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Appeal, brand, mercato: le serie A d’Europa a confronto

Quanto vale la serie A? Qual è il segreto del modello vincente della Bundesliga? La nuova geografia della Liga spagnola e della Premier League. La Ligue 1 e il fattore PSG. Valore di mercato e modelli economici dei cinque principali campionati europei.
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Pochi campioni, troppi debiti. La crisi del calcio italiano è tutta qui, è nei quasi 4 miliardi di debiti della serie A, evidenziati nel Report Calcio 2014 della Federcalcio. È un campionato dagli stadi vuoti, in termini di affluenza media siamo davanti solo alla Ligue 1 tra i cinque principali campionati europei (22.591 tifosi contro i 19.211) in cui spicca la media di 42.624 spettatori della Bundesliga, sempre più modello da imitare. I club italiani pagano un'insufficiente diversificazione delle fonti di introiti, il 58% del valore di produzione arriva da diritti tv e plusvalenze sui trasferimenti, anche se nel 2012-2013 il valore dei passaggi interni tra squadre di serie A ammonta a 711 milioni di euro, il 38% del flusso di cassa totale. Segno del ridotto appeal del nostro campionato, confermato anche da “Football 50”, lo studio annuale condotto da Brand Finance, società di consulenza nella valorizzazione dei marchi, sui 50 brand calcistici di maggior valore.

Valore di brand – La Juventus, squadra italiana con il brand di maggior valore, è solo tredicesima nonostante un rating di tripla A e un incremento del valore di 67 milioni di euro grazie allo stadio di proprietà. In top-50 anche Milan, Inter (14a e 15a, rispettivamente), Napoli (21a), Roma (26a) e Lazio (44a). Nell'ultima classifica, resta in vetta il Bayern Monaco, con un valore del marchio pari a 659 milioni di euro ma più di qualche ombra per la condanna del presidente Uli Hoeness per evasione fiscale. Gli altissimi ricavi da biglietteria, diritti tv e merchandising, la decima Champions League e Cristiano Ronaldo spiegano l'incremento di 67 milioni di euro del valore del Real Madrid, secondo, davanti a tutti i club della Premier League per la prima volta dal 2010. In Inghilterra, intanto, si prepara la rivoluzione a Manchester. Il brand dello United è calato di 107 milioni, passando da AAA+ a AAA, tanto che la Chevrolet ha rallentato il progetto di usare proprio il ManU per spingere il brand in Europa e ha finito addirittura per ritirare il marchio dal Vecchio Continente dall'anno prossimo. Il City, al contrario, spinto dall'enorme ricchezza piovuta in questi anni dal Qatar, ora vale 375 milioni di euro e potrebbe presto superare i Red Devils. Il vero vincitore della stagione passata è però il Paris Saint-Germain, entrato per la prima volta nella top-10 di Brand Finance 50 grazie alla visibilità globale garantita dalla proprietà qatariota, dalle partnership con Nike e Emirates e dal nuovo contratto con il gigante tecnologico cinese Huawei.

Valori di mercato – Non può essere un caso, allora, che secondo i dati del sito Transfermarkt la serie A sia il campionato “più povero” insieme alla Ligue 1 dei cinque che compongono il Big Five. Dalla media delle medie dei valori di mercato delle rose, la Premier League svetta con un valore medio di 6,98 milioni di euro, spinto in alto ovviamente da City e Chelsea. La Liga del Real e del Barcellona segue a 5,69 milioni. La Bundesliga, unico campionato dei cinque capace di generare utili complessivi, è terza a 4,50 milioni. Serie A e Ligue 1 chiudono con 4,06 e 2,63 milioni di valore medio. Ma qual è il segreto del modello tedesco, e perché l'Italia fatica?

Il modello Bundesliga – Il primo segreto della sostenibilità del modello tedesco l'ha spiegato il presidente di Lega Reinhard Rauball: in Bundesliga la tv-dipendenza non esiste. I proventi dei diritti tv non superano il 30% (nel 2012-2013, secondo gli ultimi dati disponibili, contenuti nel rapporto 2014, rappresentano il 28,53% del totale). I diritti tv, contrariamente a quanto avviene in Spagna, sono gestiti collettivamente, con un rapporto tra la quota più alta e quella più bassa è di poco superiore a 2:1 (in Spagna sfiora i 12); e dal 2015 i proventi saranno distribuiti in parti uguali a tutte le squadre. I club investono moltissimo nei giovani, 79.295 milioni di euro nel 2012-2013 (820 milioni totali dal 2001), e devono rispettare rigorosi parametri sportivi, finanziari, personali, mediatici, infrastrutturali, di sicurezza e giuridici per ottenere la licenza dalla federazione. Con una politica di controllo dei costi (rapporto costi/ricavi al 51%) e i forti investimenti della DFL sugli stadi già a partire dal Mondiale 2006, i ricavi della Bundesliga continuano a crescere da nove anni e nel 2013 hanno raggiunto i 2.172.588 euro, anche se l'incremento è riconducibile per l'80% al Borussia Dortmund e al Bayern Monaco.

Premier League – La Premier League rimane il campionato con i ricavi più alti d'Europa (900 milioni nel 2013, +7% rispetto all'anno precedente) ma nel 2013, rivela il rapporto Deloitte “Football Finance 2014”, i costi per i contratti dei calciatori sono aumentati dell'8% tanto che per la prima volta nella storia il rapporto costi/ricavi ha superato il 70%. La crescita degli introiti (+21%) è trainata in gran parte dalle attività commerciali, settore specifico in cui la Premier conserva introiti superiori alla Bundesliga per 55 milioni grazie soprattutto all'attrattiva del Manchester United e del Liverpool. A questo si accompagna un aumento del 4% degli spettatori medi, saliti a 35.903 nel 2012-2013. Anche l'appeal televisivo della Premier League, e un sistema centralizzato e bilanciato di redistribuzione delle risorse, tiene alto il competitive balance e ha consentito, dalla stagione appena conclusa, un aumento significativo rispetto all'anno scorso con l'entrata in vigore del nuovo accordo: tradotto in cifre, i club si ritrovano nelle casse con quasi 25 milioni di sterline in più dalle tv rispetto al 2012-2013. Si spiega anche così come mai 13 club hanno chiuso la stagione con un utile operativo.

La Liga – Nonostante i ricavi della Liga siano saliti a 1.859 miliardi, il divario con la Bundesliga si è allargato. Oggi Real Madrid e Barcellona si dividono praticamente la metà dei proventi dei diritti tv della Liga, che le squadre negoziano direttamente con le emittenti. In futuro, però le cose potrebbero cambiare se dovesse passare l'emendamento che vuole ridurre a 4:1 il massimo divario possibile tra la squadra che ricava di più e quella che guadagna meno.

Ligue 1 – Fragile e fortemente diseguale, infine, l'economia della Ligue 1, iniziata con il 2-2 del PSG a Reims con Ibra che segna due gol e sbaglia un rigore. L'anno scorso il massimo campionato francese ha registrato perdite per il quarto anno consecutivo, anche se il “rosso” è passato dai 60,7 milioni del 2012 ai 17,6 milioni. Nella stagione 2012-2013 tre squadre -PSG, Lione e Marsiglia- hanno messo insieme il 47% dei ricavi e delle perdite, percentuale destinata a salire quando saranno pubblicati i dati dell'anno scorso con gli effetti della presenza del Monaco. Sulla scarsa redditività di un campionato che importa giocatori più che esportarne pesa l'imposta al 75% per la parte di stipendio che supera il milione di euro e un accordo al ribasso per i diritti tv con beIn Sports che dal 2014-2015 verserà solo 40 milioni invece di 80.

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