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Arne Selmosson, il Raggio di Luna che ha scritto la storia del derby di Roma

E’ l’unico ad aver segnato nel derby con le maglie di Roma e Lazio. L’ha portato in Italia Romeo Anconetani. Non ha esultato al primo gol in giallorosso contro gli ex compagni biancocelesti.
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Ha portato la Roma fuori dalla prigionia del sogno. Ma il Barone Nils Liedholm ha preferito rinunciare all'abbraccio dei tifosi per lo scudetto del 1983 e gustarsi il trionfo nella sua fattoria insieme a sua moglie, di qualche collaboratore e del vino che produce. In cantina, tiene qualche migliaio di bottiglie dello spumante “Raggio di Luna”. Ogni riferimento a persone o fatti reali è tutt'altro che casuale. Perché Raggio di Luna, a Roma, ha un posto unico nella storia: è il soprannome di Arne Bengt Selmosson, il solo che abbia segnato nel derby sia con i giallorossi, sia con la Lazio. Quando i biancocelesti l'hanno ceduto ai rivali, nel 1958, l'estate romana si è accesa di tumulti e proteste.

Gli inizi a Udine – Non è un fenomeno fisico, Selmosson (170 cm per 74 chili). È una classica ala d'attacco che parte da lontano, con una progressione travolgente: per Liedholm, anche nel calcio moderno uno così avrebbe trovato il modo di mettere la sua arte al servizio del tatticismo. È arrivato in Italia nel 1954, all'Udinese: ha 23 anni, una moglie, Anna, e un figlio. Fa coppia fissa con Lazlo Szoke, calciatore di origini ungheresi che ha messo radici in Friuli. A Udine impara ad apprezzare i vini aromatici e i quadri del maestro Ciliberti, ne porterà alcuni quando tornerà in Svezia, insieme ai dischi di Domenico Modugno. Va a fare la spesa nella centralissima piazza San Giacomo e compra una casa al mare a Bibione. In campo, gli copre le spalle Cirao Snaidero. “Lui rientrava poco, ma avevamo un buon feeling in campo, perché io, recuperata palla, la davo a lui ed era come metterla in banca” ha raccontato alla Gazzetta dello Sport dopo la morte dello svedese. Una stagione, poi il passaggio alla Lazio, anche grazie a un futuro presidente che in quegli anni si era inventato il mestiere di procuratore, Romeo Anconetani.

Raggio di Luna – Pur di averlo, i biancocelesti sacrificano il norvegese Per Bredesen, che andrà a vincere lo scudetto col Milan di Schiaffino e di Liedholm medesimo. Nei primi due anni alla Lazio, arrivano due terzi post. Intorno allo svedese, che segna 22 gol in 64 partite, si muovono l centravanti Bettini e due ex juventini di somma agilità, il napoletano Pasquale Vivolo e il romagnolo Ermes Muccinelli. La squadra non ha una gran difesa, ma ha un ottimo portiere, Bob Lovati, compagno di stanza di Selmosson in tutti i ritiri. Ha già quel soprannome che si porterà anche in Svezia perché, come scriverà Sergio Valentini sulla Gazzetta dello Sport, “ tanto bianco di pelle che, appena un'altra mano di bianco madre natura gli avesse spennellato addosso, sarebbe riuscito albino”. Ma nel suo primo anno a Roma, dalla vigilia di Natale del 1955, quel soprannome si associa a un'altra storia, in maniera talmente forte da far pensare, e per decenni tramandare, che siano collegate.

La padrona di Raggio di Luna – Perché quel giorno debutta “La padrona di Raggio di Luna”, una commedia musicale di Garinei e Giovannini, musicata da Kramer, con Ernesto Calindri, Olga Villi, Lauretta Masiero e Robert Alda, già star di Bulli e Pupe, nella parte di un calciatore che la moglie di un principe si trova a ereditare. Ma Selmosson non c'entra nulla. La storia è ispirata alla vicenda del presidente del Palermo, per molti il vero inventore del calciomercato, Raimondo Lanza di Trabia, che tesse le trattative dal bagno dell'hotel Gallia e acquista un calciatore dalla celebratissima capacità di palleggiare. L'allenatore, Gipo Viani, prova a dissuaderlo. “Se non sai che fartene” gli dice, “lo metto a palleggiare in giardino”. “Raimondo lo portò a Terre Rosie, dove, dalla sua finestra, lo osservava allenarsi” scrive nel suo libro, Mi toccherà ballare, la figlia Ottavia Casagrande Raimonda Lanza di Trabia. “Ogni tanto lo invitava in casa e il povero giocatore doveva fare il giro dei saloni, palleggiando tra arazzi e candelabri,  senza colpirli e senza mai far  cadere la palla”. L'identità del calciatore ereditato ormai si è persa nel vento: c'è chi giura si tratti della punta danese Helge Bronée, non più giovanissimo, che giocò pure nella Roma e nel 1954-55 nella Juve, c'è chi sostiene si tratti dell'argentino Martegani e chi ancora di Gegé Fuin. Di sicuro, La padrona di Raggio di Luna, che nel 1961 arriverà anche al cinema praticamente con lo stesso cast e la regia di Eros Macchi, non vedeva palleggiare per casa Arne Selmosson.

Dalla Lazio alla Roma – Il suo ultimo anno alla Lazio, però, è triste, solitario e finale. Segna solo 9 gol in 33 partite e la squadra rischia la retrocessione. Tornato da Stoccolma, dove per un'ora insieme a Hamrin, Skoglund e ovviamente Liedholm ha tenuto testa per un'ora al Brasile di Pelé nella finale della Coppa Rimet, trova ad accoglierlo una delle estati più calde e afose del secolo scorso. Un'estate che a Roma fa infuriare tutti. Perché la Lazio, che ha un disavanzo salito a oltre 800 milioni, vende Selmosson per 135 milioni di lire di allora, soldi che avrebbero ritardato istanze di fallimento e sequestri giudiziari. Non è il primo trasferimento dall'una all'altra sponda del Tevere pallonaro. C'era già stato Ziroli che nel 1927 ha segnato il primo gol nella storia della Roma e l'8 dicembre 1929 giocò con la Lazio il primo derby di sempre. Gli anziani ricordavano anche i casi di Ferraris IV, “core de Roma”, che nel 1937 va a spendere gli ultimi anni di carriera alla Lazio o il terzino piccolo ma agguerrito Sandrino Ferri. Nessun precedente, però, può ricordare l'estate del 1958.

Scandalo al sole – Perché contemporaneamente, i biancocelesti scelgono come allenatore Fulvio Bernardini, il “Fuffo” di Testaccio cui è ora intitolato il centro tecnico della Roma a Trigoria. I duri e puri delle due tifoserie scendono in piazza. I rappresentanti dei club di tifosi della Lazio si riuniscono in via Frattina e "preso atto della cessione del giocatore Arne Selmosson alla Associazione Sportiva Roma, cessione che ritengono lesiva agli interessi della Società Sportiva Lazio -così si legge nel comunicato che fanno circolare-, interpreti della indignazione di tutta la tifoseria laziale, chiedono le immediate dimissioni di tutti i responsabili della cessione sopracitata". La giunta esecutiva della società le dimissioni le presenta davvero, salvo vedersele respinte.

I tre anni alla Roma – Alla Roma, Selmosson trova un miscuglio ancora informe di grandi nomi ormai in disarmo e giovani promesse. C'è la genialità sudamericana di Alcide Ghiggia, l'ala uruguaiana che zittì il Maracanà come solo il Papa era riuscito a fare, e dell'argentino Ramon Lojacono, dalla classe assoluta e dalla vita privata dissoluta. Ci sono giovani terzini destinati a un posto nella storia del club, Mario David e soprattutto Giacomo Losi. E due attaccanti di valore atletico e tecnico elevatissimo: Giampaolo Menichelli, romano di Portuense e fratello del ginnasta olimpico Franco, e soprattutto Alberto Orlando, che peregrinerà per molte squadre senza mai raggiungere i risultati promessi da un fisico statuario, ritratto anche da Corrado Cagli e, narra una vulgata piuttosto diffusa, richiesto da Pier Paolo Pasolini per una parte in Accattone. Selmosson trascorre in giallorosso tre stagioni con un tabellino ancora ottimo, 87 gare di campionato e 30 gol, e pare sia per merito suo che Massimo D'Alema sia diventato tifoso giallorosso.

La storia e l'addio – La prima volta che affronta la Lazio da avversario, il 30 novembre 1958, Selmosson anticipa di sinistro l'uscita di Lovati e segna il più classico dei gol dell'ex. “ Il primo derby che giocammo da avversari lui mi fece gol e non esultò, tanto è vero che tutto lo stadio, laziali e romanisti, lo applaudì per il suo gesto” ricorda il portiere, che incasserà altre due reti dal solito Dino Da Costa, con 12 gol il miglior marcatore all time nella storia del derby di Roma. Segnerà ancora alla Lazio, chiude il 3-0 del 18 ottobre 1959 dopo la doppietta di Piedone Manfredini: è il suo ultimo sigillo in un derby. Il cerchio di Raggio di Luna si chiude dove tutto è cominciato, nell'Udinese del giovane Dino Zoff, di Armando Segato, di Canella, Rozzoni e Bonafin. Resta anche in serie B, è il migliore in campo nella penultima giornata della stagione 1963-64 e segna anche la rete del vantaggio con un gran destro da fuori. Di fronte c'è il Cagliari, che ha bisogno di un pareggio per centrare la promozione in serie A. Nella ripresa, su un cross dalla sinistra, sale e svetta un ventenne arrivato dal Legnano che quell'anno ha esordito in prima squadra. Non serve aggiungere che quel ragazzo farà la storia del Cagliari, che quel ventenne ha il nome e il volto di Giggiriva, tutto attaccato. Raggio di Luna, oscurato dal futuro Rombo di Tuono, lascia il calcio e torna in Svezia. Ma continuerà per anni ad ascoltare Volare. E un sogno così non tornerà mai più.

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