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Pippo Inzaghi resta l’allenatore del Milan (foto)

Una telefonata a fine gara di Berlusconi a Galliani ha risolto ogni dubbio: il tecnico è stato confermato malgrado l’eliminazione in Coppa Italia con la sconfitta a San Siro contro la Lazio. Inzaghi nel dopogara: “Se non mi cacciano io resto qui a vita”.
A cura di Alessio Pediglieri
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Subito dopo la sconfitta in Coppa Italia con la Lazio a San Siro, il Milan ha deciso di non cambiare guida tecnica: Pippo Inzaghi resta in panchina e continua il suo progetto tecnico senza ulteriori cambiamenti. A definire la situazione in maniera ufficiale è stato il presidente Berlusconi in persona che al 90′ con la squadra eliminata dalla competizione ha chiamato direttamente Galliani al telefono confermando Inzaghi. Si chiude così ancor prima che inizi il tormentone, il ‘caso' attorno al tecnico rossonero. Intanto però sale lo scontento del popolo rossonero sia sul web  che – soprattutto – a San Siro con la squadra contestata prima del match e fischiata durante e dopo la partita. Pesanti anche i riferimenti ad Adriano Galliani primo imputato per le scelte di mercato ritenute dai tifosi sbagliate e inutili. Lo stesso amministratore delegato per evitare ulteriori problemi aveva lasciato la tribuna una decina di minuti prima del 90′.

Così, si continua con Inzaghi in panchina. Nessun cambio, nessun avvicendamento, nessun ribaltone. Questo Milan resta in mano del tecnico, confermato dal presidente in persona che ha confermato la fiducia e ha subito messo a tacere eventuali toto allenatori attorno a possibili successori (dalla scelta interna per Tassotti a quella più gettonata di Spalletti). Una decisione repentina ma precisa: il progetto tecnico deve continuare con la società che resta attiva sul mercato e che sta chiudendo per Mattia Destro, un altro elemento utilissimo per accrescere il tasso tecnico del gruppo insieme ai nuovi arrivi di Cerci e Suso. E potrebbe anche arrivare un difensore per completare il potenziamento reparto per reparto.

Di certo, la situazione è critica: il Milan a gennaio è fuori dalla Coppa Italia e in campionato è a -10 dalla Zona Champions League. In una stagione in cui non c'erano impegni europei con l'obbligo di concentrarsi sui due obiettivi che oramai sono sfumati come neve al sole. I problemi sono tanti, dalla condizione fisica che risulta sempre precaria, delle scelte di mercato risultate perdenti (come Fernando Torres a giugno), fino ai continui infortuni che non lasciano lavorare con serenità Inzaghi (da De Sciglio a El Shaarawy). Tutte attenuanti che però oggi davanti ad una stagione che si preannuncia fallimentare, non bastano più per giustificare un rendimento lontanissimo dalle attese.

Lapidario Inzaghi nel dopo gara: "Non mi interessa se vengo confermato o no, io penso alla partita e alla squadra e posso dire che siamo stati penalizzati da alcuni episodi. Siamo stati bravi, abbiamo dato tutto e dobbiamo continuare a lavorare per tornare al Milan che fu. Io voglio pensare solo a lavorare senza guardare al mercato, c'è da dire che dobbiamo migliorare anche se la fortuna non ci aiuta perché tra Pazzini e Cerci ci poteva stare almeno un gol, il secondo che era dubbio. Senza dimenticare gli infortunati che ho in modo costante che non mi permette di fare i cambi. Volevo giocare col 4-4-2 ma non ho continuità nei giocatori, con Montolivo che deve ancora recuperare, De Jong che si è fermato, Bonaventura è out, El Shaaraawy pure. Insomma non posso chiedere di più".

"Io sento la società al mio fianco, ho un presidente che mi stima, così come il signor Galliani e Barbara Berlusconi. Ringrazio tutti che mi sono stati e mi sono vicini, anche i tifosi che mi appoggiano e mi sostengono. Adesso che siamo in un momento difficile sarà ancora più bello riportare il Milan ai fasti di un tempo. Io ho l'umiltà per ascoltare e accettare le critiche, sono il primo ad essere dispiaciuto quando il Milan va male. Non mi sono mai pentito di aver detto sì al Milan, se non mi cacciano sto qui a vita".

E poi sulla questione della riconferma, il discorso è chiaro e perentorio: "Io non sono preoccupato. Fergusson ci ha messo sette anni per vincere il primo scudetto a Manchester, lo stesso Mancini che ha molta più esperienza di me ed è un guru tra i tecnici, fatica moltissimo. Io mi preoccuperei se i giocatori non seguissero e non mi dessero tutto ciò che hanno. Invece lo fanno, poi c'è anche la sfortuna che non ci molla. Non voglio accampare scuse e sono il primo ad essere dispiaciuto: dobbiamo rimboccarci le maniche e tornare a lavorare insieme alla società. Così sono sicuro che riusciremo a venir fuori dalla situazione attuale".

Infine, il pensiero sul grande assente, Philippe Mexes: "Mexes? Sconterà la su squalifica m poi rientrerà con noi e resterà con noi. Fa parte del progetto tecnico, solo che per questa sera, in accordo con la società avevamo pensato che non era il caso di ripresentarlo subito in campo. Ha un atteggiamento positivo con me e con i compagni, non si può crocifiggerlo per quello che ha fatto: non lo giustifico ma lo aspetto, a fine squalifica tornerà a giocare.

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