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Un sogno chiamato Zeman in un calcio che non regala più sogni e campioni

Con la vittoria del Cagliari a Milano l’Italia ha (ri)scoperto Zeman. Lo chiamano perdente perché in bacheca non ha coppe e scudetti. E chi sono i vincenti in questo calcio privo di talenti ma preda di presidenti guitti, tifosi imbecilli e mezze cartucce?
A cura di Maurizio De Santis
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Zeman è un perdente. Zeman non vince. Zeman è solo un sogno, una bella storia senza lieto fine. Ma vi siete guardati intorno? Date un'occhiata a com'è combinato il calcio italiano. Chi ha vinto e chi ha perso? Chi è l'illuso? E dov'è il lieto fine? Il Cagliari ha vinto a Milano con l'Inter e l'Italia, giunta alla fine dell'alfabeto, (ri)scopre il boemo. Lui è sempre lo stesso, magari fuma qualche sigaretta in meno, ma tutto il resto intorno è franato, finito in fuorigioco. E non è questione di diagonali sbagliate. Oppure ha la faccia da guitto di Ferrero, il presidente della Samp che spara ‘cazzate' sventolando la pochette e l'anello al dito, convinto che gli altri lo abbiano al naso e che a una donna – la D'Amico – promette al massimo una gita a Ostia Lido quando ha le Cinque Terre a un passo. E allora, chi è il perdente? E chi è il vincente, Lotito della Lazio che usa l'handicap dello strabismo per polemizzare con l'ad della Juventus, Marotta? Chi è il vincente in questo campionato già finito alla quinta giornata? Chi è il vincente se Cerci, Immobile, Verratti, Sirigu, Donati, Caldirola, Pellé sono volati all'estero e noi ci aggrappiamo ai pensionati d'Europa? Chi è il vincente se in classifica marcatori il meglio che riusciamo a esprimere ha quasi 40 anni (Di Natale) oppure è una ‘testa gloriosa' come Cassano? Chi è il vincente se dopo la generazione di Totti e Del Piero il miglior prodotto del nostro calcio è stato Balotelli? "Per me Totti è il calcio. Peccato che non abbia più 20 anni perché per rivedere in campo uno del suo livello bisognerà aspettare tanto tempo – dice Zeman a Tiki Taka -. Ho avuto la possibilità di lavorare con lui e mi ha fatto una grande impressione sia come ragazzo sia come giocatore". E come fai a dargli torto.

Zdenek, il pescatore d'emozioni, è tornato. Per fortuna. In questo calcio grigio e di stadi svuotati (oppure pieni d'imbecilli) s'è ripreso la scena alla sua maniera: implacabile e meticoloso in allenamento, impassibile in campo, composto anche quando vorrebbe urlare in faccia al mondo tutta la sua rabbia. No, non è nel suo stile. Lui preferisce sussurrare, lasciarla scorrere un po' alla volta, accompagnarla con un'ironia tagliente. "Alla Juve, al massimo, darei ventidue-ventitre scudetti". Parole come pietre. Lui, che non ha mai avuto paura (e poi s'è scoperto che aveva ragione) di denunciare l'abuso di farmaci nel calcio, s'è tolto lo sfizio di rammentare alla "vecchia signora" che il passato conta. E come. Si paga e si supera. Non si patteggia e nemmeno si cancella. Anzi, lo rivendica quando confessa proprio l'amore per la Juventus trasmessogli dallo zio Čestmír Vycpálek – ex calciatore ed ex allenatore dei bianconeri – e il biasimo per certi dirigenti che l'hanno rappresentata nella storia recente.

Il passato si sconta. Zeman lo sa bene, sulla pellaccia da gringo sono scivolate tante cose, compreso l'esonero di Roma, una ferita che ancora sanguina. Cagliari dopo Pescara e Foggia qualche anno fa, è l'ennesima scommessa della sua carriera: far crescere giovani talenti, offrire loro un'opportunità attraverso il sacrificio e il duro lavoro. E’ sempre stata una sua peculiarità, una risorsa in un Paese, l'Italia, che ha scaraventato addosso ai suoi figli un fardello pesantissimo. Come tutti ha pregi, difetti e umane debolezze che tradiscono la sua aria da duro. Pur non avendo in bacheca coppe e scudetti, è capace sempre di occupare la scena. A volte gli riesce bene, altre meno. Anche questo fa parte del gioco. Zeman è solo un sogno, e allora? Guardatevi intorno… scorgete altro o altri capaci ancora di regalare un sogno?

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