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L’arbitro Rizzoli: “Dopo il vaffa di Totti pensai di smettere”

Il fischietto emiliano si racconta in un libro, e rivela: “Quando giocavo, molto spesso litigavo con i direttori di gara”
A cura di Giuseppe Cozzolino
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"Che gusto c'è a fare l'arbitro": questo il titolo del libro pubblicato dall'arbitro Nicola Rizzoli, che ha raccontato aneddoti e storie delle sue conduzioni in Serie A. Modenese di Mirandola, classe 1971, Rizzoli è stato anche il terzo arbitro italiano a dirigere una finale mondiale, dopo Sergio Gonella (che diresse Argentina-Olanda nel 1978) e Pierluigi Collina (a cui toccò Brasile-Germania del 2002). In Serie A 2002, Nicola Rizzoli ha vinto lo scorso anno il titolo di Miglior arbitro dell'anno per la IFFHS. Insomma, uno dei "pezzi grossi" della classe arbitrale italiana, sempre contestatissima dai tifosi del Belpaese.

"Fortunatamente", ha spiegato Rizzoli intervistato da Sky Sport24, "a 43 anni sto ancora bene fisicamente e sono ancora in grado di dirigere al meglio le gare. Non sono io che posso dire se sono il migliore arbitro del mondo, spetta agli altri giudicarmi. Molte persone che criticano gli arbitri non hanno mai fatto questo lavoro e non si sono mai trovati a dover prendere delle decisioni molto difficili: nel mio libro ho voluto ribadire questo concetto", ha aggiunto ancora l'arbitro modenese. Rizzoli ha anche raccontato l'ormai famoso episodio del "vaffa" di Francesco Totti in Udinese-Roma del 13 aprile 2008: era successo infatti che il fischietto emiliano "ostacolasse" involontariamente il capitano giallorosso al momento del tiro, beccandosi un insulto del numero 10 romanista (multato poi per mille euro, oltre ad essere ammonito nella gara stessa).

"Mi trovavo in una posizione sbagliata", ha spiegato Rizzoli, "ma fui portato ad essere lì da come si stavano muovendo gli attaccanti giallorossi. Ammonii il capitano della Roma sbagliando, e per questo fui molto criticato nei giorni successivi. Pensai perfino di smettere", rivela, "ma poi tornai sui miei passi, grazie anche all'aiuto di alcuni amici e colleghi". Che rivela anche un curioso retroscena di quando giocava a calcio: "Ho deciso a 16 anni, quasi per caso. Non so perché ho fatto questa scelta, me la cavavo bene anche da calciatore e molto spesso litigavo con i direttori di gara".

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