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Inter, Thohir e Moratti: dal fidanzamento alla separazione in meno di un anno

Dopo l’addio di Moratti, il popolo interista s’interroga sul futuro della società. Il feeling tra i due azionisti di maggioranza si è rotto nelle ultime ore, ma c’erano stati segnali poco incoraggianti anche negli ultimi mesi. L’ex presidente: “Le quote? Me le tengo. Ma il mio tempo è finito”.
A cura di Alberto Pucci
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L'aggettivo "pazza" è ormai un marchio di fabbrica nerazzurro, un "copyright" che niente e nessuno potrà evitare di accostare al club milanese. Dopo un inizio di campionato al di sotto delle aspettative e le prime critiche a giocatori e tecnico, ecco arrivare la "bomba" dell'addio di Massimo Moratti: una notizia che nessun tifoso interista si sarebbe mai immaginato di sentire, almeno nel breve periodo. La recente assemblea dei soci nerazzurri, nella quale l'amministratore delegato Bolingbroke ha criticato la precedente gestione societaria, e le parole di Walter Mazzarri alla vigilia della sfida di Europa League, hanno segnato profondamente l'orgoglio del presidente del "Triplete", portandolo alla storica decisione di abbandonare la nave dopo 19 anni di comando. L'azione di Massimo Moratti è, quindi, figlia dell'ultima settimana di polemiche, ma anche di mesi burrascosi nei quali le comunicazioni tra i due soci di maggioranza sono state difficili e problematiche e, spesso, condite da polemiche più o meno silenti.

"Mi tengo le quote". Dispiaciuto, non arrabbiato e nemmeno… attapirato. Moratti  si concede alle domande dei reporter e di Striscia la Notizia che prova a consegnargli il Tapiro d'ordinanza. "La mia avventura all'Inter non è finita male – ha ammesso l'ex presidente -. E' una fase di cambiamento e certe cose sono naturali. La realtà è che ho fatto il mio tempo. Mazzari? Nulla di sgradevole, né dall'una né dall'altra parte. Comunque le quote sono mie e me le tengo".

365 giorni di troppe polemiche e poche soddisfazioni – Tutto nasce nel novembre dello scorso anno. Il biscione nerazzurro cambia pelle, grazie all'arrivo di Erick Thohir che rileva da Massimo Moratti la maggioranza del club, accollandosi i debiti dello stesso e garantendo un futuro alla società milanese. Cambia la fisionomia dell'establishment nerazzurro, gestione tecnica e lo stesso consiglio d'amministrazione subiscono rimescolamenti. L'unico che non cambia è l'allenatore e, come vedremo, sarà il principale protagonista della "Guerra dei Roses" tra i due azionisti. Moratti diventa, suo malgrado, una figurina da sventolare sotto gli occhi di giocatori e tifosi. Un ruolo che, lo stesso ex presidente, rinfaccia a Thohir (convinto di poter andare avanti solo con i suoi uomini), disertando la cena di Natale con gli sponsor. Il 2014 si apre con l'Inter che non gira e Branca che salta (per la gioia degli ultrà nerazzurri). Moratti ci mette la faccia e invita Thohir a stare più vicino alla squadra e a circondarsi di persone fidate. Tra i due affiorano le prime polemiche, che sfociano nel botta e risposta di maggio quando l'indonesiano critica la gestione finanziaria di Moratti ("Il club è da risanare"), ricevendo in cambio la risposta stizzita del socio di minoranza.

Il pensionamento degli eroi del Triplete – La squadra di Walter Mazzarri termina il campionato quinta, alla siderale distanza di 42 punti dalla Juventus campione d'Italia. Il tifoso nerazzurro ingoia il rospo, accetta di seguire la squadra al giovedì sera e si mette alla finestra aspettando un mercato all'altezza del blasone della squadra. Causa problemi economici, a Milano arrivano "soltanto" Vidic, Dodò, M'Vila, Medel ed Osvaldo: giocatori che non scaldano il cuore dei tifosi e, soprattutto, non spostano di una virgola il valore della squadra di Mazzarri. Anzi, per il popolo nerazzurro, l'estate 2014 si rivela drammaticamente negativa. La beffa, dopo il danno, arriva quando Thohir decide bellamente di pensionare tutti gli uomini del presidente (del Triplete), senza mostrare nessuna vergogna. A fare le valigie sono i vari Zanetti, Milito, Samuel, Cambiasso, più il team manager Cordoba e molti componenti dello staff, a suo tempo scelti da Moratti. Un "golpe" alla storia nerazzurra. Una rivoluzione che porta all'arrivo di Michael Bolingbroke. Il manager inglese, già dirigente al Manchester United, diventa così il punto di riferimento principale per tutti: stampa, dirigenti e giocatori nerazzurri.

L'orgoglio di Massimo – E' proprio una frase dell'uomo forte di Erick Thohir, a far crollare il ponte (già poco saldo) che unisce il magnate indonesiano a Massimo Moratti. Nell'ultima assemblea del cda, l'amministratore delegato Bolingbroke entra sulle caviglie dell'ex presidente davanti a tutti i soci: "Raddrizzeremo ciò che è andato storto – dichiara – Eviteremo che il club venga gestito come in passato". Parole forti che, alle orecchie di Moratti, suonano come un petardo lanciato in piena notte. Polemica che si sposta alla Pinetina dove Walter Mazzarri (già permalosetto di suo), risponde alle parole di Moratti, che aveva fatto intendere che sotto la sua gestione sarebbe stato esonerato, dichiarando sarcasticamente: "Non ho tempo per rispondergli". La fine delle ostilità (per il momento), arriva con le dimissioni di Moratti e di tutti i suoi fedelissimi (compresi il figlio Angelomario e Rinaldo Ghelfi) ed il commento sibillino dello stesso numero uno della Saras che, interpellato sul suo addio, rilascia un "poi capirete il perché della mia decisione" che lascia ancora in sospeso la guerra contro Thohir. In attesa di capire cosa farà Javier Zanetti (possibile il suo addio da vice presidente) e come reagirà la squadra al terremoto, a Milano c'è già qualcuno pronto a scommettere sulla vendetta di Moratti, sventolando ipotetici cavilli contrattuali che darebbero l'opportunità al petroliere di ritornare al comando della società nerazzurra. Fantacalcio? Davanti alla "pazza" Inter, c'è da aspettarsi di tutto.

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