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Mourinho il profeta del non gioco cui piace vincere (video)

Il catenaccio ad oltranza visto in occasione di Atletico Madrid-Chelsea ha esasperato ancora una volta la fase difensiva. Come nel 2010 sulla panchina dell’Inter contro il Barcellona.
A cura di Alessio Pediglieri
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Se non si fosse chiamato Josè Mourinho da Setubal e non avesse giocato il Chelsea, ci sarebbe stato un coro unanime: la partita di ieri sera tra i Blues londinesi e l'Atletico Madrid sarebbe stata considerata una delle più brutte e inguardabili della storia delle semifinali di Champions League. Invece, grazie al tecnico portoghese pluridecorato e già con due Coppe dalle grandi orecchie in tasca e un club che arriva da due vittorie europee di fila (Champions 2012 e Europa League 2013), tutto è sembrato lecito nel più classico dei detti macchiavellici per cui il fine giustifica i mezzi. Anche se il ‘mezzo' in questione è un autentico catenaccio vecchia maniera, utilizzato dallo Special One ad oltranza per 90 minuti davanti ai tentativi offensivi dei colchoneros di Simeone. Roba da far rabbrividire gli attuali tecnici più difensivisti e che avrebbe trovato plauso probabilmente nel solo Karl Rappan, l'allenatore austriaco che diede origine negli ani 30 al "catenaccio" in Svizzera.

La frustrazione avversaria – Al Vicente Calderon si è assistito ad una non-partita da parte dei londinesi. La scelta tattica di Mourinho si è spinta all'estremo: non solo una linea difensiva ma un vero assetto arretrato a copertura della propria metà campo con sempre 9-10 uomini dietro alla linea del pallone. Tanto da ingolfare il gioco degli spagnoli fatto di velocità, verticalizzazioni, cross e uno contro uno. In questo senso si spiegano benissimo le sole 4 conclusioni verso il buon Courtois che è rimasto inoperoso per quasi tutti i 90 minuti. Un non gioco che ha ucciso lo spettacolo per uno stadio tutto esaurito "frustrando" un Atletico incapace di trovare soluzioni differenti.

La non partita perfetta – Mourinho è riuscito a disputare la gara perfetta, portando all'estremo ciò che già in passato aveva mostrato con altre squadre in campo europeo. Così si può tranquillamente dire che contro l’Atletico il Chelsea ha fatto una partita difensiva da inserire nei libri di storia di tattica del calcio. Dimenticando la fase offensiva, gli inglesi non hanno sbagliato un colpo regalando al tecnico portoghese ciò che aveva chiesto, sublimandolo all'ennesima potenza: non una sbavatura, non un errore. Anche lo stesso Fernando Torres spesso e volentieri si è ritrovato nelle vesti di boa per centrocampisti e difensori, isolato in avanti e costretto a predicare in un deserto offensivo.

La grande bugia e l'autobus in porta – Ha dunque poco da rammaricarsi a fine gara Josè Mourinho quando dice che lo "0-0 è comunque un risultato che non piace" e che metterà a dura prova il Chelsea a Stamford Bridge. Perché per ottenere altri risultati se non il pareggio a reti inviolate, avrebbe dovuto optare – anche a gara in corso – a soluzioni diverse, cosa che si è visto ben lontano da fare. La difesa a 4 aveva davanti la diga formata da David Luiz e Frank Lampard che in rarissime occasioni hanno superato la linea di metà campo ostruendo ogni spazio di manovra avversario. Quel famoso "autobus davanti alla porta" come hanno oggi ironizzato gran parte dei tabloid spagnoli contro l'odiato rivale lusitano. Nulla di nuovo a dire il vero perché se riavvolgete il nastro, i blues a Madrid han fatto la stessa gara che l’Inter fece a Barcellona nel 2010. Identica, dove il ‘catenaccio' l'ha sempre fatta da padrone e  – in quell'occasione – laureò i nerazzurri alla finale poi vinta (giocando) contro il Bayern Monaco.

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