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La sfida di Buffon: “Vincere la Champions e arrivare al Mondiale”

Il portiere dei record (in Italia è suo il nuovo primato d’imbattibilità) parla del suo futuro: “Fare l’allenatore? Non fa per me, mi vedo in un ruolo dirigenziale”.
A cura di Maurizio De Santis
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Gigi Buffon, portiere della Juventus e della Nazionale azzurra
Gigi Buffon, portiere della Juventus e della Nazionale azzurra

Nel momento peggiore della stagione le parole di Buffon fecero da spartiacque nella stagione della ‘vecchia signora': la squadra nervosa, timorosa e sconfitta dal Sassuolo da una parte; la necessità di giocare da Juventus e interrompere quell'andazzo definito "vergognoso", tirando fuori gli attributi e mettendo da parte "alibi da perdenti". Da allora i bianconeri hanno ingranato le marce alte e nessuno è riuscito più a fermarli fino a conquistare il quinto scudetto consecutivo (il secondo dell'era Allegri, non succedeva dagli Anni Trenta), a tenere nel mirino la Coppa Italia, a festeggiare anche il record d'imbattibilità del portiere che ha scalzato Sebastiano Rossi dalla classifica di tutti i tempi in Italia.

Resta un solo rammarico: l'eliminazione rocambolesca nei quarti di finale contro il Bayern Monaco, sfuggita sul più bello e sul filo del rasoio, sfuggita per quella disattenzione arbitrale che ha visto Morata in fuorigioco e annullato un gol che invece era regolare. Buffon e la Juve proveranno a cancellare l'amarezza nella prossima edizione della Coppa, vincerla è la sfida/obiettivo per il futuro.

Due anni ancora tra i pali, il tempo di partecipare anche al prossimo Mondiale (Russia 2018), poi Super Gigi potrà anche appendere i guanti al chiodo. "Il tempo di ricevere determinati premi individuali è passato – ha ammesso nell'intervista al Tg1, Buffon -. Adesso penso al bene del mio club. L’assalto alla Champions League continua. Rimangono due anni per me, quindi due possibilità. Visto che non ho tantissime chance, dovremo cercare di ridurre al minimo i rimpianti".

Cosa farà Buffon al termine della carriera? Le idee sono già chiare: "Vedo più un ruolo dirigenziale che tecnico – ha concluso -. La mente e il lavoro dell’allenatore è molto stressante. Vengo da vent’anni di professionismo e credo che il meglio per me sia la seconda strada".

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