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Javier Zanetti, una vita da “Capitano”. E Thohir ritira la numero 4: “Per sempre tua”

Il vice presidente dell’Inter è uno dei simboli del calcio mondiale a cavallo tra i due secoli e il suo addio ha commosso l’intera comunità pallonara. Lavoro, sudore e tanta passione. Thohir lo incorona: “Ora sei un nostro dirigente, insieme ne alzeremo ancora altre di coppe, ne sono certo. Sono sicuro che i trofei saranno ancora qui con noi”.
A cura di Vito Lamorte
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La maglia numero 4 di Zanetti ritirata in segno di profondo rispetto per un'icona del calcio nerazzurro. E' lo stesso presidente Thohir a comunicare la decisione attraverso un video messaggio pubblicato sul sito ufficiale del club. "Sei un’icona dell’Inter, una leggenda del club. Una leggenda del calcio mondiale. La riconosci questa? L’hai vinta, baciata, tenuta stretta tante volte. Ora sei un nostro dirigente, insieme ne alzeremo ancora altre di coppe, ne sono certo. Sono sicuro che i trofei saranno ancora qui con noi. Ma tra i giocatori nerazzurri che andranno in campo c’è una maglia che non vedrai più indossare a nessuno, la numero 4: la tua numero 4. La 4 è per sempre tua".

Javier Zanetti in una delle sue tante interviste che ha concesso negli scorsi anni aveva scelto questa canzone come una delle sue preferite e se andiamo a fondo nella sua storia è molto probabile che lui stesso si rispecchi in queste parole. Quando Javier Adelmar ha debuttato al Talleres de Remedios de Escalada, nel 1992, di certo mai avrebbe immaginato che 23 anni dopo sarebbe diventato il quarto giocatore del mondo per il maggior numero di partite ufficiali giocate, né immaginava di poter diventare il giocatore con il maggior numero di presenze con l'Argentina. Né tantomeno protagonista di un film.

“ "Abbiamo facce che non conosciamo ce le mettete voi in faccia pian piano. E abbiamo fame di quella fame che il vostro urlo ci regalerà…" ”
Luciano Ligabue

La storia di Zanetti è un incrocio tra Argentina e Italia, tra sudore e passione. Dopo l'esperienza al Talleres, il giovane Javier passò al Banfield dove confermò le qualità di potente laterale e le sue prestazioni con il club biancoverde gli aprirono le porte della nazionale Argentina, dove ha debuttato nel 1994. Rimase dal 1993 al 1995 con "el Taladro" giocando 66 partite e realizzando 4 gol. La sua intelligenza e strapotenza fisica gli valsero l'interessamento di alcuni club europei tra cui l'Inter, che lo acquistò per 6,5 milioni di dollari. Questo fu solo l'inizio della storia affascinante che lega Javier Zanetti al club nerazzurro, una storia che ha portato il giocatore argentino a diventare un simbolo, una leggenda, un'istituzione della squadra meneghina.

Zanetti e l'Inter

Era il 13 giugno 1995. Alla terrazza Martini di fianco al Duomo di Milano venivano presentati i primi due acquisti dell'era Moratti. Gli occhi erano tutti per Sebastian Rambert, attaccante dell'Independiente, ma qualche anno dopo resterà solo un ricordo. Javier Zanetti da quel momento non ha più smesso la casacca dell'Inter e ne è diventato il giocatore più amato. Un simbolo in campo e fuori. Un leader morale. Nei suoi 19 anni con la stessa maglia ha vissuto ogni situazione, nel classico stile interista: dalla delusione più atroce alla gioia sfrenata.

Nella sua parentesi interista ha vinto 16 titoli ed è sicuramente il calciatore preferito tra i tifosi nerazzurri delle ultime generazioni. Prima di ogni partita i tifosi della squadra milanese tributavano un lungo applauso ad Javier che, dopo aver ereditato la fascia di Beppe Bergomi il 29 agosto 1999, è diventato per tutti "Il Capitano". Con il club milanese ha vinto tutto: 5 scudetti, 4 Coppa Italia, 4 Supercoppa Italiana, 1 Champions League, 1 Coppa UEFA e 1 Mondiale per club. I numeri di Javier in Italia sono impressionanti: record di presenze con l'Inter (858) e il calciatore argentino con più presenze in Serie A (606). Javier è il giocatore con più presenze nel derby di Milano con la maglia dell'Inter con 47 gare ed è il secondo nella storia della stracittadina meneghina dietro soltanto ad un altro grandissimo come Paolo Maldini (56).

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Il 28 aprile 2013 Pupi subì un grave infortunio nella partita contro il Palermo: rottura del tendine d'Achille. Recuperare da un infortunio del genere a 39 anni non è facile per nessuno e molti pensarono che la sua lunga carriera fosse finita. Con Zanetti non si è mai troppo sicuri di ciò che si dice e, difatti, il 9 novembre tornò in campo contro il Livorno. Erano passati otto mesi ma per il pubblico era sempre stato lì e la sua entrata in campo venne accolta da una standing ovation incredibile.

Il 6 maggio 2014, in un'intervista a La Nacionannunciò l'intenzione di ritirarsi al termine della stagione e il 10 maggio giocò l'ultima partita a San Siro. L'Inter vinse 4-1 contro la Lazio ma gli occhi erano tutti per lui. La sua ultima gara con la maglia nerazzurra fu a Verona.

Da Tractor a Capitano

Javier ha subito una trasformazionre considerevole negli anni in Italia. Partito da centrale di centrocampo dopo è diventato il jolly per eccellenza. All'inizio veniva chiamato "el tractor" per la sua forza e la sua capacità di resistenza poi ha comiciato ad allargare il suo raggio di influenza a tutto il campo, a gestirsi in maniera diversa e a diventare l'”uomo ovunque” dell'Inter. Sono tanti e talmente diversi tra loro i momenti che hanno scandito l'avventura di Javier in maglia nerazzura che ormai ogni tifoso della Beneamata li identifica con la reazione del numero 4.

Zanetti realizzò il suo primo gol in maglia nerazzurra il 3 dicembre del 1995 contro la Cremonese a San Siro. Un grande slalom che si concluse con la rete del vantaggio per la squadra guidata da Roy Hodgson.

Il rapporto tra l'allenatore inglese e la piazza nerazzurra non fu proprio idilliaco. Molti, ancora oggi, non gli hanno perdonato la cessione di Roberto Carlos e tra gli episodi più rilevanti della permanenza a Milano del tecnico inglese c'è quello della finale di Coppa UEFA persa nel 1997 in casa contro lo Schalke 04. A pochi minuti dalla fine dei supplementari Hodgson sostituì Zanetti con Nicola Berti per la serie dei calci di rigore. Il numero 4 nerazzurro non prese benissimo questa decisione e si scagliò platealmente contro il suo allenatore. Dopo pochi secondi dalla sfuriata Zanetti si scusò pubblicamente e la vicenda andò subito in archivio. Si tratta dell'unico episodio fuori dalle righe dell'atleta argentino in 20 anni di carriera.

L'anno dopo arrivò la rivincita per i colori nerazzurri. Nonostante la grande cavalcata in campionato non portò al tricolore, la squadra allenata da Gigi Simoni vinse la Coppa UEFA contro la Lazio in una finale tutta italiana. Zamorano, Zanetti e Ronaldo i marcatori nella notte del Parco dei Principi. Fu il primo trofeo per il giovane Javier da Buenos Aires.

Dal 1999 iniziò un periodo nerissimo per l'Inter e per Zanetti. Moltitudini di giocatori e allenatori sono passati da Appiano Gentile ma non si riuscì mai a trovare una quadratura. Nel 2001 arrivò Hector Cuper che diede un'anima alla squadra di Moratti e la portò a giocarsi lo scudetto fino all'ultima giornata. Il 5 maggio 2002 è una delle giornate più tristi per Javier e il popolo interista: il sogno era lì ad un passo e sfumò in un Olimpico strapieno.

Il Capitano nerazzurro non ha segnato tantissimo nella sua carriera ma alcuni dei suoi gol sono pesantissimi. Dopo aver visto quello della notte di Parigi c'è un'altra marcatura di Zanetti che ha pesato come un macigno per la vittoria dello scudetto del 2007/2008. La Roma era in vantaggio a San Siro grazie ad una prodezza di Totti ma all'ultimo assalto l'Inter pareggiò con il numero 4 e riuscì a tenere a distanza di sicurezza (+9) i giallorossi.

Dopo 4 scudetti consecutivi e svariati trofei alzati in Italia arrivò la gioia più grande. Il 22 maggio 2010 a Madrid l'Inter si giocò la Champions League contro il Bayern Monaco. La vittoria della “coppa delle grandi orecchie” fu il coronamento di un'annata fantastica durante la quale i nerazzurrri riuscirono a vincere anche scudetto e Coppa Italia. A 45 anni di distanza da Armando Picchi, questa volta è Zanetti a sollevare la coppa al cielo per la squadra meneghina.

Javier e la Seleccion

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Zanetti detiene il record di presenze con la maglia albiceleste: ben 145 incontri a cui vanno aggiunte 12 presenze nell'Argentina Olimpica. Javier ha preso parte a due Coppe del Mondo, in Francia nel 1998 e in Corea-Giappone nel 2002; due Confederations Cup, nel 1995 e nel 2005;cinque Copa America 1995, 1999, 2004, 2007 e 2011; i Giochi Panamericani nel 1995 e le Olimpiadi nel 1996. Le presenze di Zanetti potevano essere di più se Josè Pekerman e Diego Armando Maradona avessero portato, rispettivamente, il jolly nerazzurro ai Mondiali di Germania e in Sud Africa. La decisione di escludere Javier dalle spedizioni mondiali furono fortemente contestate. Zanetti venne interpellato in merito alla sua mancata convocazione e con la sua solita tranquillità disse: "Quando fa tutto il possibile per esserci, dimostra che può e deve esserci, allora può essere tranquillo per quello che ha fatto e per quello che ha dato. La decisione finale non è stata presa da me, non passava da me. Se dopo sono successe altre cose e non andavano nella stessa direzione, beh… Allora ripeto: preferisco rimanere come sono e aver perso due Mondiali".

Zanetti, Kopaczen e il gol miracoloso

Era il pomeriggio del 30 giugno 1998 e l'Argentina sfidava l'Inghilterra per gli ottavi di finale della Coppa del Mondo in Francia. La Seleccion Albiceleste vinse la gara ai rigori ma, al di là delle statistiche, questo incontro verrà ricordato per aver salvato la vita di una persona che si trovava a migliaia di chilometri dallo stadio.

Narek Kopaczen, un noto procuratore polacco residente della città di Szydlowiec, la Polonia, si stava preparando a salire sulla sua automobile, una Toyota Corolla, quando sentì il telecronista televisivo che raccontava la rete di Javier Zanetti, che portò la rete ai supplementari, e tornò in casa. Kopaczen all'epoca era responsabile della procura della città Skarzysko-Kamienna e stava indagando su un gruppo di truffatori che aveva ingannato centinaia di cittadini. I criminali erano a conoscenza delle indagini a tappeto e avevano minacciato il procuratore in diverse occasioni. Pochi secondi dopo il gol di Zanetti si udì un boato e uscendo Kopaczen ha trovato la sua auto in mille pezzi. Fu quello l'ennesimo attacco nei confronti del procuratore e se l'argentino non avesse segnato oggi non sarebbe vivo. Dopo diverse perizie la giustizia polacca riuscì a risalire ai colpevoli. Diversi anni dopo Zanetti venne a conoscenza della storia dall'ex calciatore Zbigniew Boniek che gli consegnò una lettera di ringraziamento scritta da Kopaczen. Un miracolo Mondiale.

Fundacion PUPI

Insieme a sua moglie, Paula, ha creato la "Fundacion PUPI" per il recupero sociale dei bambini poveri e bisognosi in Argentina. Javier ha sempre mostrato molta attenzione a queste cause sociali e, oltre alla sua ben conosciuta sportività, ha ricevuto la Medaglia d'Oro di Benemerenza Civica, popolarmente conosciuta come "Ambrogino d'Oro" che viene assegnato dal Comune di Milano. Questo premio è il riconoscimento del grande lavoro svolto da Javier e da sua moglie con la Fondazione.

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Quando si parla di calcio, di bandiere, di gente che ha lasciato un segno nella storia del calcio moderno non si può fare a meno di citare lui: Javier Zanetti. Questo calciatore argentino è sempre stato il primo della classe ma non si è mai considerato tale. Non era nel suo stile. Lavoro, sudore e tanta passione. Queste le linee guida di una carriera che si è conclusa con l'omaggio di un'intera comunità, non solo dei simpatizzanti dell'Inter.

Il Capitano, come viene ancora chiamato dai tifosi nerazzurri nonostante ora ricopra il ruolo di vicepresidente dell'Inter, è entrato in un immaginario fiabesco dove pochi sono arrivati e dal quale andrà mai più via. Il ragazzo che ha aiutato il fratello a consegnare il latte e il papà come muratore ha costruito un grattacielo grazie alla sua forza, la sua determinazione, la volontà di andare sempre avanti e affrontare qualasiasi tipo di situazione. Così, mattone dopo mattone per oltre 20 anni, è nato il mito di Javier Zanetti. La sua storia è fatta di poca fantasia e molto lavoro. Un caso da studiare. E, possibilmente, da imitare.

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