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La forza del gruppo, è un’Italia che non molla mai

L’impresa è stata raggiunta: Spagna domata e passaggio ai quarti. Ma cosa ha funzionato e cosa no nell’Italia? Tra i pro l’ottimo gioco di Florenzi e De Sciglio, tra i contro l’eccessivo fraseggio in retroguardia.
A cura di Mirko Cafaro
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Conte lo aveva detto alla vigilia della sfida con la Spagna: "Siamo qui per fare l'impresa". E impresa è stata. Iberici domati con una grande gara, passaggio ai quarti e Germania all'orizzonte per la sfida nei quarti. Merito di un'Italia, bella, cattiva e vincente. Un 2-0 che, dopo il black out con l'Irlanda, regala conferme sul piano del gioco, delle individualità e della tattica che Conte ha saputo inculcare nei suoi. Diamo un'occhiata, dunque, a quello che ha funzionato e quello che ancora ha fatto sussultare i tifosi allo stadio e davanti allo schermo.

Cosa ha funzionato

1. Atteggiamento e gioco: grande aggressività, dinamismo, idee chiare nel pressare i portatori, offrire pochi spazi, chiudere i varchi e ripartire rapidi palla al piede lanciandosi in repentini capovolgimenti di fronte (anche con i difensori centrali: si vedano discese di Chiellini e Bonucci nel primo tempo). In più di un'occasione le consuete triangolazioni e i tentativi di creare superiorità numerica da parte degli spagnoli sono stati bloccati sul nascere, sintomo di un piano partita applicato nei dettagli.

2. Movimenti degli esterni: dopo aver rappresentato il tallone d'Achille della squadra per tutto il girone di qualificazione, gli esterni italiani hanno dimostrato di aver mandato a mente i correttivi richiesti da Conte appoggiando molto di più la manovra, facendosi trovare pronti sui tentativi di cambi di gioco e nei tagli per far spostare la difesa e offrendo ghiotte occasioni per la testa di Pellè e gli inserimenti da metà campo. Menzione di merito per De Sciglio, irriconoscibile (in positivo) rispetto al giocatore che vedono quotidianamente al Milan.

3. Il gioco di Pellé: l'attaccante salentino è tornato sui livelli della gara d'esordio con il Belgio. Devastante sulle palle alte, bravo nelle sponde, abile a far salire la squadra e ad aprire il gioco. L'Italia ha ritrovato un ariete degno della scuola azzurra e il gol nel finale è il giusto premio per la sua prestazione.

Cosa no

1. Ricerca insistita del palleggio: qualche batticuore di troppo soprattutto in occasione degli eccessivi fraseggi nello stretto opposti al limite dell'area di rigore al cospetto della pressione avversaria. Persino Conte, un amante del gioco ragionato, in qualche occasione ha richiesto a gran voce di lanciarla oltre la metà campo.

2. Il cambio di De Rossi: spiegabile solo con il gran dispendio fisico richiesto al giocatore della Roma, ma in tutta sincerità non del tutto comprensibile, visto il grande impegno e i risultati ottenuti sia nella neutralizzazione di Iniesta che nel rilancio dell'azione.

3. Le occasioni non colte: De Gea è stato bravo in più di una situazione a neutralizzare i tentativi dei vari Pellé, Giaccherini e Insigne, ma talvolta la sensazione è che sia mancata un po' di freddezza utile a chiudere i conti anzitempo.

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