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Mondiali, il triste addio di Pirlo all’Italia senza la ‘maledetta’

Dopo 12 anni di Azzurro, il ‘Professore’ esce di scena nel modo peggiore. Esordiente sotto Trapattoni, esploso con il primo Lippi, nella gestione Prandelli non è mai riuscito a dimostrarsi decisivo.
A cura di Alessio Pediglieri
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L'Italia finisce a Natal, in Brasile, mestamente, sotto i colpi dell'Uruguay e dell'arbitro messicano Rodriguez che condiziona un match che poteva giustamente finire in pareggio. E invece, gli Azzurri son tornati a casa con un Prandelli pronto ad assumersi tutte le responsabilità del caso e le critiche feroci per l'ennesimo arbitraggio inadeguato nei confronti di una Nazionale che ha già suoi precisi problemi nel confrontarsi degnamente a certi livelli – vedasi il fallimento contro la Costa Rica. Nessuno ha brillato, nè i nuovi arrivati né i ‘senatori' che non sono stati in grado di trascinare il gruppo ad un Mondiale che è vero non li vedeva protagonisti ma di certo non prevedeva una uscita così mesta.

Un Mondiale anonimo

Tra chi ha deluso, anche perché a conti fatti non è stato né determinante né decisivo, c'è anche Andrea Pirlo il metronomo del centrocampo e della squadra che si giocava la sua ultima chance azzurra. Benino contro l'Inghilterra, male con la Costa Rica, appena sufficiente con l'Uruguay. Purtroppo per lui nessun acuto se non la ‘maledetta' al 90′ contro gli inglesi. Poco, troppo poco, per una Nazionale che per la seconda volta consecutiva esce mestamente da un Mondiale ai gironi. Quando c'era da alzare i ritmi con verticalizzazioni e passaggi di prima c'è stato ma non con la continuità che tutti si aspettavano. Tanto che ha sofferto, almeno al debutto, la vicinanza con Marco Verratti il suo alter ego sulla mediana invece di acquisire maggior ‘peso' a centrocampo. I compagni lo cercano, ma forse per l'afa forse per una stagione estenuante lui spesso non si fa trovare.

Lampi di genio nel vuoto

E dire che il piede e il genio c'è. Perché anche nella sfida decisiva contro l'Uruguay partono dalla sua inventiva le uniche occasioni azzurre in avanti e da lui dipende anche il destino di un'Italia priva di altro fosforo e classe. Perché il tradimento è totale: Balotelli non incide mai, in difesa si balla che è un piacere, Prandelli ci mette tre gare per trovare un assetto decente. Tutti si aspettano la lezione del Professore, al suo ultimo saggio azzurro ma non c'è. Il palco è vuoto, Pirlo saluta la sua avventura azzurra come peggio potrebbe, con un viaggio anonimo e nulla in più da far ricordare anche per colpa di un gruppo che non gli permette di poter sfruttare il pezzo della casa: quelle punizioni alla Juninho che tanto lo han fatto conoscere al grande pubblico. Non in Brasile, certamente.

Addio amaro dopo 12 anni

Dopo 12 anni si concluse così in modo inglorioso una carriera azzurra di un campione che ha vissuto gli alti e i bassi di una Nazionale con cui ha avuto anche l'onore di salire sul tetto del Mondo. Esordiente con Trappattoni nel 2002m si gioca gli Europei 2004 da comprimario prima di essere messo da Marcello Lippi quale assoluto protagonista inamovibile a centrocampo. Pirlo cresce, ripaga ala fiducia e grazie alla sua presenza, il gioco azzurro cresce. Fino all'epopea di Berlino 2006 che dura però l'arco di un mese. Dopo è subito parabola discendente, se non per lui, per moltissimi degli eroi in Germania. L'Italia sparisce nell'era Donadoni e si illude nel Lippi Bis in Sud Africa. Per poi crollare in Brasile dopo un Europeo 2012 giocato fino alla finale.

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