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Lavagna tattica: le cinque chiavi del successo del Napoli di Sarri

La maturità di Hamsik e l’esplosione di Mertens. L’evoluzione di Insigne. Le nuove sfide in difesa, per l’assenza di Koulibaly, e in attacco con l’arrivo di Pavoletti. Le reinvenzioni di Sarri e il sogno europeo. L’identità del Napoli che vuole arrivare pronto alla prova Real Madrid di febbraio.
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Ha perso Higuain e Milik. Ha reinventato due volte la squadra. Eppure Sarri ha chiuso il 2016 con il miglior attacco del campionato e un sogno europeo chiamato Real Madrid. Un orizzonte di gloria per un Napoli che ha cambiato pelle ma non si è mai snaturato.

Hamsik vero leader del centrocampo

Sarri riporta Hamsik mezzala sinistra e lo mette al centro del progetto. Il capitano crea e finalizza, prevede i tempi della manovra, la plasma, ne adatta forme e geometrie. Esalta la visione tecnica a ritmo più basso di Jorginho e il dinamismo di Diawara, si combina con la corsa più libera di Zielinski o Allan: il flusso del gioco azzurro si muove al respiro di Marekiaro. Di fatto negli anni il suo rendimento nei distretti chiave non è cambiato negli anni, a dispetto delle variazioni tattiche, degli equilibri e delle posizioni sempre mutevoli: è passato dai 2,74 passaggi chiave per 90 minuti con Mazzarri nel 2012/2013 ai 2,48 nel biennio Benítez, con un leggero aumento l'anno scorso (2,5, 0,3 più di quelli offerti nella prima parte di questa stagione). Rispetto alla gestione dello spagnolo, ha arretrato il suo raggio d'azione, ma non ha perso la centralità in fase di finalizzazione: quest'anno, infatti, tira ancora 2,4 volte a partita come nel 2012-13, il suo anno migliore segnato da 25 tra gol e assist nella gestione Mazzarri. Allora contribuiva a una rete ogni 131,28 minuti, quest'anno finora a una ogni 108′.

L'esplosione di Mertens

Dicembre è il mese di Dries Mertens, capace in appena due partite consecutive di segnare 7 gol, come non succedeva dal 1955 (l'ultimo fu Nordahl) con 16 tiri. È il primo giocatore dal poker di Berardi al Sassuolo del 2014 a firmare 4 reti in 90′ in Serie A. Nessun giocatore del Napoli ci era mai più riuscito dal 18 dicembre 1977, dalla quaterna di Beppe Savoldi al Foggia. Il Napoli chiuse al sesto posto quel torneo, il primo del triennio programmato con Gianni Di Marzio, esonerato però l'anno dopo alla terza giornata. Prima di Savoldi, solo in tre avevano segnato più di quattro reti in campionato nella stessa partita con la maglia del Napoli: da record la cinquina di Sallustro, il primo grande divo del calcio napoletano, alla Reggiana nel 1929, memorabili le quaterne di Jeppson (il "Banco di Napoli" famoso anche per il flirt da copertina con Silvana Lazzarino) nel 6-3 all'Atalanta del '53, e di Vinicio nel 4-1 al Palermo del '57.

Il belga ha firmato la quarta tripletta più veloce della Serie A dopo Valentino Mazzola )in 2 minuti contro il Vicenza) nel 1947, Pietro Anastasi contro la Lazio nel 1975 e Marco van Basten contro l’Atalanta nel 1992., marchio di un attaccante che come il Napoli ha saputo ricrearsi più volte. Benitez lo impiegava come ala pura nel suo 4-2-3-1, con una vocazione alla finalizzazione quasi da seconda punta (solo 22.4 passaggi di media a partita, ma una stagione da 5 assist, 1.6 passaggi chiave e 2.6 tiri a partita). L'anno scorso ha tirato meno (1.9 conclusioni di media), e a parità di passaggi e di occasioni create, servito più assist: è il risultato di una ricerca ancora più insistita della verticalizzazione, in un Napoli che estremizza la ricerca della porta attraverso l'azione manovrata palla a terra. Quest'anno i 3.8 tiri a partita e gli 1.5 dribbling confermano una ricerca della presenza in area evidenziata ancor di più in campionato che in Champions, a parità di palloni toccati (21,2 di media) e ne fanno il miglior simbolo di questo Napoli che guarda all'Europa.

Insigne e il controllo delle fasce

E' sulle fasce che il Napoli costruisce le fondamenta di un gioco che rende gli azzurri la squadra che fa girare di più il pallone (629 passaggi di media a partita, oltre 100 più della Fiorentina seconda) e tira di più in Serie A. Una squadra che attacca soprattutto da sinistra (nel 39% delle occasioni) anche grazie della più matura lettura delle situazioni di gioco di Insigne. Sarri vuole che il Napoli attacchi con una serie di tocchi nello stretto, che faccia correre il pallone, così soprattutto contro difese chiuse Insigne ha via via rinunciato alla sua vocazione al dribbling in velocità. Ha accentrato il suo raggio d'azione, diventa una sorta di trequartista che intuisce la centralità nell'occupazione dei semi-spazi e, come dimostra l'assist allo Juventus Stadium, interagisce con un'attaccante più classico come Callejon, maestro nell'anticipare la visione degli spazi senza palla. Certo, rispetto all'anno scorso, quando poteva sfruttare gli spazi aperti da Higuain, ha dovuto arretrare la sua posizione di partenza. Non a caso, è il secondo giocatore dopo Ilicic che in campionato tenta più conclusioni da fuori area (2.2 a partita). Ma è negli interscambi con Hamsik che si delinea il suo valore tattico, nella capacità di consolidare il possesso e interagire con le sovrapposizioni di Ghoulam, che però mancherà almeno un mese per la Coppa d'Africa.

Un mese senza Ghoulam e Koulibaly

Mancherà soprattutto il perno della difesa azzurra, Kalidou Koulibaly, che Sarri ha trasformato in uno dei migliori nel suo ruolo in Serie A. “Quando sono arrivato al Napoli avevo solo ventidue anni e ho subito dimostrato di avere un’ottima forma fisica” ha detto in una recente intervista a So Foot. “Sarri è un maniaco della tattica. Con lui sono migliorato tanto, soprattutto attraverso i suoi metodi di lavoro per la difesa. Organizza sessioni di allenamento esclusive solo per noi difensori e ciò ci permette di progredire. Senza il senegalese, il Napoli nelle ultime giornate ha incassato 6 gol in 2 partite dopo averne presi solo 15 in 16. Albiol, alle prese con qualche problema fisico, fatica a cionfermarsi sui livelli dell'anno scorso e al Franchi ha ballato non poco in coppia con Maksimovic. Lo spagnolo è il regista arretrato del Napoli, una tipologia di difensore cruciale nella fase di costruzione della manovra che si ritrova, nlla rosa attuale, solo in Chiriches. Per sostituire il franco-senegalese, Sarri ha di fatto due strade: riproporre Maksimovic, che ha ballato parecchio al Franchi, ma senza compiti di impostazione, o presentare finalmente in campo Tonelli che non ha ancora mai giocato. Un'altra reinvenzione, dunque, all'orizzonte di Sarri.

Cosa cambierà con Pavoletti

E non è l'unica. Perché davanti il tecnico è chiamato a gestire l'ultimo arrivato, Pavoletti. L'ex Genoa, livornese che anche per appartenenza si modella su Lucarelli, protegge palla (è l'attaccante che l'anno scorso ha vinto più duelli aerei) e attacca il primo palo, lavora per la squadra e offre alternative tattiche preziose negli ultimi venti metri. Con lui il Napoli può tornare a sfruttare i cross e non affidarsi solo alle intuizioni di Mertens e ai tagli di Callejon. Pavoletti può di sicuro offrire un punto di riferimento più stabile a centro area di Gabbiadini e Mertens. È un attaccante che di sicuro può costringere le difese avversarie ad arretrare, può aprire spazi fra le linee anche se rispetto al belga e al bergamasco è meno a suo agio nelle giocate complesse. Un limite non proprio secondario in una squadra che chiede anche al suo numero 9 un elevato coinvolgimento nel gioco. Ma, d'altra parte, può inserirsi anche nelle geometrie sofisticate di un Napoli che si apra a soluzioni offensive differenti.

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