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Luca Toni, 40 anni di gol da “Numero uno”

Luca Toni compie 40 anni. Ripercorriamo le tappe della carriera del primo capocannoniere straniero nella storia della Bundesliga. Un attaccante arrivato tardi al grande calcio, eppure capace di vincere la Scarpa d’oro, segnare oltre 300 gol ed essere più forte di ogni cosa, anche della perdita del primo figlio (Mattia) nato morto.
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Quando Cinesinho lo allenava nelle giovanili del Modena, vedeva quel ragazzone sgraziato che però la buttava dentro più di tutti e si chiedeva: che fine farà? Quel ragazzo passerà due decenni a far gol, ne ha segnati più di 300. Oggi quel ragazzo, Luca Toni, compie 40 anni e solo l'anno scorso ha smesso di vedere la porta. Ha salutato il calcio con un'ultima perla, col cucchiaio, o col Löffel per dirla alla tedesca. Ha segnato in acrobazia, in torsione, ha sfoggiato lampi di tecnica che oggi ci si aspetterebbe da Suarez. Eppure, con quel fisico da “pennellone” che, per dirla con Cavasin, uno dei suoi primi allenatori, “si è coordinato tardi”, è rimasto per anni a galleggiare in provincia, tra Modena, Fiorenzuola, Lodigiani, in serie C.

Eppure, diventerà l'attaccante da 31 gol in una stagione alla Fiorentina, meglio di Batistuta, con annessa Scarpa d'Oro. E l'unico italiano a vincere il titolo di capocannoniere in Bundesliga. Una stella che tanto sgomita e per breve tempo brilla ai vertici del calcio d'Europa, e sempre rimane il ragazzo generoso e disponibile, simpatico e spiritoso, di Stella di Serramazzoni, terra di centravanti come Gianni Bui e Piero Baisi, che si affaccia su Maranello. Un ragazzo diventato uomo, che ha comprato una villa a Montale e la sua vecchia scuola, dove la mamma Valeria lavorava come bidella, per farne un circolo ricreativo.

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Numeri da record

Primo calciatore italiano a vincere la classifica marcatori in Serie A con due maglie diverse (Fiorentina ed Hellas Verona), secondo in assoluto dopo Zlatan Ibrahimović, Toni è il giocatore più pagato nella storia del Brescia. È il miglior bomber in A del Verona, il miglior cannoniere in una singola stagione del Palermo e della Fiorentina. È il più anziano ad aver segnato in A con la maglia della Viola, proprio ai rosanero, il 12 maggio del 2013. Tre anni dopo, a Udine, pareggia il gol di un altro bomber classe '77, di identica longevità e di opposta struttura, Totò Di Natale. Christodoulopoulos lo serve in mezzo all’area: Toni protegge, si gira verso sinistra e fa partire un mancino imprendibile per Karnezis. «300 gol, menga poc», 300 gol, mica pochi, si legge sulla maglietta celebrativa immediatamente portata in campo. Mica pochi per quello spilungone che nel 1998 a Fiorenzuola, dopo aver segnato solo due gol in 26 partite, è a un passo dal dire basta. Per fortuna, cambia idea, si concentra sul piacere di giocare e non relega il calcio a passatempo fra amici.

In A grazie al Vicenza

Di proprietà dell'Empoli, esplode alla Lodigiani con il tecnico Guido Attardi (15 gol in 31 partite in Serie C1), poi al Treviso in B nell'annata 1999-2000. Quindici reti nel Treviso, si legge in un ritratto sulla Gazzetta dello Sport, “convincono il Vicenza a prenderlo nell’estate 2000. L’esordio in A arriva nel tempio di San Siro, contro il Milan. In quell’anno Toni segna 9 reti e convince un santone come sir Alex Ferguson a presentarsi in tribuna per vedere se il ragazzo è “da Manchester”. La cosa non si fa, Toni deve accontentarsi di un’altra squadra, il Brescia, e di un altro santone, sir Carlo Mazzone”. È il Brescia di Guardiola, Giunti e Bachini. È soprattutto il Brescia di Roberto Baggio.

Il Brescia e l'incontro con Baggio

“Quando Roby si allenava, dava sempre tutto. Sembrava sempre un ragazzino, ed io lo invidiavo. In quel periodo faceva da chioccia a molti di noi. Diceva sempre, per ogni problema o consiglio, io sono qui… All’epoca ero giovane, ed a volte capitava che mi alzavo dal letto con zero voglia di allenarmi. Capitò un periodo in cui fallivo molte occasioni da goal. La porta non la vedevo proprio. Un giorno Roby, in allenamento, mi vide giù di morale, si avvicinò a me e disse: Luca, nel calcio capitano quei momenti, non ti abbattere, se posso darti un consiglio, quando sei davanti alla porta, prima di tirare, con l’occhio guarda per un secondo il portiere, in quel momento capisci che intenzioni ha”.

Capocannoniere a 28 anni

Toni si toglie di dosso gli equivoci degli esordi, al primo anno è già capocannoniere stagionale con 14 gol. L’anno successivo è un calvario, ma forse proprio allora Toni diventa un campione. Si stira il legamento collaterale del ginocchio sinistro in precampionato, accelera i tempi per rientrare e puntuale arriva una ricaduta. Due reti appena, ma il Palermo decide di puntare su di lui: ben sei milioni di euro per far dimenticare Pippo Maniero, autore di 13 reti, e tornare in A dopo lustri. Toni diventa l’eroe della promozione: segna 30 reti in 45 partite. Arrivato in serie A a 23 anni, ripartito a 26 in B, diventa re dei bomber a quasi 28.

Sottovalutato eppure prezioso, attaccante la cui astuzia viene meno riconosciuta della potenza e dell'energia fisica, nell’estate del 2005 lascia Palermo tra le polemiche, accusato di tradimento da Zamparini e dai tifosi. Pagato solo 10 milioni, è uno dei primissimi colpi di Pantaleo Corvino da ds della Fiorentina.

Il 2006, stagione da incorniciare

Il 2006 è l’anno di Toni, la stagione dell’accoppiata Scarpa d’Oro – Mondiale. Nell’Italia di Lippi è naturalmente in discussione e in perenne ballottaggio con Gilardino per il ruolo di centravanti titolare. Toni fa un gran lavoro oscuro in Germania, e contro l'Ucraina segna i suoi primi due gol in Coppa del Mondo. Prima firma il provvisorio 2-0 di testa sul cross di Totti, poi spalanca a un'Italia spigliata le porte della semifinale: gran numero di Zambrotta, che scappa sulla fascia sinistra, salta due uomini e mette alla in area dove Toni deve solo appoggiare in rete. In Germania tornerà due anni dopo, nel momento più alto della carriera.

Il Bayern, l'apice di un sogno

“Se escludiamo il mondiale, il momento più bello della mia carriera è la Bundesliga vinta col Bayern nel 2008”, ha detto alla Bild. Segna 24 gol nella sua stagione migliore, il 2007-2008,mai nessun bomber straniero aveva realizzato così tante reti in Germania. Diventa “numero uno”, una hit musicale infarcita di luoghi comuni sull'italianità, i cannelloni e Berlusconi. “Il Bayern rappresenta il punto più alto della mia carriera. E Monaco è una città incredibile, è la città tedesca più italiana che ci sia. Quando ci vado mi sento sempre a casa”. Ma verrà quasi alle mani con Van Gaal. Nelle prime due stagioni, comunque, segna di più anche perché riduce il suo raggio d'azione, perché gioca da “semplice” finalizzatore, da riferimento in area per completare quanto Ribery iniziava a costruire a suon di dribbling.

Un dramma in famiglia, la gioia della rinascita

Dove le luci sono più forti, però, più forti diventano le ombre. Dopo il declino, dopo esperienze senza troppe luci alla Roma, al Genoa, e alla Juventus di Delneri, nel 2012 quello che dovrebbe essere il giorno più bello della sua vita si trasforma in una tragedia che mette alla prova la sua forza. Il primogenito Mattia nasce morto. Con la compagna, Marta Cecchetto, “ci guardavano tutti senza avere il coraggio di parlare – ha detto alla Gazzetta dello Sport –, quegli occhi me li ricorderò finché campo. È stato un terremoto dentro molto più forte di quello che ci aveva fatto spostare la sede del parto da Modena a Torino”. è Marta a dargli la forza di rialzarsi: “Quello che mi ha insegnato nei giorni successivi non ha prezzo. Se non fossimo così uguali nel detestare il piangersi addosso, se ci fossimo buttati giù, forse Bianca e Leonardo non sarebbero mai arrivati”.

Una gioia che diventa una seconda giovinezza. La redditizia tappa per svernare negli Emirati non lo soddisfa. A 37 anni arriva a Verona e vive una seconda giovinezza che fa rivivere gli anni di Vicenza e Brescia. Segna 51 gol in 100 partite, rinsalda l'amicizia con Pazzini, una delle tre più forti che ha guadagnato nel mondo del calcio insieme a quelle con Dario Dainelli e Franck Ribéry. Lascia con 324 reti segnate, con tanti ricordi e nessun rimpianto. Lascia con una sola certezza: “Non farò l’allenatore: si invecchia troppo in fretta”.

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