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Inchiesta sui presunti rapporti 'ndrangheta - Juve

Juve e ‘ndrangheta, parla Agnelli: “Il ricatto dei capi ultrà, noi vittime degli eventi”

La società bianconera, si legge in una nota difensiva di oltre 30 pagine, era soggetta a rapporti ‘forzati’ con determinati tifosi di “difficile gestione” per poter garantire l’ordine pubblico (dalla questione biglietti fino all’introduzione degli striscioni). Il numero uno della Juve, poi attacca: “Verso di noi ansia accusatoria, perché alcune intercettazioni non sono state messe agli atti?”
A cura di Alessio Pediglieri
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Ancora bufera attorno ai presunti rapporti tra la Juventus e ultrà legati alla malavita organizzata. Ma questa volta è il presidente Andrea Agnelli a prendere la parola, anzi a scrivere oltre 30 pagine di memorie difensive insieme ai propri avvocati in cui confuta ogni accusa, ribaltando la situazione poiché la Juventus non è mai stata artefice, bensì vittima di rapporti con persone che erano "di difficile gestione". Una memoria che mette a nudo il difficile rapporto tra la società e il tifo organizzato ma sempre con lo scopo di preservare la tranquillità e l'ordine pubblico e costantemente in accordo e contatto con le forze dell'ordine.

Le accuse di connivenza – Andrea Agnelli non ci sta: né lui né la Juventus possono essere accusati di collusione con cosche mafiose o simili. E' vero, la società è da sempre in contatto con i capi ultrà che gestiscono i flussi in curva e con cui il club deve contrattare di domenica in domenica, dalla gestione del tifo, dei cori, degli striscioni, dei biglietti. Dovendo subire, più che organizzare, una serie di richieste da parte di alcune frange di tifosi, con il fine di salvaguardare la tranquillità collettiva.

Da carnefici a vittime – L'accusa è nota e circoscritta: il presidente e il club bianconero avrebbero assecondato le richieste di biglietti emettendoli in numero superiore per interessi economici. "Gestendo" quindi il rapporto con persone criminali in modo cosciente e volto alla condivisione di interessi illeciti. Un'accusa che Agnelli ribalta totalmente: "Le concessioni sono il frutto della necessità di mantenere un ordine pubblico che è sempre stato gestito in collaborazione con le forze dell’ordine. Per evidenti politiche di gestione dell’ordine pubblico, è stata la Juventus a doversi occupare all’interno dello stadio della sicurezza, con la necessità quindi di doversi confrontare costantemente con soggetti problematici di difficile gestione"

Il rifiuto al compromesso – In aiuto alla propria memoria difensiva, Agnelli fa anche riferimento ad alcune intercettazioni che sono state omesse dalla pubblica accusa. In particolare, alcune dichiarazioni dello stesso presidente che si oppone a determinate richieste considerate illegittime. E davanti al disappunto degli ultrà che le pretendevano il rifiuto della società venica così spiegato dallo stesso Agnelli: "È così perché noi siamo la generazione di mezzo tra il vecchio marcio e il nuovo che vuole andare avanti per meriti…". Una intercettazione che però, accusa il presidente, non è stata mai messa agli atti.

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