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Perché Dzeko può diventare capocannoniere della serie A

Un giocatore ritrovato, efficace sotto porta, partecipe alla manovra e ben integrato nella squadra. Luciano Spalletti ha trovato in Dzeko l’arma anti-Juventus.
A cura di Mirko Cafaro
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Edin Dzeko capocannoniere della serie A a fine stagione? Si può. Lo diciamo subito, senza troppi giri di parole: il bosniaco è (quasi) tornato sui livelli che gli avevano permesso di emergere a Wolfsburg e poi di affermarsi come una delle migliori prime punte della scena europea con il Manchester City. Nel primo anno a Roma, invece, solo un'immagine sbiadita dell'attaccante capace di far reparto da solo e trovare la porta da ogni posizione. Più errori clamorosi che gol (comunque otto in 31 presenze, dieci considerando anche le coppe) per un investimento subito bollinato come "sbagliato" o, nella migliore delle ipotesi, poco adatto a una realtà tattica abituata a fare a meno di una vero bomber d'area, almeno dai tempi di Batistuta e dello scudetto di Capello. Invece la società ha avuto la forza di non scaricarlo, insistere, non disperdere un talento del suo calibro. E i frutti cominciano a vedersi.

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Dopo otto partite è già a un passo dal pareggiare il bottino dello scorso anno. Sette reti in tutto, tre delle quali messe in fila, a cavallo della sosta, tra i big match contro Inter e Napoli; utili non solo al proprio ruolino personale, ma determinanti a spingere i giallorossi sempre più all'inseguimento della capolista Juventus. Dzeko, difatti, potrebbe essere la vera arma in più di questa corsa. Lo si vede soprattutto dal lavoro che Spalletti sta facendo su di lui. Ieri, contro il Napoli, non ha smesso un attimo di telecomandarlo, suggerendo movimenti, posizioni, giocate. E i risultati non si sono fatti attendere: un gol al primo pallone giocabile servito da Salah e un bis che è la fotografia del suo strapotere fisico, di testa, senza saltare e con Hysaj attaccato alla collottola.

La partita di Dzeko al San Paolo (fonte fourfourtwo)
La partita di Dzeko al San Paolo (fonte fourfourtwo)

Uno Dzeko così non si era mai visto. Attento, partecipe alla manovra, efficace sotto porta e anche meglio integrato nel gruppo. Ieri si è esibito in un'intervista post-partita in italiano, a ulteriore dimostrazione della totale compenetrazione nella causa romanista. Ma al di là delle sensazioni, è l'aspetto tattico a fornire le maggiori indicazioni. Dopo la rimonta dello scorso anno ottenuta con un sistema privo di riferimenti offensivi e infarcito di mezze punte e incursori (da Salah a El Shaarawy, sino a Perotti e Nainggolan), quest'anno la musica è cambiata. Assodata una certa prevedibilità, da tecnico intelligente, Spalletti ha virato verso una soluzione in grado di fornire un maggiore sbocco offensivo alla squadra. Non più Salah costretto a fare pentole e coperchi, spesso risentendone in lucidità sotto porta, ma con uno Dzeko in più a presidiare, finalizzare la mole di gioco e fare densità in area.

E per maggiori indicazioni, andarsi a rivedere i due gol contro Inter e Napoli (il secondo), direttamente dall'area piccola. A margine una notazione statistica: in tutte le sue avventure, il bosniaco ha sempre faticato nella prima stagione, salvo poi esplodere alla seconda. Col Wolfsburg 8 reti all'esordio, 26 nel campionato successivo; a Manchester 2 nei primi sei mesi e 14 nella prima annata completa. Non resta che mettersi comodi e godersi lo spettacolo.

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