Alejandro Sabella il condottiero dell’Argentina ai Mondiali 2014

Domenica sera uno tra Joachim Loew e Alejandro Sabella diventerà immortale. Perché chi vince un Mondiale passa alla storia del calcio ed ha gloria eterna. Il percorso dei due allenatori è stato sicuramente molto diverso, ma in qualcosa Loew e Sabella sono accomunati. Perché entrambi hanno fatto la gavetta ed entrambi hanno fatto i viceallenatori in un’epoca abbastanza recente. Loew, dopo i trionfi allo Stoccarda e qualche annata difficile tra la Turchia e l’Austria, si è rilanciato facendo da vice a Jurgen Klinsmann per due anni, poi l’ex interista sloggiò e lasciò la panchina a Loew che è stato capace di creare una Germania molto bella da vedere e naturalmente molto forte. Sabella invece il vice di Daniel Passarella lo ha fatto addirittura per diciannove anni!
La carriera di Sabella, che a novembre compirà sessant’anni, è davvero particolarissima. Dopo aver corso tantissimo nei campi argentini, e inglesi (ha giocato pure con il Leeds negli anni ’80), nel 1990 diventa il vice di Passarella che segue ovunque. L’ex libero di Inter e Fiorentina nel ’98 allena la Selecciòn, che in Francia cede all’Olanda nei quarti di finale. Nel 2001 Sabella è a Parma dove Passarella staziona per un mese, poi vagano anche in Uruguay e Messico. Nel 2009 finalmente Sabella diventa capo allenatore dell’Estudiantes con cui vince la Copa Libertadores al primo colpo, e per poco non batte pure Guardiola nella finale del Mondiale per Club. Dopo aver vinto anche il titolo argentino decide di lasciare l’Estudiantes ed inizia a trattare con i dirigenti di un club degli Emirati; il suo futuro sembra scritto, ma arriva la chiamata della Federazione a cui non si può dire di no.
Il cammino dell’Argentina con Sabella è stato spettacolare. Qualificazione tranquilla, Messi leader incontrato e goleador principe e soprattutto ventisette vittorie in quaranta partite disputate. E oggi con gran vanto si può aggiungere la finale dei Mondiali, che mancava all’albiceleste da ventiquattro anni. Il C.T. dalle chiare origini italiane, che non si ispira a Mourinho o Ferguson ma a Gandhi e Kennedy, gioca in un modo molto semplice. I suoi calciatori, a parte Messi, non devono badare a fronzoli e devono dare il massimo. Il superstizioso Sabella, che quando vince non cambia mai gli stessi panni, in patria non ha sempre avuto vita facile in questi mesi. Perché decidere di non convocare Carlitos Tevez, vice capocannoniere della Serie A e autore di un campionato splendido con la Juventus, non era facile. I tifosi volevano lo juventino, ma lui ha tirato dritto e ha confermato in blocco i cinque attaccanti che lo hanno portato al Mondiale. Domenica sera Sabella giocherà la finale contro la Germania di Loew e proverà ad emulare Menotti e Bilardo.