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L’ultima corsa di Aldo Maldera, icona inconfondibile di un calcio che non c’è più

Purtroppo il calcio piange ancora uno dei suoi eroi. La scomparsa di Aldo Maldera, ha lasciato un vuoto incolmabile in tutti quei tifosi che, a cavallo tra gli anni settanta e ottanta, hanno gioito per le vittorie rossonere e giallorosse.
A cura di Alberto Pucci
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Aldo Maldera

Indelebile – Quando sei poco più che un ragazzino, e ti portano allo stadio, fai in fretta ad innamorarti di tutto. Dagli spalti colorati e pieni di bandiere, fino a quel campo così verde (almeno, molti anni fa) da sembrare fluorescente. A quel tempo, poi, non c'erano anelli e coperture che toglievano ossigeno al manto erboso, così come non c'erano anticipi e posticipi. Tutti in campo nel pomeriggio e, se ti diceva bene e c'era il sole, le maglie dei giocatori risaltavano quanto e forse più del campo, rendendo ancora più spettacolare e colorata la partita che ti apprestavi a guardare. Avevo dei riferimenti ben precisi, quando guardavo giù dai "Popolari" e cercavo di riconoscere i giocatori. Aldo Maldera, scomparso ieri all'età di 58 anni, era uno di questi. Uno dei pochi con cui avevo (virtualmente) simpatizzato subito e che riuscivo a riconoscere in un batter d'occhio. Più di Gianni Rivera (campione troppo snob per i miei gusti), meno di Franco Baresi (inavvicinabile), come e forse più di molti altri protagonisti di quell'epoca: Maldera era un idolo per la mia generazione, uno di quei giocatori che amavamo veder giocare. In quel Milan (quello di Liedholm e dello scudetto della Stella, per intenderci), il buon Aldo "ci stava", eccome. E faceva anche la sua bella figura accanto ai piedi raffinati del capitano di quell'epoca. Quelli che hanno superato gli "anta", se lo ricordano bene. I più giovani, probabilmente, ignorano non solo le sue 227 presenze e 30 reti nel Milan (9 realizzate nell'anno scudettato, decisive per il tricolore), le 100 scarse tra Roma (anche li, uno scudetto con il "Barone") e Fiorentina e le poche apparizioni in azzurro, ma anche i suoi baffoni inconfondibili che, allora, erano un tratto indelebile  (insieme ai suoi mitici tackle in scivolata) del terzino rossonero.

Aldo Maldera

Facce da figurine – Le foto dell'epoca, riviste oggi, fanno sorridere e toccano ancora il cuore di chi si è avvicinato al calcio (e agli stadi) in quel periodo. Maldera III, chiamato così perchè era il terzo di tre fratelli tutti calciatori e tutti milanisti, bucava non solo la porta ma anche, e soprattutto, lo schermo. Non potevi non notarlo. Era il gregario che, umilmente, si metteva al servizio della squadra. Colui che quando passava sua maestà Gianni Rivera, abbassava lo sguardo per l'imbarazzo. Troppo umile e timido con tutti, al punto che, un giorno, il "Golden Boy" rossonero gli disse: "Puoi smetterla di darmi del lei?". A Milano con Rivera, nella Capitale con Bruno Conti, Falcao, Di Bartolomei ed un giovanissimo Carlo Ancelotti. Altro giro, altro scudetto: sempre e solo con il maestro Nils Liedholm. Ma prima di vincere anche con la maglia giallorossa, trovò il coraggio di scendere in Serie B con il Milan, nell'anno delle scommesse, risalire in A e vincere la Mitropa Cup, la coppa della vergogna che, un tempo, veniva giocata dalle squadre vincitrici del torneo cadetto. Vinse quella e, paradossalmente, perse quella più importante e prestigiosa. Avrebbe dovuto esserci anche lui, infatti, in quel 30 Maggio 1984, quando Graziani sparò in curva le ultime speranze giallorosse di conquistare la Coppa dei Campioni, contro i "reds" di Liverpool. Maldera, dopo aver contribuito a conquistare la finale, finì la sua avventura europea in tribuna, squalificato a causa di una stupida ammonizione rimediata in semifinale.

Aldo Maldera

Il saluto finale – A poche ore dalla triste notizia, tutto il mondo del calcio si è chiuso nel dolore e nel ricordo di Maldera. A Milano, con la squadra rossonera negli States, lo ha ricordato il sito ufficiale del Milan: "Buon viaggio grande terzino, tutto il tuo Milan ti ricorderà sempre". Un abbraccio che è partito da Via Turati e che è arrivato, idealmente, in America dove la notizia ha sconvolto anche Andrea Maldera, figlio di Gino e nipote di Aldo, attuale assistente tecnico rossonero. Nella Capitale, lo avevano amato in molti: in primis, i suoi compagni di squadra.

“ La notizia ci ha sconvolti! ”
Franco Baldini
Bruno Conti, affranto, ha preferito non rilasciare al momento dichiarazioni e si è chiuso nel silenzio, mentre Totti lo ha ricordato attraverso il suo sito: "Era uno dei grandi giallorossi che hanno vinto lo Scudetto nella stagione 82-83 e anche per questo è rimasto nel cuore di tutti a Roma. Ma era soprattutto una gran persona, forte e paziente allo stesso tempo: io lo ricordo perfettamente perchè è stato il mio allenatore nelle giovanili". Nelle poche interviste che rilasciava, Aldo Maldera amava ricordare i suoi sogni da giovane apprendista terzino e ripeteva spesso: "Sognavo di diventare calciatore. Sognavo di entrare a San Siro". Un desiderio che si è trasformato in realtà, uno stadio che, ora, lo terrà sempre con sè, dentro a quella "pancia" sfigurata dal restyling del 1990 e da quel maledetto terzo anello. Niente più "Distinti" e "Popolari", solo insulse poltroncine colorate. Niente più giocatori come Maldera, ma giovani "pippe" prese da campionati esteri assolutamente inadatte a calcare il manto erboso della "Scala del calcio" milanese. E' proprio vero: si stava meglio, quando (in teoria) si stava peggio!

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