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Pato si racconta: “Sarei pronto a dire sì all’Inter”

Il brasiliano svela anche un retroscena di mercato del passato quando Berlusconi disse di no al suo trasferimento dal Milan al Psg. Una battuta anche sulla Juve che a suo giudizio può vincere la Champions nella prossima stagione.
A cura di Marco Beltrami
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Un legame indissolubile, quello tra Alexandre Pato e l'Italia. Il bomber brasiliano attualmente in forza al Tianjin Quanjian allenato da Fabio Cannavaro non ha dimenticato le sue stagioni in Serie A. Una esperienza quella al Milan che gli ha permesso di affermarsi nel panorama calcistico internazionale, e di crescere a livello professionale, nonostante i tanti infortuni che ne hanno comunque impedito l'exploit.

Pato: "All'Inter direi di sì"

Ne è passata di acqua sotto i ponti dalla conclusione, nel 2013, della sua esperienza in rossonero ma il "papero" ricorda con piacere quell'Italia a cui è stato poi accostato con decisione in più di un'occasione nelle varie sessioni di mercato. A tal proposito in una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport, il giocatore è tornato a parlare del campionato italiano aprendo anche alla possibilità di un futuro con la maglia degli ex cugini nerazzurri: "Sono innamorato dell’Italia: oggi sono felice in Cina e sono felice di contribuire a questo progetto di sviluppo del calcio, ma in futuro chissà. Se all’Inter direi di sì? Perché no, sono un professionista".

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Il feeling con Fabio Cannavaro

E a mantenere vivo il feeling con l'Italia ci pensa mister Fabio Cannavaro, con il quale sembra avere in Cina un rapporto privilegiato: "Con Cannavaro ed il suo staff parlo in italiano, coi miei compagni in inglese e con la mia ragazza portoghese. Così mi tengo in allenamento anche se qui ogni giocatore ha un traduttore, ma voglio cercare di essere autonomo. È stato Cannavaro a convincermi del suo progetto. Il club mi aveva cercato prima di cambiare allenatore ma non mi sentivo pronto per un cambiamento così radicale. Essere allenato da lui è uno stimolo enorme: poteva scegliere tra tanti giocatori ma ha voluto e ciò mi riempie d’orgoglio”.

I progressi della Cina, e il nuovo Milan

L'attaccante ha sorpreso tutti trasferendosi in Cina. Un campionato che a suo giudizio è sottovalutato, e sta crescendo in maniera sensibile: "Tutti pensano che in Cina giocare sia semplice ma non è così. Però ti danno tempo e libertà, a differenza dell’Europa. Ho fatto 7 gol in 14 partite e ora siamo sesti e ai quarti di Coppa di Cina. Il nostro obiettivo è restare in Super League anche se il sogno sarebbe la Champions d’Asia. Il livello non è come in Europa o Sudamerica ma si sta alzando grazie ai grandi allenatori arrivati come Capello, Lippi e Cannavaro”. E a proposito di Cina e di cinesi, non può mancare una battuta sul nuovo Milan "orientale" che ha raccolto l'eredità di quello targato Berlusconi: "I cinesi del Milan? Non so chi siano di preciso ma posso dire che qui c’è una grande passione per il calcio. Lo studiano e hanno denaro da investire. Sono già una grande potenza a livello economico e vogliono diventarlo anche nel pallone. Ho giocato nel Milan di Berlusconi e se il Milan è così amato nel mondo lo deve a lui ma il club aveva bisogno di un investimento importante. Sono contento che siano entrati e che stiano già facendo acquisti. Qui si parla molto del Milan: vorrei tornasse quello di 5-6 anni fa”.

Il retroscena sul mancato trasferimento al Psg

E non manca un retroscena di mercato relativo al passato, quando sfumò la possibilità di un suo trasferimento alla corte del Paris Saint Germain. In quell'occasione fu decisivo il ruolo giocato da Berlusconi: "Berlusconi per due volte ha cercato di trattenermi. La prima nel gennaio 2012: non andare al PSG non fu una scelta mia. Barbara mi disse che suo padre voleva parlarmi ed il presidente mi chiamò mentre facevo colazione dicendomi che non sarei dovuto andare via perché ero un simbolo e così rispettai la sua volontà. Tuttavia continuavo ad avere problemi fisici. Per Berlusconi rimanevo incedibile ma lo convinsi a vendermi dicendogli che sarebbe stato per il mio bene. Dovevo ritrovare fiducia nel mio corpo. Qualcuno anche nel Milan mi diceva che non avrei più potuto giocare ma lo sapevo che non era così. Per questo sono andato via, dovevo cambiare modo di allenarmi e i tempi di recupero. Al Corinthians in 20 giorni mi hanno modificato la preparazione e ho ricominciato a stare bene”.

Sul caso Donnarumma

In casa rossonera l'argomento del momento è quello relativo al futuro di Donnarumma. Pato non ha potuto non dire la sua sul talentuoso portiere: "Ha solo 18 anni ma ha un grande talento ed è seguito da un procuratore molto intelligente. Di certo avrà le sue ragioni: sta facendo ciò che si sente. Io a 17 anni ho avuto l’opportunità di andare al Real ma ho scelto il Milan, che in quel momento era la squadra più seguita e più titolata. Ora è un altro Milan. Ancelotti mi diceva che i bravi devono stare con i bravi. Chi è forte va in campo, indipendentemente dall’età: io a 17 anni giocavo con Pirlo, Seedorf, Maldini, Kakà e tanti altri…".

Il rapporto con Allegri e la Juve che può vincere la Champions l'anno prossimo

Già proprio con Ancelotti, Pato ha stabilito un feeling particolare, al contrario di quanto accaduto con Allegri. Quell'Allegri che a giudizio di Pato ha fatto un grande lavoro alla Juventus sulla scia di Conte: "Ancelotti per me è stato un mentore e Cannavaro come impostazione è simile a lui. Ora mi sta facendo fare la prima punta, mi piace molto. Con Allegri invece avevo un rapporto solo giocatore-allenatore, zero contatti fuori dal campo. Però i più vincenti anche in Europa sono quelli che creano empatia con i loro uomini: Ancelotti ne è la dimostrazione. È cresciuta molto dentro e fuori dal campo. Hanno il loro stadio ed una proprietà molto presente. Allegri ha proseguito il lavoro di Conte e l’anno prossimo possono vincere la Champions, non ho visto tanta distanza col Real”.

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