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Stadi di proprietà: dietro la Juventus, il vuoto. La legge attuale blocca tutti i progetti

La Juve il prossimo 8 settembre aprirà ufficialmente la nuova era degli stadi di proprietà anche in Italia. Dal Siena all’Inter, dalla Roma alla Sampdoria, dal Cagliari al Palermo, ogni società ha un proprio progetto. Chiuso in un cassetto.
A cura di Alessio Pediglieri
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Oramai é fatta e – grazie anche allo sciopero dei calciatori – la stagione calcistica 2011-2012 sancirà una sorta di "anno zero" nell'imprenditoria e nello sviluppo del management delle società sportive. Merito della Juventus e del suo progetto che ha permesso, malgrado i cavilli e gli impedimenti burocratici tutti italiani, di avere uno stadio di proprietà con cui affrontare la difficoltosa gestione economica del club, permettendo alla dirigenza di poter amministrare secondo solide basi imprenditoriali le casse bianconere evitando storici e cronici rossi in bilancio. Infatti, il "progetto stadio" della Vecchia Signora – oggi primo e unico in Italia – aprirà ufficialmente la stagione di un cambio radicale di gestione di un club professionistico, con un impianto che permetterà entrate economiche costanti e ‘automatiche‘, direttamente proporzionali alle capacità aziendali della dirigenza, senza dover dipendere da diritti televisivi, cessione di diritti d'immagine, merchandising spesso gestito da terzi. Appuntamento l'8 settembre per il debutto ufficiale bianconero.

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IL PRIMO GRANDE INVESTIMENTO DEL CALCIO ITALIANO – É un evento eccezionale che non puó, nè deve essere lasciato solo. Certo, alla Juventus poco importa se il suo modello verrà seguito o meno da altre società calcistiche, ma al sistema calcio ció importa eccome. E sono i numeri e le strategie messe in atto dal club torinese a parlare da sole: la Juventus Arena, costa oltre 100 milioni di euro, non peserà quasi per nulla sui bilanci bianconeri alla voce ‘perdita‘, visto che il progetto imprenditoriale prevede la cessione del ‘naming‘ dell'impianto ad uno sponsor – accordo già trovato con un contratto con la società Sportfive che per i prossimi 12 anni e per un totale d'incasso di 75 milioni si occuperà di trovare uno sponsor cui ‘intitolare' lo stadio senza entrare in conflitto con gli attuali mani sponsor Nike e, ovviamente, Fiat.

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UNO STADIO A 360 GRADI, A COSTO ZERO – Oltretutto, l'iniziativa "accendi una stella" permetterà ogni 10 anni ad avere incassi costanti, visto che i tifosi posso o acquistare per quella durata una delle 50 stelle a disposizione nello stadio, oggi per un prezzo di 250 (stella silver) o di 350 euro (stella gold) ma che è destinato inevitabilmente ad aumentare di volta in volta. Infine, altri introiti diretti arriveranno dall'area commerciale a disposizione all'interno dello stadio, di 34.000 metri quadri. Una superficie utile facente parte dell'impianto, dove verrà completato un centro commerciale (denominato "Area 12", in onore del tifoso, dodicesimo uomo in campo, con una superficie di vendita pari a 19.500 metri quadrati, suddiviso in tre corpi). Sarà costituito da un ipermercato accompagnato da una galleria commerciale con 60 negozi. A fianco avrà gli altri due edifici, uno dei quali sarà dedicato ad una catena di fai-da-te, mentre l'altro ospiterà un'area ristorazione ed una catena hi-fi. Sono previsti 2.000 posti auto, di cui 800 interrati. E non è da tenere in secondo conto anche il battage pubblicitario che ha promosso il nuovo stadio in tutta Italia chiamando a sè i milioni di tifosi bianconeri sparsi per la Penisola.

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LA NUOVA VIA PER SCAPPARE DALLA CRISI – Nel recente passato calcistico europeo e internazionale, l'Italia è spesso stata padrona incontrastata del sistema: i top player volevano venire solo da noi. Oggi peró dobbiamo fare i conti con una realtà ben diversa, più pesante e fortemente ridimensionata. Il fair play finanziario sarà una risorsa importante ma non risolverà tutti i nostri problemi di competitività, perché il fatturato di certe squadre europee resterà sempre il doppio rispetto al nostro. E le distanze saranno identiche alle attuali con un conseguente e costante crollo del nostro sistema-calcio. È oggi che bisogna far crescere il fatturato con stadi di proprietà e diritti tv più cari, diversificando l'indotto, prevenendo perdite e ‘gestendo‘ i ricavi.

LE SIRENE INCANTATRICI DELL'ESTERO – Ció che sta accadendo all'estero è un fenomeno estemporaneo seppur allettante: nuovi mecenati straricchi che investono senza freni in club per portarli al top del calcio che conta. Nuovi ricchi russi e arabi che non badano a spese, scippando giocatori con ingaggi impensabili: questi sono i nuovi Manchester City, PSG, Anzhi e Malaga. Ma è un fuoco di paglia, ricalcando ciò che accadeva anche da noi tra gli anni 70 e 80 quando nel calcio imperversavano proprietari "ricchi e scemi" che gestivano le società senza alcuna logica imprenditoriale aziendale. Certo, grazie a questi ‘mecenati' Esteri i fatturati dei vari campionati è aumentato con una conseguente nuova geopolitica: nel 2009-2010 la Premier ha avuto 2.700 milioni di fatturato, la Bundesliga ci ha superato appena con 1.550, noi siamo a 1.500. E’ questo che fa appeal, il potere di acquisto, ma quanto durerà?

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ITALIA, TERRA DI BUROCRAZIA AD OLTRANZA – Il cammino ‘virtuoso‘ della Juventus, in questo senso, dovrà avere un seguito ma in Italia, l'attuale legge in vigore impedisce ai club calcistici di poter usufruire di impianti a propria gestione o di costruirne ad hoc in tempi brevi e con spese contenute. L'ultimo grande evento calcistico che ha popolato il nostro Paese e che ha permesso un Eldorado‘ delle risorse sportive italiane risale oramai al 1990 con i Mondiali delle ‘notti magiche'. Molti degli attuali impianti ancora in vigore, risalgono a quella data, lontana oramai più di 20 anni. In vista non ci sono nè Europei, nè Mondiali e quindi la rifondazione deve partire utilizzando le proprie risorse interne economiche e politiche. Purtroppo, tornando al progetto ‘Juventus Arena‘ (o Juventus Stadium) se si verificano i tempi che sono stati impiegati dalla genesi del progetto alla realizzazione finale di questi giorni, si comprende come anche il più ardito imprenditore debba alzare le mani: Il progetto risae al marzo 2008, l'inizio dei lavori di costruzione solo al giugno 2009.
In mezzo, tanta burocrazia, appalti, concessioni e carte bollate; solamente la costanza di lascia un cantiere aperto notte-giorno ha poi permesso di finire il tutto nell'estate 2011. In totale, peró ci sono voluti più di tre anni, quando in altri Paesi – ad esempio nella vicina Austria – dalla progettazione all'inizio dei lavori non passano più di tre mesi. E quello della Juventus puó essere considerato una ‘Mosca bianca', un'eccezione che conferma come in Italia la burocrazia sia la madre di molti problemi.

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LA BATTAGLIA DEL CAGLIARI DI CELLINO – Ci sono anche altre realtá che stanno affrontando da anni il discorso ‘stadio di proprietà‘ senza trovare sbocchi utili. Sia Milan che Inter sono da tempo ai ferri corti con il Comune di Milano, mentre i rispettivi progetti giacciono in qualche cassetto senza avere le necessarie autorizzazioni e i nulla-osta utili per allontanarsi da San Siro e ‘vivere‘ ognuno il proprio impianto. Le cronache recenti evidenziano anche seri problemi a Cagliari, dove Cellino è in guerra con la legge per ottenere l'ok al progetto di uno stadio di proprietà di 20 mila posti non distante dalla zona aeroportuale del capoluogo sardo. "Qui uno stadio non si farà mai“. “Come Enac abbiamo fatto la valutazione del rischio sul progetto e non si ravvisano le condizioni per costruire”. “Il nostro parere è obbligatorio e vincolante e in caso di rilascio di autorizzazioni ci troveremo davanti all’obbligatorietà di una denuncia alla magistratura”. “Se ci fosse un grosso concentramento di persone un incidente diverrebbe una strage e io stragi non ne permetterò’”. “L’Enac ha il compito di vigilare, così come i comuni”, sono queste infatti alcune delle dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi da Riggio, presidente dell’ENAC, a Cagliari per l’inaugurazione del nuovo terminale aeroportuale.
"Non accettiamo alcun tipo di diktat, troppo spesso in nome del progresso, degli altri, il territorio ha patito soprusi che mai, a distanza di anni si è potuto verificarlo, hanno portato dei veri vantaggi per l’Isola. Da Sardi imprenditori questa volta non intendiamo farci intimidire", la risposta piccata di Cellino che non demorde.

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ZAMPARINI E LA GUERRA INFINITA PER LO ZEN – Stesso scenario a Palermo, società del fumantino presidente Zamparini che – tra una minaccia di cessione e l'altra – sta studiando ad uno stadio tutto di proprietà rosanero. "Il Palermo avrà molto presto il suo nuovo stadio. Sarà un impianto da 35mila posti, sarà moderno ed efficiente, con sale di ritrovo e cinema e il nome frutterà 5 milioni di sponsorizzazione. Sorgerà al posto del Velodromo Borsellino, nel quartiere Zen, costruito nel 1991 e presto diventato una cattedrale nel deserto". L'annuncio c'è stato, lo stadio ancora no e il progetto risale al lontano marzo 2006 quando lo stesso Zamparini si arrischió a dire “I lavori per il nuovo stadio inizieranno il prossimo anno”. Dopo oltre cinque anni, ancora nulla. Manca la parte burocratica e organizzativa, con le nuove leggi ci sono tanti controlli. Sarà un impianto usufruibile sette giorni su sette, sarà ultramoderno e avrà al suo interno ristoranti, bar, cinema, palestre, sale di ritrovo e centri di benessere. Tutto deciso anche per il nome. Sarà quello di un marchio importante, che possa garantisca almeno quei “cinque milioni l’anno di sponsorizzazione che vale lo stadio”. Ma un po' in tutta Italia, le società hanno abbozzato vari progetti di impianti sui modelli stranieri.

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TUTTA L'ITALIA DEL CALCIO COL PROGETTO NEL CASSETTO – Il Siena invece si sposta a Isola d’Arbia, zona sud della città, per uno stadio tra le famose colline con una curva sola e 40mila posti a sedere al coperto; accanto il palazzetto della Montepaschi oltre a altri servizi consultabili sette giorni su sette.  C’è la famiglia Garrone che intenterà costruire a due passi dall’aeroporto di Genova, a Sestri Ponente, con l’aiuto di una holding olandese (270 i milioni di euro da investire) per tirar fuori una arena da 30mila posti su tre piani; progetto svanito davanti ad un nuovo parcheggio dalla dubbia utilità e dal raffreddamento della stessa famiglia nei progetti a lungo termine dopo la recente retrocessione. non si lasciano sfuggire l’occasione anche i Pozzo, determinati a ristrutturare il Friuli con tanto legno, soprattutto dopo le cessioni faraoniche di Sanchez e Inler. Anche le milanesi non stanno a guardare. L’Inter intenderebbe traslocare o a Rozzano o nei pressi del futuro Expo 2015, il Milan è sospeso tra un trasloco a Rogoredo e una ristrutturazione strutturale di San Siro.

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ANCHE IN CAPITALE, ROMA E LAZIO VERSO I PROPRI STADI – Per quanto riguarda la capitale, la Roma stava facendo con la famiglia Sensi, sondaggi per costruire il suo nuovo impianto nei pressi di Torrevecchia, un progetto che è rimasto in stand-by ma che dovrebbe riprendere vita con Tom DiBenedetto, neo proprietario italo-americano dei giallorossi. "Siamo in trattativa con le autorità competenti. Speriamo che a breve si possa trovare una soluzione per dare alla Roma il proprio stadio" ha detto il patron della Magica. "Stiamo verificando dove e come costruirlo e crediamo che quest’opera sia possibile da realizzare. Potrebbe portarci grandi vantaggi economici". Mentre la Roma è al guado, la Lazio di  Claudio Lotito parrebbe in una fase più avanzata col suo stadio delle Aquile, nelle campagne della Tiberina: la volontà e il progetto c’erano da tempo ma l’amministrazione Veltroni aveva sempre bocciato l’iniziativa. Renzo Piano ha lavorato al nuovo San Nicola, Brescia e Bergamo pensano di traslocare fuori città, persino a Viareggio c’è un progetto.

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LA POLITICA: PAROLE, PAROLE MA LA LEGGE DOV'E'? –Speriamo che entro l’estate il Parlamento approvi la legge sugli stadi di proprietà, c’è l’accordo di tutti ed è il tassello mancante nella politica della sicurezza delle manifestazioni sportive“. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, nel corso della riunione dello Standing Committee del Consiglio d’Europa sul contrasto alla violenza nelle manifestazioni sportive lo scorso giugno. “Ora quasi tutti gli stadi – ha ricordato Maroni – sono di proprietà pubblica e noi vogliamo invece che gli stadi possano essere di proprietà dei club. In questo modo gli impianti sono più vissuti, più controllati e quindi più sicuri. Si tratta quindi – ha aggiunto – di una legge utile sia per i bilanci delle società sportive che per la sicurezza e l’ordine pubblico“.
Queste le parole, ma i fatti? Ad oggi non si hanno ancora notizie, mentre i progetti giacciono nei cassetti e i tifosi sono costretti per un'altra stagione almeno ad andare in impianti sempre più fatiscenti.

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