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Milan, Sheva compie 40 anni: il popolo milanista festeggia l’eroe di Manchester

Nel giorno dell’ottantesimo compleanno di Silvio Berlusconi, l’indimenticato campione ucraino soffia sulle sue quaranta candeline. Una festa doppia per tutto il mondo rossonero: oggi più che mai grato al presidente e al suo ex attaccante.
A cura di Alberto Pucci
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Prima Francesco Totti, poi Andriy Shevchenko. Il mondo del calcio si ferma ancora una volta per applaudire un altro campione indimenticabile che ha scritto pagine memorabili di questo sport. Nello stesso giorno degli 80 anni di Silvio Berlusconi, il popolo rossonero festeggia i 40 di Sheva e ricorda con malinconico affetto uno degli attaccanti più forti che abbia mai calpestato l'erba di San Siro. Forgiato nell'incredibile fabbrica di uomini del compianto Lobanowsky, insieme all'altro partner d'attacco Sergey Rebrov, il giovane Shevchenko si è messo in luce in Ucraina ma soprattutto in Europa, dove scatenò la curiosità di tutti quanti dopo la famosa tripletta al "Camp Nou", del 1997, contro il Barcellona: la prima di un calciatore ucraino in Champions League.

Dal Colonnello al Cavaliere

Silvio Berlusconi si innamora del talento della Dinamo Kiev. Mette in tasca a Galliani 25 milioni di dollari (altri tempi) e gli impone di volare a Kiev e convincere il ragazzo. Il resto è storia. Sheva arriva con la faccia timida e stralunata: come è quanto Kakà al suo primo giorno di Milanello. Quegli occhi così impauriti, sono diventati subito quelli della tigre alla prima in campionato: 29 agosto 1999, Lecce-Milan. Manco a dirlo è lui a firmare il momentaneo 2-1 rossonero. Un gol facile facile, festeggiato con quella che sarebbe stata la sua esultanza entrata di diritto nella storia rossonera: la maglietta sopra la testa.

Lo sguardo di Manchester

Servirebbero fiumi d'inchiostro per narrare tutta la leggenda di quello che è stato uno dei calciatori ucraini più famoso al mondo. Per un tifoso del Milan è impossibile dimenticare la faccia di Sheva prima del rigore di Manchester: uno sguardo all'arbitro, uno verso Buffon, e poi via a calciare dagli undici metri e a regalare la Champions più incredibile della storia milanista: vinta contro la Juve, dopo le due semifinali contro l'Inter che fermarono una città intera per diversi giorni. Indimenticabili le battaglie con Materazzi nei derby e i gol segnati ai cugini nerazzurri, gli scudetti e le classifiche cannonieri vinte, le tante coppe alzate al cielo e quel Pallone d'Oro che anche lui (dopo Van Basten e prima di Kakà) ha alzato al cielo di Milano e portato sotto la statua commemorativa del suo padre calcistico: Lobanowsky, appunto.

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Istanbul, Chelsea e il ritorno

Come in molte storie d'amore, anche in quella di Sheva con il Diavolo c'è il momento delle lacrime e della separazione . La notte di Istanbul rimane tutt'ora inspiegabile e rappresenta una macchia nella carriera dell'ucraino: protagonista in negativo durante i supplementari ma soprattutto nell'ultimo calcio di rigore. Lacrime "inglesi" che Andriy ha conosciuto anche nella sua breve e sfortunata esperienza al Chelsea. Dal dolce Ancelotti al burbero Mourinho: troppo per l'animo nobile e gentile del guerriero Sheva che, nell'agosto 2008, chiama Berlusconi e organizza il ritorno a Milano. Ritrova l'affetto di San Siro, il sopracciglio alzato di Ancelotti, il suo presidente. Non ritrova, però, gol e giocate spettacolari. Torna prima in Inghilterra e poi definitivamente in Ucraina.

Allenatore per vocazione, milanista per scelta

Il regalo per i suoi quarant'anni è una panchina: quella che fu del suo grande maestro e mentore. A proteggere da vicino Shevchenko c'è l'amico rossonero Mauro Tassotti. Dal cielo, invece, ci pensa il "Colonnello" Lobanowsky: oggi più che mai orgoglioso del suo ex discepolo. La testa alla nazionale ucraina, il cuore a Milanello. Sempre. Anche oggi che il club rossonero è ad un passo dal diventare cinese: "Troppi nomi nerazzurri intorno alla nuova societàha dichiarato sarcasticamente pochi giorni faMagari cambieranno nome al club". Oggi come ieri, Sheva va sempre dritto alla porta e segna. Soprattutto se è quella dell'Inter.

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