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Siqueira: “La morte del papà ha distrutto la vita di Adriano”

Guilherme Siqueira dalla scorsa estate è un calciatore dell’Atletico Madrid, ma da giovanissimo ha vestito anche la maglia dell’Inter. In quel periodo divenne grande amico di Adriano: “Per me era un fratello, potevo contare sempre su di lui. Dopo la morte del padre non si è più ripreso.”
A cura di Alessio Morra
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L’Imperatore Adriano giovanissimo bruciò le tappe e sembrava avviato verso una carriera folgorante. Un gol fantastico in un’amichevole al ‘Bernabeu’ fece innamorare Massimo Moratti. I gol segnati con le maglie di Venezia e Parma convinsero Mancini, che decise di fondare la sua (prima) Inter su di lui. Il Brasile era pronto a dargli lo scettro. Ma dopo l’incredibile vittoria ottenuta in Coppa America nel 2004 la vita di Adriano cambiò. Perché l’Imperatore’ perse improvvisamente il papà. Quell’evento ha stravolto la vita e la carriera di Adriano, secondo Guilherme Siqueira, difensore dell’Atletico Madrid, che da giovanissimo fu preso dall’Inter e che con Adriano ebbe un rapporto eccezionale: “L’Inter con me si comportò bene. All’epoca era allenata da Mancini e vedevo allenarsi gente come Veron, Adriano e Recoba, che mi ‘usava’ come uomo da mettere in barriera mentre si allenava sulle punizioni. Non avevo mai paura: sapevo sempre che le sue traiettorie non mi avrebbero mai colpito. Adriano è stata una delle migliori persone che abbia mai conosciuto nel mondo del calcio si avvicinò a me quando mi conobbe, dicendomi che potevo contare su di lui per qualsiasi cosa. Vissi a casa sua per due mesi. La morte di suo padre lo distrusse, non riuscì mai a superarla e iniziò a comportarsi non da professionista.”

Gli inizi – Nell’intervista concessa a ‘El Pais’ l’esterno del ‘Cholo’ ha parlato anche della prima durissima parte della sua carriera, che si è sviluppata in Italia: “All’inizio fu dura, facevo avanti e indietro ogni tre mesi. Non avevo il passaporto italiano e l’Inter mi aveva dato comunque l’ok, ma solo per quando avrei avuto ogni documento in regola. Ero un po’ scoraggiato ma alla fine il passaporto arrivò e il club mi mise sotto contratto. Risiedevo in un posto che sembrava un convento: avevo una camera con un letto e senza televisione. Nel week-end rimanevo solo perché la maggior parte dei ragazzi erano italiani e uscivano con le loro famiglie, non avevo il telefono e per attraversare un parco enorme per trovare una cabina dalla quale poter chiamare a casa.”

Il grande calcio – Siqueira ha avuto una carriera molto particolare, perché da ‘grande’ è arrivato nel calcio che conta. Il brasiliano dopo aver fallito in Italia, si è trasferito al Granada, all’epoca club di Seconda Divisione, e da lì ha spiccato il volo verso il Benfica e l’Atletico Madrid: “Il calcio italiano è molto tattico e quando arrivò l’offerta del Granda non ci pensai un attimo nonostante giocasse nella Seconda Divisione del calcio spagnolo. Lì iniziai a giocare terzino. Fui vicino al Real, ma scelsi il Benfica. E non me ne pento perché in Portogallo ho vinto tutto. Sono passato da un allenatore esigente come Jorge Jesus a Simeone, uno che vive molto le partite. Mi sono sentito in debito con l’Atléti per quanto abbia speso per acquistarmi.”

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