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Sarri, le opportunità e i dubbi: Mertens è solo una riserva di lusso?

Mertens ha giocato solo due partite dall’inizio quest’anno. Senza Milik, Sarri deve cambiare l’attacco. Oggi Gabbiadini ha deluso, ma il belga non è un centravanti classico. Vorrebbe giocare di più ma, dice, non c’è alcuna rivalità con Insigne.
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Una strada vecchia da abbandonare per necessità. Una strada nuova percorsa mai, da cercare nei colori della flessibilità. Il limbo delle scelte porta Sarri alla prima sconfitta interna da quando guida il Napoli e all'esacerbazione di un dubbio: adattarsi o cambiare? Gabbiadini o Mertens? “Non mi piacciono le squadre troppo camaleontiche, è un’impostazione che non saprei neanche dare perchè non mi piace” ha detto. “Non considero Gabbiadini un attaccante esterno, bisognerebbe chiedergli un volume di movimenti che la sua fisicità non mi sembra reggere”. Eppure, nei 56 minuti in cui è rimasto in campo, tocca 10 palloni, non si integra con Insigne e Callejon ma soprattutto non tira mai.

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Cambia il Napoli – “Quando è entrato il belga (proprio al posto dell'attaccante azzurro)” scrive il nostro Alessio Pediglieri, “il Napoli è cambiato, non solamente nella scelta tattica di giocare con ‘finto nueve'. Mertens ha dato personalità, grinta, fame a una squadra che ha ripreso subito a lottare trovando la rete di Koulibaly e restando in partita fino al 90′”. Però la soluzione alla questione centravanti è lontana dall'essere trovata.

Non è un 9 classico – Da un lato è chiara la volontà di recuperare anche da un punto di vista mentale Gabbiadini. Dall'altro è evidente che Mertens, in una configurazione forzatamente senza un chiaro punto di riferimento classico davanti, deve giocare un po' più come in nazionale, più a ridosso dell'area. “Dries è un ottimo giocatore anche se gioca al centro dell’offensiva”, spiegava Sarri alla vigilia della sfida con i giallorossi, “ma non possiamo chiedergli di essere 188 centimetri. Farà bene in questo ruolo anche mantenendo le sue caratteristiche. Può essere molto fastidioso per le difese avversarie”.

Diverso ma uguale – Tuttavia, anche nella differenza di canovaccio interpretativo, il Napoli ha provato a rimanere se stesso, a massimizzare le proprie qualità senza snaturarsi per neutralizzare i punti di forza degli avversari. Una scelta con una sua chiarezza apprezzabile anche quando non è suffragata dai risultati. “Il modo in cui siamo andati sotto ha inciso nell’anima, la squadra è costruita per non buttare via mai la palla e, quindi, sono errori che possono succedere. Per risolvere la partita, abbiamo cercato d’attaccare in modo completamente diverso. Abbiamo preso un infortunio lontano dal mercato, quindi, fino a quando non rientra Arek abbiamo l’obbligo di rendere efficaci alcune soluzioni”.

"Vorrei giocare di più" – Soluzioni che comunque Mertens è in grado di portare, motivo per cui Mourinho l'avrebbe voluto al Chelsea e Mancini l'ha chiesto praticamente in ogni sessione di mercato per almentare la dotazione di esterni offensivi della sua Inter. A Napoli, però, anche l'anno scorso ha chiuso la stagione come il dodicesimo giocatore più utilizzato della rosa, come un panchinaro di lusso. Uno status che comincia a stargli stretto, e non l'ha nascosto nella pausa per le nazionali. "Mi piacerebbe giocare di più", ha detto prima della partita casalinga contro la Bosnia-Erzegovina di Dzeko. "Gioco solo una partita su due, e questo è fastidioso. In Champions League sono stato felice di giocare titolare ma mi piacerebbe avere più continuità, un po' come Vardy lo scorso anno al Leicester, che andando in gol ogni partita ha fatto segnare un record".

Insigne? Nessuna rivalità – Ogni giocatore, è chiaro, vorrebbe giocare sempre. Ma il belga ha subito raddrizzato l'orizzonte della sua stagione. “Ci sono tante partite, è ovvio che ogni tanto si debba riposare. Il mister fa bene a farci ruotare, ne abbiamo bisogno. La verità è che tra me e Insigne non c’è niente a livello di rivali­tà. Spero che entrambi possiamo presto rinnovare il contratto. È la strada mi­gliore per poter puntare davve­ro allo scudetto”.

Evoluzione – Nelle ultime tre stagioni, comunque, si nota chiaramente l'evoluzione tattica del belga, che Benitez impiegava come ala pura nel suo 4-2-3-1, con una vocazione alla finalizzazione quasi da seconda punta (solo 22.4 passaggi di media a partita, ma una stagione da 5 assist, 1.6 passaggi chiave e 2.6 tiri a partita). L'anno scorso frena un po' la sua indole. Tira meno (1.9 conclusioni di media), e a parità di passaggi e di occasioni create, serve più assist: è il risultato di una ricerca ancora più insistita della verticalizzazione, in un Napoli che estremizza la ricerca della porta attraverso l'azione manovrata palla a terra. Con l'arrivo di Milik e una diversa occupazione dello spazio nella ricerca della via del gol. Prima della sfida con la Roma, nelle sette presenze di cui due dal primo minuto, ha mantenuto una media bassissima di passaggi a partita (14.9), segno di un Napoli che costruisce più per vie centrali prima di ribaltare l'azione.

Bello di notte – I 2.1 tiri a partita e gli 1.6 dribbling confermano una ricerca della presenza in area evidenziata ancor di più nelle due sfide di Champions. Contro avversarie che si chiudono meno, Mertens si esalta nel contesto di una squadra “bella di notte”, che dà il meglio in una configurazione europea dove la ricerca della vittoria vale di più della difesa del pareggio: i 3.5 tiri di media a partita nei 155 minuti disputati, a parità di dribbling e passaggi chiave, ma con 10 tocchi in più ogni 90 minuti rispetto a quanto avviene in campionato (con l'82% di accuratezza) ne fanno il miglior simbolo di questo Napoli che guarda all'Europa.

E ora? – Mertens, che si ispira non a caso a Ribery, ha avuto il suo mentore, prodotto dell'Anderlecht che lo gira prima all'Eendracht Aalst poi all'Agovv Apeldoorn dove gioca con Chadli, esploso al PSV Eindhoven con Strootman a coprirgli le spalle, è figlio della rivoluzione voluta dall'allora direttore tecnico federale Sablon. Una rivoluzione che passa per una decisione “in stile Barcellona”, con l'imposizione a tutte le squadre, dagli under 12 in su, di giocare con il 4-3-3. Così il Belgio torna a produrre ali e attaccanti esterni di livello mondiale. Giocatori come Mertens, che entra e fa sognare Napoli. Ma vorrebbe giocare di più e disegnare una nuova strada che guarda all'Europa e ancora più in là.

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