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Mauro Camoranesi, l’italiano di Tandil

Uno degli alfieri della Nazionale campione del mondo del 2006 si è ritirato lo scorso anno a causa di problemi al ginocchio e ha coronato il sogno di diventare allenatore. Negli ultimi giorni il suo nome è tornato in auge per la polemica sugli oriundi convocati dal ct Conte in Azzurro.
A cura di Vito Lamorte
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Il calcio è sempre in cerca di nuovi amanti. A volte gli chiede di ballare per lui, altre di soffrire per un posto nella storia. Convince a dimenticare il passato e a guardare avanti per realizzare i sogni, come se questo sport riuscisse a mantenere i desideri fatti da tutti gli adolescenti che hanno portato sotto braccio una palla. Il calcio tra i suoi flash e le sue copertine, tra i suoi scandali e le sue storie genuine ha sempre permesso spesso agli atleti, seguendo determinate regole, di scegliere la nazionale per cui giocare. Denuda questi eroi “moderni” costruendo una realtà e divide una storia in due: da un parte c'è il paese che ha dato la possibilità agli atleti di conoscere la grande sfera e dall'altra quello che gli ha mostrato l'altra sfera, quella che rotola tra i piedi.

Mauro German Camoranesi. Argentino di nascita, ‘oriundo' per i colori azzurri, ha scritto il suo nome nella storia della Nazionale Italiana il 9 luglio 2006 a Berlino, giocando 86 minuti della finale di Coppa del Mondo tra gli azzurri e la Francia. Una cosa che non avrebbe mai neanche immaginato. Sentire il peso del mondo sulle sue spalle. Questo ha sopportato Camoranesi, che ha costruito il suo percorso professionale lontano dalla terra natia e non ha mai avuto dubbi nelle sue scelte. L'ex esterno della Nazionale ricorda sempre con piacere la chiamata di Giovanni Trapattoni e le parole che il tecnico di Cusano Milanino utilizzò per convincerlo: "Quando ti dicono che ti vogliono, in modo chiaro e diretto, ti senti importante". Una dichiarazione d'amore.

Non fu facile dimenticare l'ostracismo di Marcelo Bielsa, allora selezionatore dell'Argentina, nei suoi confronti, ma la sera di un freddo 12 febbraio 2003 cambiò la storia di questo ragazzotto di Tandil. Quella vittoria contro il Portogallo è stata l'inizio di una storia bella che avrebbe fatto di lui il settimo oriundo capace di sollevare la Coppa del Mondo con la maglia azzurra dopo Raimundo Orsi, Enrique Guaita, Michele Andreolo, Anfilogino Guarisi, Luis Monti e Atilio De Maria nel 1934 e nel 1938. Era dai tempi di Angelo Benedicto Sormani (Mondiali in Cile del 1962) che non si vedeva un oriundo vestire la maglia della Nazionale italiana.

Tra le immagini della finale di Berlino tutti gli italiani ricordano ancora le istantanee di un cerchio al centro del campo che incuriosì tutti in un primo momento. Pochi avevano capito cosa stava succedendo ma proprio in quel momento Mauro German Camoranesi stava tagliando la sua coda in mondovisione. In quel momento l'esterno azzurro ha perso i capelli ma il suo nome venne scritto con lettere d'oro nella storia del calcio.

Camoranesi è nato a Tandil e la sua carriera iniziò a 160 km: all'Aldosivi. Un anno dopo si accasò al Santos Laguna che gli diede l'opportunità di diventare campione del Messico. Dopo una breve esperienza a Montevideo torna in Argentina, al Banfield. Camoranesi gioca da esterno destro con 16 gol in 38 partite fu autore di una grande stagione. Con l'inizio del nuovo millennio torna in Messico e dopo aver messo a segno 21 gol in 79 partite con il Cruz Azul vola in Italia. A Verona. Era il primo giocatore straniero ad essersi trasferito in Serie A dal campionato messicano. Camoranesi divenne subito idolo dei tifosi dell'Hellas. Tutti ricordano il suo gol nel derby con il Chievo e le abilità in fase offensiva gli permisero di essere acquistato a titolo definitivo.

Grazie alla sapienza di Attilio Perotti, questo piccoletto con il n.16 si affermò come uno dei migliori esterni della Serie A. L'approdo alla Juventus consacra Camoranesi nel calcio che conta. Con la Vecchia Signora ha conquistato in nove anni due scudetti e una Supercoppa oltre ai due titoli che sono stati revocati nell'estate del 2006, dopo l'esplosione di Calciopoli e la retrocessione del club torinese.

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Le ultime squadre in cui ha militato Camoranesi sono state lo Stoccarda, il Lanus e il Racing Club di Avellaneda prima di decidere di smettere lo scorso anno. La sua ultima esperienza non è stata all'altezza della sua carriera ma l'ex ala dell'Hellas non si è mai tirata indietro quando c'era da esprimere la propria opinione. A causa del poco spazio riservatogli dal tecnico del Racing, Reinaldo Merlo, Camoranesi si era sfogato ai microfoni di Radio América ed era finito fuori squadra. L’ex azzurro non fece un piega e disse: "Tra un anno nessuno si ricorderà delle mie ultime partite. Ma tutti ricorderanno quello che ho fatto e non vedo l’ora d’iniziare una nuova avventura". La testa di Camoranesi, che aveva già concluso il corso da allenatore, era già proiettata verso nuove esperienze. Lo scorso 15 dicembre ha cominciato la sua prima esperienza da allenatore nella serie cadetta messicana con il Coras de Tepic. Un lungimirante.

Negli ultimi giorni è scoppiato per l'ennesima volta il tema degli oriundi in Nazionale dopo le convocazioni di Eder e Vazquez in nazionale da parte del ct Antonio Conte per le due partite in programma contro Bulgaria e Inghilterra. L’attaccante della Sampdoria ha potuto prendere il passaporto italiano grazie ai bisnonni che erano italiani, mentre per quanto riguarda il trequartista del Palermo è la madre, a essere italiana. Con 55 presenze alle spalle, Camoranesi è l'oriundo che ha vestito più volte la maglia della Nazionale di calcio italiana. La doppia cittadinanza lo ha sottoposto ad un doppio processo pubblico e dopo le prime convocazioni in azzurro Camoranesi era finito al centro di diversi dibattiti per il suo silenzio durante l'inno. L'ex calciatore della Juventus non ha mai avuto un grande rapporto con i giornalisti e, qualche tempo fa, ha dichiarato: "Le critiche ci sono sempre state perchè c'era poco da scrivere su di me. Il primo anno volevano farmi del male con l'inno, ma sai qual è la cosa più bella di tutto questo? Quando facevamo le interviste faccia a faccia ero il migliore".

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Come in ogni storia d'amore che si rispetti, il calcio ha scelto Camoranesi e lui è stato in grado di rispondere. Ha messo in mostra le sue qualità e ha donato quell'amore a coloro che sono l'essenza del calcio: i tifosi. German è stato un giocatore di grande talento e temperamento. Ha deliziato con giocate di classe e ha fatto anche innervosire con atteggiamenti alcune volte al di fuori delle righe, ma ha sempre dato tutto onorando le maglie e i colori delle squadre per cui giocava. "Io so che devo dare il 110%. Devo sudare e correre più di tutti i miei compagni di squadra". Mauro lo ha fatto sempre. Sia con i club che con la Nazionale.

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