Allegri ha torto, anche chi non vince passa alla storia del calcio
Lunedì sera dopo il vittorioso match con il Genoa Massimiliano Allegri, forse stizzito per l’ennesima domanda sul gioco della Juventus, in diretta tv ha detto: “Conta segnare e vincere, nell’albo d’oro si scrive il nome di chi è arrivato primo e basta. Sono contento quando si dice che giochiamo male”.
Niente di nuovo sotto il sole considerato che spesso negli ultimi mesi parlando del bel gioco, che propongono altre squadre che occupano posizioni d’alta classifica, l’allenatore livornese aveva dichiarato: “Chi vuole divertirsi vada al circo”. I concetti del tecnico sembrano una versione moderna del motto bonipertiano: “Vincere non è importante, ma è l’unica cosa che conta”.
L’Olanda di Cruyff
Allegri si è così iscritto al partito di quelli che sostengono che conta sono vincere e che sostengono che il secondo è il primo dei perdenti. Senza voler sfociare in discorsi sociologici, ciò che dice il tecnico juventino, che ha vinto quattro scudetti negli ultimi sette anni, è comunque sbagliato. Perché se è vero che tutti giocano per vincere è altrettanto vero che ci si ricorda molto bene, e anche con tanto affetto, di squadre che hanno regalato bel gioco e hanno ottenuto anche grandi risultati senza però riuscire a conquistare alcun tipo di trofeo. A questo filone appartiene la grande Olanda di Cruyff. La meravigliosa ‘Arancia Meccanica’ giocò un calcio divino al Mondiale del 1974, che però fu vinto dalla Germania. Ma lo spettacolo regalato da quell’Olanda resta immortale.
L’Ungheria di Puskas
Anche l’URSS del colonnello Lobanovskyi giocò un calcio meraviglioso, ma finì il suo ciclo senza successi. A Messico ’86 perse negli ottavi 4-3 con il Belgio (in uno dei match più belli della storia dei Mondiali) e dall’Olanda fu sconfitta nella finale di Euro ’88. Rimanendo nell’Europa dell’Est non si può non citare la grande Ungheria di Puskas, uno dei più grandi della storia del calcio, e del grande Hideguti, che reinventò un ruolo, che rimase con un pugno di mosche in mano.
Perugia, Lanerossi Vicenza e il Foggia di Zeman
Il calcio italiano, in epoche più o meno lontane, ha regalato belle storie con squadre che pur rimanendo a ‘zero tituli’ (bisognava citare Mourinho, teorico dei successi e non del bel gioco) sono passate alla storia: come il Perugia di Castagner, secondo nel 1979 e prima squadra a chiudere il campionato senza sconfitte. L’anno prima il secondo posto lo conquistò il Lanerossi Vicenza, che aveva in attacco un giovane goleador che diventerà campione del mondo: Paolo Rossi. Grandi vette non le ha mai toccate, ma si può aggiungere all’elenco delle squadre che si sono prese un pezzettino nella storia del calcio il Foggia di Zeman, che sbalordì con un calcio rapido e d’attacco.
L’indimenticabile Coppa Uefa di Torino e Genoa
La stagione 1991-1992 regalò a due grandi storiche del nostro calcio momenti di gloria. Il Torino e il Genoa disputarono quell’anno una Coppa Uefa strepitosa. I rossoblu con Bagnoli in panchina vinsero in casa del Liverpool e ottennero il primo successo italiano nel mitico Anfield. Il Genoa si fermò in semifinale, fu eliminato dall’Ajax che in finale in una rovente, giocata sulla doppia sfida, ebbe la meglio (con due pareggi) sul Toro di Mondonico, che nel turno precedente aveva buttato fuori il Real Madrid. L’elenco si potrebbe allungare in modo agevole, ma sembrerebbe stucchevole, anche se una citazione alla ‘Crazy Gang’ del Wimbledon che vinse la FA Cup va fatta. Quello che è certo è che nella storia del calcio c’è, a pieno titolo, posto anche per chi ha realizzato grandi imprese a cui non hanno fatto seguito trofei.