori del Borussia salgono sul proprio bus che li porterà allo stadio per il match contro il Monaco. "Ero al cellulare, e all'improvviso c'era tantissimo fumo. Faceva un caldo tremendo, specie in faccia", ha raccontato a Sky Deutschland ed al programma spagnolo El Hormiguero, "il cellulare mi cadde dalla mano, ebbi la sensazione di esser stato colpito da uno sparo. Vidi le facce dei miei compagni e mi venne paura", racconta ancora Bartra, "avevo molta paura, così come tutti gli altri. Non sapevamo cosa fosse successo, non sapevamo se potesse succedere ancora. Ci buttammo in terra, la testa mi faceva male, il braccio mi faceva tremendamente male e mi fischiavano le orecchie".

La paura. "Volevo addormentarmi", ha aggiunto ancora lo spagnolo, "la nostra fisioterapista mi prese a schiaffi in faccia. Lei piangeva, ma intanto mi urlava di non addormentarmi. Capii che se avessi chiuso gli occhi forse non li avrei più riaperti, così cominciai a pensare a mia figlia e alla mia fidanzata. Ho perso molto sangue, ma quando finalmente è arrivata l'ambulanza mi sono detto che se anche mi avessero dovuto amputare il braccio l'importante era che fossi vivo". Ma anche ora, dopo diverse settimane, il terrore rimane. "Non auguro a nessuno il dolore che abbiamo provato, nemmeno alla persona più cattiva del mondo. Le persone non possono capire cosa abbiamo vissuto. Tutti i miei compagni sono degli eroi per me". E sull'attentatore conclude: "Quando lo hanno preso per me è stato un sollievo. Incontrarlo? No, non merita nemmeno un secondo della mia vita".

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