1977, la prima storica promozione del Pescara
Parte oggi, con l’anticipo Cesena-Brescia, la nuova stagione di serie B, il campionato dei sogni e delle speranze, delle grandi favole come Carpi e Frosinone. “Il campionato degli italiani” come recita il payoff. Un campionato che nel 1977 ha fatto emergere Pescara e l’Abruzzo dalle sabbie mobili del calcio minore.
Il miracolo Cadè – Il presidente Armando Caldora, self made man del campo delle costruzioni, trova l’accordo con Giobanni Trapattoni mentre il Pescara è impegnato a Bergamo contro l’Atalanta di Giancarlo Cadè. Ma la telefonata di Giampiero Boniperti fa saltare tutto e dirotta pochi giorni dopo il Trap a Torino. Il Pescara aprirà la sua stagione migliore proprio con Cadè, l’allenatore della Fatal Verona e del Mantova che batteva la Grande Inter di Herrera nel 1967 con l’autorete di Sarti e il gol di Di Giacomo. Trova un gruppo solido, e lo esalta con un calcio spettacolare, nonostante l’assenza di un bomber vero, e intuizioni felici.
La squadra – Mette al centro della struttura Angelo Orazi, ex attaccante scuola Roma che sembra aver perso ambizioni, e ne fa il giocatore box-to-box che protegge la difesa e aiuta l’attacco, in coppia con Giorgio Repetto. In mezzo, è incontenibile in progressione Vincenzo Zucchini, morto dopo una lunga malattia nel novembre 2013: per onorarlo, il Pescara ha ritirato la maglia col numero 4. Con lui, in un centrocampo che ha fatto sognare, Bruno Nobili, cui Cadè restituisce subito il 10 dopo averlo sacrificato in qualche partita per un centrocampista di quantità in più. «Ci siamo conosciuti ad Avellino», ha racconta Nobili in un’intervista al quotidiano il Centro, «da allora sono passati più di quarant'anni nel corso dei quali non ci siamo mai persi di vista. In camera insieme quando si andava in ritiro o in trasferta, in campo un'intesa quasi spontanea che migliorava man mano che si giocava insieme, nel tempo libero un rapporto che ha reso sempre più solida la nostra amicizia. Prima di conoscerlo lo avevo affrontato una volta da avversario quando lui giocava nel Savona. Centravanti mediocre che una felice intuizione di Giacomino Losi, proprio ad Avellino, trasformò in un grandissimo mediano. Probabilmente, se avesse scoperto prima quel ruolo avrebbe fatto una carriera ancor più bella e ricca di soddisfazioni. Quando fu ceduto alla Lazio aveva già 31 anni, le sue stagioni migliori le aveva già alle spalle, facendo oltretutto la fortuna del Pescara visto che era stato protagonista importante di tre promozioni». E sarà proprio Nobili ad ereditarne la fascia di capitano, nel 1982.
L’inizio di una favola – Sono proprio loro a firmare la vittoria della svolta. “Non eravamo partiti benissimo in quel campionato. Dopo la sconfitta di Avellino per 3-0 alla quinta giornata, facemmo quadrato negli spogliatoi per pensare esclusivamente alla salvezza” ha ricordato Cadè. E invece, contro l’Ascoli, cambia tutto. Ci vogliono 274 minuti di campionato per vedere il primo gol biancazzurro. Lo segna capitan Zucchini, al 4’ del primo tempo, contro l’Ascoli. Dopo il pareggio di Zandoli, Nobili realizza il rigore del 2-1. è un successo segnato da una delle illuminazioni di Cadè. Salvatore Di Somma, il libero titolare, è in ospedale per operarsi di appendicite. Al suo posto viene promosso Roberto Galbiati, mediano arrivato dalla Primavera dell'Inter. La squadra diventa nelle settimane e nei mesi successivi una macchina, con i gol di Prunecchi, che si commuove dopo la rete al Lecce, la sua prima in due anni, e la generosità di La Rosa, la fisicità di Di Michele, acerbo ma promettente pescarese cresciuto nel Giulianova, la spinta di Mosti e Santucci, e le parate di Piloni.
Le vittorie chiave – Le difficoltà iniziali sono più che comprensibili. Gli avversari hanno nomi di prestigio, destinati a vario titolo la storia del nostro calcio. A Monza, brilla la stella di Ariedo Braida, poi baffuto e fondamentale team manager del Milan. A Vicenza e Brescia, guidano l’attacco Paolo Rossi e Spillo Altobelli. A Cagliari, c’è un certo Pietro Paolo Virdis. Riuscire a salire in serie A con questa concorrenza, richiede partite da favola, come la rimonta di Novara, da 0-2 e 1-3 fino al 3-3 con doppietta di Orazi. “Vincemmo poi anche a Taranto e a Lecce, che avevano il campo inviolato da moltissimo tempo” ricordava ancora Cadè, ed espugnammo il campo della capolista Vicenza grazie al gol di Repetto», su assist di Masoni. All’ultima di campionato, a Ferrara, contro la Spal di Suarez, arriva un 4-2 decisivo che porta il Pescara agli spareggi. Perché possono salire in tre, ma dietro il Vicenza, primo e direttamente promosso in A, gli abruzzesi arrivano a pari punti con il Cagliari e l’Atalanta.
Gli spareggi – A Terni, il Pescara inaugura la serie proprio contro i sardi. È una partita splendida, ad alto ritmo, con i biancazzurri che meriterebbero anche di vincere e protestano per due rigori negati dall’arbitro Menicucci, che espelle un giocatore per parte (Casagrande e Motta) ma prima sorvola sul fallo di Roffi su Zucchini, poi decide di non fischiare il penalty quando Bellini, in ritardo, stende Orazi. Se la partita finisce 0-0, scrive Paolo Caprio, inviato dell’Unità, è perché “il Pescara ha attaccato senza soste ma il suo gran da fare ha prodotto solo calci d’angolo, e nulla più. Il motivo si può ritrovare nella scarsa incisività delle sue punte spesso funamboliche e mai decise nel tiro in porta”. Poi, l’Atalanta batte 2-1 i rossoblù e conquista la promozione. A Bologna, contro i bergamaschi, al Pescara basta un pareggio. “Ci seguì tantissima gente già a Terni”, ricordava qualche tempo fa Repetto, «ma a Bologna lo spettacolo fu incredibile. Dopo una bellissima partita con i sardi, dove avremmo meritato di vincere, disputammo una partita attenta e controllata e portammo a casa l’obiettivo”. E’ lo 0-0 più dolce nella storia del Pescara, che proprio al Dall’Ara coglierà l’anno successivo la prima vittoria in serie A. “Ricordo ancora al rientro a Pescara la gente che ci aspettava e poi la parata a macchine scoperte in un fiume di persone. Fu festa per una settimana, ad ogni semaforo al quale mi fermavo era sempre un tripudio di clacson”. Come dire: nel calcio dei grandi, ci siamo anche noi.