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La Serie A è pronta al fair play finanziario?

I conti della Serie A nel triennio 2012-2015 sono in rosso. L’anno scorso, fallimento del Parma a parte, il calcio italiano ha chiuso con 365 milioni di passivo. Crescono i costi per gli stipendi. Inter, Milan, Fiorentina, Roma, Sampdoria e Genoa a rischio se il fair play finanziario fosse introdotto ora e non nel 2018.
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La Serie A è pronta al fair play finanziario all'italiana? A giudicare dai dati dei bilanci per la stagione 2014-15, la strada da fare è ancora molto lunga. Nella scorsa stagione, fallimento del Parma a parte, il calcio italiano ha chiuso in rosso per 365 milioni, con un indebitamento al netto dei crediti di 1,7 miliardi, costi saliti a 2,4 miliardi e ricavi stabili a 1,84 miliardi. In Serie A, 12 società su 19 hanno chiuso l’ultimo bilancio in rosso. Per questo la Federazione, preoccupata per i forti squilibri, ha imposto dal 2018-19 imporrà il pareggio di bilancio. A  differenza del Fair play finanziario Uefa che fa riferimento a una cifra assoluta di perdita ammissibile (ora 30 milioni), la Figc tollera una “deviazione”, un rosso, pari al 25% della media del fatturato del bilancio degli ultimi tre anni. Per questo abbiamo provato a vedere come sono andati i conti nel triennio 2012-15, per provare a capire come potrà andare dal 2018, considerando le 14 squadre che sono rimaste in A per tutto il periodo considerato.

Risultato netto – Di queste, solo il Chievo ha mantenuto un risultato netto in attivo in tutti i tre bilanci di esercizio. Inter, Milan, Roma e Sampdoria, al contrario, hanno fatto sempre segnare un dato in passivo. E sono proprio le due milanesi e la Roma ad avere i conti peggiori del 2015 e a meritare qualche ulteriore considerazione, alla luce anche della situazione attuale e delle stime per il futuro.

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Inter – Sui bilanci nerazzurri pesano i 230 milioni di euro di prestito forniti dalla Goldman Sachs, da restituire fino alla maxi rata finale da 184 milioni prevista per il 2019, e la scelta di contabilizzare costi non ricorrenti quest'anno per non rischiare di incorrere in ulteriori violazioni del fair play finanziario Uefa. Tuttavia per quest'anno l'accordo con Infront, che prevede un contributo in crescita a 19 milioni (saranno 25 nel 2017) compenserà la diminuzione degli introiti commerciali con Nike e Pirelli (per lo shirt sponsor si parla di 10 milioni annui più bonus per 5 anni). La fetta più importante dei ricavi, però, arriverà sempre dai diritti tv, che secondo la stima di Repubblica dovrebbero passare da 71,6 a 83,7 milioni.

Milan – Il Milan, con mister Bee sempre più sullo sfondo, invece, arriva da un 2014 che ha fatto segnare il rosso peggiore della storia recente, con perdite per 91,28 milioni: sono 361 i milioni bruciati fra il 2005 e il 2014. Le due milanesi, se i conti non dovessero migliorare, sarebbero in grossa difficoltà anche per il rispetto del fair play finanziario italiano. Le perdite, infatti, superano abbondantemente la soglia del 25% della media dei fatturati delle tre stagioni precedenti (tabella 2). A rischio anche la Roma, la Fiorentina e le due genovesi.

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Roma – La Roma, che ha chiuso il 2015 con un rosso superiore ai 41 milioni (che rappresenta il 28,8% della media dei fatturati del triennio), ha chiuso la semestrale al 31 dicembre 2015 con un risultato ancora negativo per 3,4 milioni di euro. La partecipazione alla Champions League ha fruttato 48,4 milioni, e anche grazie a plusvalenze da cessioni per 28,9 milioni, la società prevede “un significativo miglioramento rispetto a quanto registrato al 30 giugno 2015”. Resta alto, però, l'indebitamento finanziario, che rimane a 126,8 milioni rispetto ai 129,9 di fine 2014.

Fiorentina – Rispetto ai 37 milioni del 2014, la Fiorentina ha chiuso il bilancio 2015 in negativo sì, ma per 16 milioni e con un fatturato cresciuto a 130 milioni, in gran parte grazie alla plusvalenza per la cessione di Cuadrado (+20 milioni). Una situazione, quella attuale, che alleggerirebbe la posizione dei viola se il fair play finanziario dovesse entrare in vigore l'anno prossimo e non dal 2018. Di pari passo, però, sono andati anche i costi, che nel 2015 sono ammontati a 144 milioni. La perdita di esercizio, quindi, risulta di 14 milioni per il consolidato di una squadra ancora senza main sponsor e con una presidenza che ha immesso altri 19 milioni di liquidità portando a 250 i milioni versati in 13 anni di gestione. Comunque, rassicura il dg Rogg, in caso di qualificazione in Champions o Europa League l'anno prossimo di rispettare comunque i parametri del FFP.

Genoa e Samp – Chi rischierebbe parecchio sono le due genovesi. Il Genoa ha chiuso con 26,1 milioni di perdite (praticamente il 50% della media del fatturato del triennio), interamente coperto dalla proprietà, che ha azzerato anche i 38 milioni di debito con l'estero causa della mancata concessione della licenza Uefa. Difficile anche la situazione della Sampdoria fino al 31 dicembre 2014. Nell'ultimo anno, però, la Samp ha ridotto le perdite a 1,3 milioni grazie all’incremento del fatturato passato, si legge nella relazione che accompagna il bilancio, “da circa 59 milioni a circa 85 milioni grazie all’aumento dei proventi dei diritti televisivi e ad un miglioramento della gestione delle attività commerciali e di marketing. A ciò si aggiunge il buon piazzamento della squadra al termine della stagione sportiva 2014/15”. Il bilancio include un provento straordinario di circa 8 milioni di euro, versato dalla precedente proprietà nel mese di aprile 2015 nel rispetto degli accordi assunti. “In conclusione”, si legge ancora nel comunicato del club, «il Consiglio esprime la sua profonda soddisfazione per il risultato raggiunto, che costituisce il primo passo verso gli obiettivi fissati dalla normativa in tema di fair play finanziario. Le iniziative poste in essere nell’esercizio e i risultati conseguiti inducono a guardare con ottimismo alle prossime sfide, rappresentate dalla necessità di conciliare le regole imposte dalla normativa in tema di fair play finanziario con i risultati sportivi”.

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Stipendi alti – Il rapporto tra i costi operativi e il fatturato netto delle squadre rimaste in A tra il 2012 e il 2015 evidenza quanto sia difficile mantenere i conti in ordine e rimanere nell'elite calcistica: fanno eccezione la Juventus, spinta dallo stadio di proprietà e dalla qualificazione alla finale di Champions, e il Napoli, che ha chiuso otto bilanci in attivo fino al 2014 e accumulato un tesoretto in grado di controbilanciare il rosso del 2015 e garantire una certa sicurezza economica, a patto di rimanere in Europa. Ma i problemi del nostro campionato rimangono. Le rose, nonostante le nuove normative, costano troppo (439 milioni totali, +15,2 rispetto all'anno scorso), si va dai 62,2 milioni della Juventus ai 4,1 del Frosinone. Dietro i bianconeri si piazzano Roma (56,6 mln; media 2,1 mln a calciatore), Milan (50,4 mln; media 1,8 mln a calciatore) e Inter (47,5 mln; media 1,7 mln a calciatore). Con qualche eccezione (Sassuolo e Udinese su tutte), le squadre di dimensioni medie e piccole stanno effettivamente conducendo una politica di risparmio (basti vedere che in buona parte i valori della stagione 2015/16 sono in riduzione rispetto alla media degli anni precedenti), mentre Napoli (+38,9%), Roma (+28,7%) e Juventus (+20,4%) fanno impennare i costi totali.

Dipendenza dalla tv – Dall'altra, rimane la questione legata alla dipendenza dai diritti tv. Il nuovo accordo, approvato nelle scorse settimane in Lega, prevede un paracadute per le retrocesse aumentato a 60 milioni e nuovi criteri per spartire i 117 milioni di ricavi incrementali rispetto al vecchio accordo. Dopo aver suddiviso 809 milioni sulla base dei parametri stabiliti dal decreto Melandri, infatti, i 117 in più saranno così spartiti: il 40% (47 milioni) in parti uguali,il 60% “alle prime dieci escluso il milione a testa che andrà dall’undicesima alla diciassettesima classificata. Chi terminerà la stagione nella parte sinistra della graduatoria si spartirà 63 milioni: le prime tre riceveranno a testa un premio di una decina di milioni” si legge su Repubblica. In questo modo, secondo le stime, la Juventus dovrebbe staccare tutti con 109 milioni, cinque volte di più delle squadre che guadagnano meno, Carpi e Frosinone (poco più di 22 milioni). Per 9 società, dai quasi 37 milioni della Sampdoria ai poco più di 33 dell'Atalanta, dovrebbe cambiare poco. Per la Serie A, nel complesso, cambia poco o nulla.

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