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Inter, la crisi infinita: prima Mazzarri, ora Mancini. E a godere è l’ex Stramaccioni

I problemi che con WM in panchina sembravano arrivati all’ennesima potenza, oggi con il ‘Mancio’ si sono puntualmente ripresentati forse in modo ancor più evidente: nessuna personalità e crollo fisico e mentale. Senza l’attenuante di avere San Siro contro. E con Stramaccioni che in 90 minuti si prende la rivincita di una vita.
A cura di Alessio Pediglieri
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Non c'è pace per quest'Inter. Se con Walter Mazzarri si era pensato di aver visto il punto più basso di questa stagione, con l'era del Mancini bis il peggio sembra ancora dover venire. Contro l'Udinese è andato in scena il meglio e il peggio di una squadra che ha racchiuso per l'ennesima volta in 90 minuti tutta la sua proverbiale ‘pazzia' facendo prima esaltare il proprio pubblico per poi umiliarlo con un secondo tempo inguardabile. Colpa di un calo fisico impressionante ma anche della certificata assenza di una personalità minima, capace di reggere davanti al ritorno degli avversari e saper combattere fino al fine. Perché se è vero che nel primo tempo e per quasi un'ora l'Inter ha fatto la partita è pur vero che l'Udinese ha deciso di giocare solamente nella ripresa, e quando l'ha fatto ha dato lezione di calcio agli undici nerazzurri. Che adesso dovranno capire il reale motivo di un crollo non annunciato ma puntualmente arrivato. E poco o nulla serve indicare nell'erroraccio di Palacio il vero (e unico colpevole) di serata, anche se l'argentino ha giocato forse la sua più inutile gara da quando è in nerazzurro e ha regalato il gol e la vittoria ai friulani.

L'attenuante di WM, un San Siro contro. Con Walter Mazzarri l'Inter aveva smesso di giocare e di vincere, fornendo prestazioni spesso sempre sul filo della risicata sufficienza, mai convincendo e trovando punti forse un po' più per caso che per meriti evidenti. Ma per assurdo, il tecnico livornese aveva un'attenuante che oggi Mancini non ha né può pensare di avere: il pubblico contro. Per Mazzarri era diventato impossibile mettere piede a San Siro, con la Scala del Calcio che lo fischiava sonoramente prima durante e dopo i match a prescindere da come andavano le cose. Condizionandone il comportamento del tecnico  e della squadra che si ritrovava con il proprio punto di riferimento costante bersaglio. Oggi, Mancini ha invece dalla sua tutto il pubblico di San Siro che alla nomina dello jesino aveva rilanciato subito sogni di gloria. Svaniti all'alba perché anche con il ‘Mancio' questa squadra ha chiari difetti congeniti.

Gli errori di Mancini. E se si vuole guardare in specifico le gare ‘offerte' dalla gestione Mancini, si può dire che l'attuale tecnico nerazzurro stia facendo peggio di Mazzarri. In quattro gare ha rimediato una vittoria, due sconfitte e un pareggio, racimolando solo un punto in campionato e una vittoria europea in rimonta sul Dnipro in Europa League. Troppo poco per esserne soddisfatti. E se giustamente Mancini ha subito detto che una squadra non poteva ricrearsi e ritrovarsi vincente in 5 giorni cambiando modulo e alcuni interpreti, è pur vero che probabilmente non in 5 giorni ma nemmeno nei prossimi 5 mesi di stagione ci saranno le evoluzioni previste o sperate. Troppi uomini sono fuori fase. In difesa – il tallone d'Achille di Mazzarri e anche di Mancini – non c'è nessuna sicurezza. Juan Jesus è il solito centrale bravo a ribattere ma pericoloso con la palla ai piedi; Dodò e Nagatomo sono solo la brutta copia dei laterali che prima WM e ora il Mancio pretendono per il proprio gioco; in avanti Palacio è inguardabile. Insomma, ci sono problemi e limiti strutturali che potrebbero venir sanati solamente con un paio di settimane di pausa da gare e lavoro specifico. Come potrebbe essere il Natale.

La lezione di Stramaccioni. Intanto, però, c'è anche chi gode e esce da San Siro con il sorriso in faccia, salutando vecchi amici, vendicandosi di altrettanti nemici e dimostrando che poi tutto da buttare non era proprio. E' Andrea Stramaccioni, alla sua prima a Milano da avversario di quell'Inter che lo aveva eletto l'uomo della pioggia per quasi una stagione intera, in cui aveva dimostrato di saperci fare  – soprattutto con i giovani – per poi ritrovarsi da solo e abbandonato al primo soffio di vento che ha increspato il mare. Con l'Udinese, Stramaccioni ha giocato la sua partita perfetta, difendendo ad oltranza, attendendo e giocandosi tutte le carte non appena i nerazzurri sono calati. Certo, la fortuna c'è stat perché Bruno Fernandes si è inventato un eurogol e Thereaux è come se avesse rubato caramelle ad un bambino. Ma si sa, verso chi è audace, a volte la fortuna è benevola. E Stramaccioni lo è stato azzeccando i cambi e i tempi, non come Mancini che ha tolto Icardi lasciando Palacio, ripagato dall'errore del Trenza.

Il disastro Palacio. E proprio Rodrigo Palacio merita una menzione a pare perché l'argentino probabilmente meriterebbe un periodo di assoluto riposo, soprattutto mentale. Rientrato dall'infortunio la sua mancanza di lucidità sotto porta sembrava poter essere figlia di una naturale ricerca della forma migliore. Ma da quando è tornato in campo l'argentino fisicamente è cresciuto, peccato che sia calato mentalmente, non trovando mai la porta avversaria (è ancora a secco in campionato dopo 14 giornate), dedicandosi al lavoro di squadra ma lasciando l'Inter senza riferimenti in avanti. Un problema serio perché Mancini – come Mazzarri e forse è proprio così – non vede Osvaldo e Icardi insieme nell'undici titolare e si affida al Trenza quale unica alternativa offensiva. E se Palacio oltre non segnare arriva anche a offrire assist involontari ai propri avversari, allora è evidente che sia giunto il momento di lasciarlo fuori dai giochi. Da subito.

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