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Adebayor shock: “Quando avevo 16 anni ho pensato al suicidio”

L’attaccante di origini togolesi ha raccontato in esclusiva una sua tragedia personale, quando era giovanissimo e – acquistato dal Metz – aveva iniziato a guadagnare i primi soldi nel mondo del calcio: “Arrivavo da una famiglia poverissima, mi sentivo in debito con tutti. Mi ha salvato il mio migliore amico”
A cura di Alessio Pediglieri
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Non sempre sono rose e fiori le vite dei giocatori di calcio. Famosi, ricchi, belli, richiesti, adorati. Ma anche sovraccarichi di pressioni esterne, aspettative e obblighi morali. Il tutto si accentua soprattutto in età giovane, quando i talenti del calcio si stanno formando e su di loro ricadono i sogni di molti: amici, tifosi, familiari. Fino a rischiare di schiacciarli. Come è accaduto ad uno dei più interessanti profili del calcio moderno, Emmanuel Adebayor oggi in Turchia, all'İstanbul Başakşehir, ma con un passato ricco di top club.

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L'attaccante di origini togolesi, ha recentemente confessato in una intervista esclusiva al ‘Daily Mail' di aver sofferto di depressione quando era giovanissimo e già tutti parlavano di lui nel mondo del calcio. Aveva 16 anni, tante le aspettative sulla sua carriera ma altrettante pressioni che lo hanno portato ad un passo dal suicidio: "Tutto quello che volevo era aiutare la mia famiglia. Ma avevo tanta di quella pressione addosso che non riuscivo a reggerla perché ero ancora troppo giovane."

L'arrivo al Metz, i soldi, la famiglia

Emmanuel Adebayor era appena arrivato in Europa, acquistato dal club francese del Metz, il primo a credere nelle sue qualità e che è stato poi  il trampolino di lancio della sua carriera ancora in piena attività "Arrivo da una famiglia molto povera dove tutti erano uniti. La mancanza di quasi tutto ci rendeva uniti, solidali, ma quando ho iniziato a guadagnare, qualcosa è cambiato: mi sentivo in debito con tutti. Al Metz guadagnavo circa 3 mila sterline al mese ma la mia famiglia pretendeva che pagassi una casa che ne valeva 500 mila. Non rendevo bene in allenamento, la società era stufa di me a causa del mio comportamento".

Il pensiero del suicidio, i farmaci, l'amico

Pensieri, ansie, pressioni fino alla drastica decisione: "Ad un certo punto mi sono trovato a pensare per quale motivo dovessi ancora continuare a vivere. Andai nella farmacia sotto il mio appartamento, comprai numerose scatole di medicinali: avevo preparato tutto, ero pronto. Mi ha salvato l'aver chiamato il mio migliore amico. E' stato lui a calmarmi, a dirmi che c'era tanto per cui vivere e che avrei potuto aiutare il mio Paese, l'Africa, giocando a calcio. E' lì che capii che Dio aveva altri piani per me".

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