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Milano, Torino, Genova: il triangolo zoppo del calcio italiano

Cresce il fatturato della Juve. Il Milan frenato dalla spending review. L’Inter sotto osservazione Uefa. Sampdoria e Genoa fanno meglio con meno risorse.
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Nell'atlante del calcio europeo, l'Italia è ormai la quarta gamba del cosiddetto Big Five, dietro a Inghilterra, Germania e Spagna e con qualche difficoltà a reggere al potere dielle nuove poytenze della Ligue 1 spinte da presidenti miliardari venuti dal Qatar (PSG) o dalla Russia (Monaco), i due centri di potere del pallone globale.

Juve, fatturato su – Il declino attraversa tutto l'ultimo decennio. A prenderne amaramente atto è il presidente della Juventus, Andrea Agnelli. "Basta guardare senza partigianeria la situazione del calcio italiano per riconoscere il progressivo declino. La nostra crescita è legata esclusivamente all'evoluzione del mercato televisivo. Venti anni fa Inghilterra, Spagna e Germania guardavano all'Italia come a un esempio: oggi ci hanno sopravanzato in qualsiasi parametro" spiegava all'assemblea degli azionisti che ha approvato il bilancio 2014. la Juve ha registrato un fatturato di 280,5 milioni, al netto della gestione giocatori,315,8 in totale, in crescita del 32% rispetto al 2013, ai 272,4 certificati dal report annuale Football Money League dell'agenzia Deloitte. La Juve è ancora prima in Italia per fatturato, e questo spiega in buona parte ma non in toto il dominio recente in serie A. Ma appena si allarga l'orizzonte all'Europa, la marginalità economica e tecnica del calcio italiano diventano immediatamente evidenti: gli introiti della Juve, infatti, sono pur sempre la metà di quelli del Real Madrid, la squadra più ricca d'Europa (519 milioni di ricavi nel 2013), e due terzi di quelli di Manchester United o Bayern Monaco. "Nessuna società italiana è in grado di crescere al loro ritmo", ha concluso Agnelli. Lo Juventus Stadium costituisce innegabilmente una delle principali leve che ha fatto crescere il fatturato bianconero. Ma la Juve, che ha staccato anche quest'anno 28 mila abbonamenti, soffre un po' l’approccio italiano per cui le tessere stagionali costano meno della somma dei singoli biglietti mentre in Premier League l'abbonamento costa un po' di più perché il tifoso è disposto a pagare il surplus non essendoci la copertura televisiva integrale del campionato.

Milan, crisi abbonamenti – La serie A, comunque, da molto tempo non è più il campionato più bello del mondo e i tifosi se ne disamorano gradualmente: quest'anno sono stati acquistati 18 mila abbonamenti in meno dell'anno scorso, e le contrazioni più evidenti riguardano Napoli (8200 circa), Lazio (17100) e Milan (19300), che nonostante una rosa da quasi 200 milioni, secondo l'autorevole sito Transfermarkt, e 263,5 milioni di fatturato nel 2013, fatica ad essere competitiva anche in Italia. I fischi di un San Siro deluso dall'arrendevolezza mostrata contro il Palermo deve far riflettere: l'effetto Inzaghi potrebbe essere già finito.

Inter, i soldi non sono tutto – E non va certo meglio all'Inter, dove la discrasia tra il valore nominale della squadra e la resa sul campo della formazione di Mazzarri, sempre più solo e mal sopportato dalla tifoseria, è ancora più evidente. Il tecnico livornese ha a disposizione una rosa da 228 milioni di euro, la seconda più preziosa d'Italia. Eppure i nerazzurri non decollano, non hanno mai vinto tre partite di fila con Mazzarri, e trovano il gol con grande difficoltà. Thohir almeno può tirare un sospiro di sollievo per i 33,2 milioni di utili, anche se in gran parte dovuti ai 139 milioni di proventi straordinari per uno spostamento del debito fra società del gruppo, possibile grazie ai 230 milioni di finanziamento garantito da Unicredit e Goldman Sachs. Nel dettaglio al 30 giugno 2014 si sono registrati ricavi dai diritti tv per 76 milioni, ricavi da stadio per 20 milioni, plusvalenze per 7 milioni (contro i 34 milioni del 2013) e ricavi per sponsorizzazioni e pubblicità per 36,2 milioni (contro i 28 della stagione precedente). I costi ammontano a 268 milioni e tengono l'Inter sotto osservazione dell'Uefa per possibili violazioni del fair play finanziario, di cui il club discuterà nella riunione del prossimo 7 novembre a Lione come ha spiegato l'ad nerazzurro Michael Bolingbroke. E mentre Thohir annuncia un progetto per un nuovo stadio a prospettiva medio-lunga, 3-5 anni, una cosa è certa: i soldi nel calcio contano, ma non sono tutto.

La lezione di Genova – La dimostrazione arriva dalla terza gamba del triangolo industrial-pallonaro italiano, Genova. Con rose che messe insieme valgono meno del Milan e dell'Inter, Sampdoria e Genoa stanno ottenendo risultati migliori. La società del neo presidente Ferrero ha registrato un fatturato da 66,9 milioni nell'ultimo bilancio di esercizio della gestione Garrone, chiuso al 31 dicembre 2013. Ricavi su cui pesano per il 49% i 32,9 milioni garantiti dalla cessione dei diritti tv. Tuttavia, nonostante l’incremento dei componenti positivi di reddito, il bilancio 2013 si è chiuso con una perdita netta di esercizio di € 13.440.011 (negli ultimi 5 anni, i risultati negativi dei blucerchiati raggiungono la preoccupante somma di 120 milioni). Ha chiuso invece quasi in pareggio il Genoa, che ha chiuso il bilancio al 27 dicembre 2013 con un utile di € 381.602, grazie soprattutto alla cessione del ramo d'azienda relativo all'area commerciale legata allo sfruttamento del Brand Genoa (sponsorizzazioni, marketing, merchandising) a una nuova società, la “Genoa Image Srl”. Un passaggio che ha determinato proventi straordinari per € 27.463.523. I soldi, insomma, non basta averli, bisogna anche saperli spendere.

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