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Milan: dal campo alla panchina, Inzaghi eterno uomo derby rossonero

Nel primo da giocatore contribuì con un suo gol alla vittoria, nel primo da tecnico spera di azzeccare le mosse per battere ancora l’Inter. A undici anni di distanza dal suo primo derby, Pippo Inzaghi continua ad essere protagonista nella stracittadina milanese.
A cura di Alberto Pucci
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Fatih Terim sul ponte di comando, Abbiati con i capelli, Shevchenko al suo fianco, Seedorf in nerazzurro, Cuper sull'altra panchina: un'era calcistica ed esattamente 13 anni sono passati dal giorno in cui Filippo Inzaghi fece "amicizia" con il derby di Milano. Arrivato l'estate prima per la cifra (allora, modica) di 70 milioni di euro (40 cash più Cristiano Zenoni, con un quinquennale da 8 miliardi annui!), "Super Pippo" ci mise davvero poco ad entrare in sintonia con il popolo rossonero. "Segna nel derby e diventerai un idolo per i tifosi", gli disse qualcuno nel giugno del 2001 quando fu presentato all'Hotel Gallia, insieme all'imperatore turco, a "sua maestà" Rui Costa e ad un giovane di belle speranze che l'Inter aveva appena "scartato" (vedi alla voce Andrea Pirlo). Detto, fatto. Domenica 21 ottobre 2001: come Shevchenko prima e Kakà poi, l'ex attaccante della Juventus battezzò subito la sua nuova vita milanista (e milanese) segnando al primo derby utile. Dopo il vantaggio interista di Kallon, il pareggio di Contra (chi se lo ricorda?) ed il graffio del solito Sheva, l'attaccante piacentino lasciò la sua prima indelebile firma sulla stracittadina di Milano, battendo Toldo con un colpo di testa. Da quel suo primo derby all'imminente sfida di domenica prossima (la prima sulla panchina del Diavolo), di acqua sotto il ponte di Filippo Inzaghi ne è passata davvero tanta. 10 reti nella prima stagione: quella tormentata dall'infortunio al legamento collaterale mediale del ginocchio sinistro. 17 nella seconda, con rete nel derby di ritorno (aprile 2003), dopo un assist di Rui Costa, e prima di alzare al cielo di Wembley la Champions League, vinta contro la sua ex squadra. Gol a ripetizione, fino al successo anche in campionato, nel 2003/2004 quando contribuisce al trionfo di "Carletto" Ancelotti con il gol nel derby di ottobre: il penultimo, prima del sigillo finale (targato maggio 2008) nella stracittadina vinta 2 a 1 dai rossoneri.

Patto di sangue con il Diavolo – 11 anni e 300 partite in rossonero, due Scudetti e due Champions League (l'ultima vinta grazie ai suoi gol), quarto giocatore per anzianità nella storia del club milanese (prima di lui Billy Costacurta, Paolo Maldini ed Enrico Albertosi): i numeri di "Super Pippo", parlano da soli. Difficile descrivere l'amore cerebrale di Inzaghi nei confronti del rossonero, facile individuare nella dieta a base di bresaola e biscotti Plasmon il suo elisir di eterna giovinezza. Una vita non da mediano, ma da attaccante vero: uno che non molla mai, anche quando è a casa sul divano. Era così da giocatore, è così da allenatore. Ovviamente, sulla panchina del Milan. Quello di domenica è il suo esordio da "mister" (come lo chiamano pubblicamente i suoi ex compagni che ancora giocano). In privato, per loro, e nella vita di tutti i giorni per i tifosi rossoneri, lui è sempre e soltanto Pippo…o, al massimo, Super Pippo: quello che nel derby si "picchiava" (sportivamente parlando) con l'icona nerazzurra Materazzi e che, spesso, sapeva mandare in estasi la Curva Sud con i suoi gol, quasi sempre decisivi. "Non è Inzaghi ad essere innamorato del gol, è il gol ad essere innamorato di Inzaghi", dichiarò Emiliano Mondonico, uno dei suoi primi allenatori. Il primo "urlo", nella finale Champions di Atene contro il Liverpool, ne è la prova più evidente: punizione di Pirlo, pallone che sbatte contro la spalla di Pippo, urlo di gioia della Curva milanista. Lo stesso che Inzaghi vorrebbe sentire domenica sera al novantesimo. Come nell'ottobre del 2001, pagherebbe di tasca propria per esordire con una vittoria nel suo primo derby da allenatore. Una vittoria contro Mancini e contro i rivali cittadini, darebbe il via al party rossonero con ostriche e champagne. Altro che bresaola e biscottini Plasmon!

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