Athletic Club de Bilbao, il calcio autarchico che lotta per la Champions
A volte ritornano: il calcio "pulito" dell'Athletic Club de Bilbao torna a far parlare di sé. Dopo 13 giornate, i Leoni di San Mamés sono a -3 dalla zona Champions, sbaragliando ogni pronostico e tornando ad essere, soprattutto fra le mura amiche, gli "indomabili". Un risultato sorprendente per chi non conosce la storia del terzo club più titolato di Spagna, l'unico a non essere mai retrocesso in B (assieme a Real Madrid e Barcellona), che dalla fondazione ad oggi ha fatto del vivaio una scelta di vita: si gioca solo con i giocatori nati e cresciuti nella propria regione, il Paese Basco, e nulla più.
Può sembrare follia, e nell'epoca degli sceicchi miliardari probabilmente è così. Ma in realtà c'è molto di più. Il calcio che si gioca a Bilbao è schietto, vero, pulito. La scelta di utilizzare solo giocatori nati e cresciuti nella propria macro-regione era nata in principio proprio per tutelare l'immenso patrimonio basco, strangolato ad est dal potere economico dei catalani ed a sud da quello politico castigliano. Meglio fare da sé, dunque. E così nacque l'Athletic Club (che in principio comprendeva anche una sezione a Madrid, oggi divenuta autonoma e conosciuta come Atlético Madrid, i cui colori e tre quarti dello stemma sono rimasti intatti), in barba alla politica ed all'economia, puntando tutto sulla geografia. I Leoni di San Mamés sono indomabili anche per questo: vivendo e giocando per la loro terra, con i tifosi hanno generato un legame inscindibile, che raramente diventa nocivo.
Niente sponsor, siamo baschi. La maglia, per un tifoso dell'Athletic, è sacra: guai a "sporcarla" con qualche sponsor, magari anche straniero. Fino al 2008, la maglia è sempre rimasta immacolata. Per garantirne la sopravvivenza, però, nell'era degli ingaggi milionari, ha dovuto "aprire" alla Petronor, azienda petrolifera basca (ovviamente). Insomma l'Athletic, per vivere, deve soprattutto vendere: la perdita di Fernando Llorente (basco doc) a parametro zero, è stata un trauma. Ma niente paura. Il vivaio ha sfornato un campioncino come Iker Muniain, già capitano della nazionale under-21 spagnola. E quest'anno, grazie anche alle sue giocate, la squadra è tornata a volare. Sì, perché il palmarés della squadra è di tutto rispetto: 8 scudetti e 24 coppe di Spagna, assieme ad una Supercoppa, ne fanno la terza squadra della Spagna dopo Real Madrid e Barcellona. In Europa, il rimpianto più grande sono le due finali di Coppa Uefa, perse contro Juventus e Atlético Madrid.
Insomma, nell'era degli sceicchi, dei procuratori, del calcio scommesse e tante altre cose, che con il calcio giocato non hanno (o non dovrebbero avere) nulla a che fare, c'è ancora un'isola felice, dove fare calcio, divertirsi e perché no, vincere anche qualche titolo è ancora possibile.