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Gioco, ti faccio ammattire, mi diverto. Sono Ronaldinho, come me nessuno mai

Il funambolo brasiliano ha appeso le scarpette al chiodo e adesso sarà ambasciatore del Barcellona. La carriera è stata scandita da colpi strepitosi e giocate magiche ma la bacheca dei trofei non rende onore alle sue prodezze. Avrebbero potuto vincere di più se solo fosse stato più genio e meno sregolatezza.
A cura di Jvan Sica
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Ora che Ronaldo de Assis Moreira, alias Ronaldinho, si è ritirato dal calcio giocato possiamo farci le due domande che lo accompagneranno per sempre. Cosa è stato Ronaldinho per il calcio mondiale? La seconda, che spiega in sintesi il personaggio è: Che cosa poteva essere Ronaldinho e non è voluto diventare?

Nel nome del padre

Alla prima domanda si può rispondere dando uno sguardo rapido alla sua fantastica carriera. Nasce in una famiglia molto umile con il padre operaio ed ex calciatore dell’Esporte Clube Cruzeiro di Porto Alegre. Cresce i suoi due figli, Roberto de Assis e il primo, Ronaldinho il secondo, a pane e calcio. Muore quando il più piccolo ha solo 8 anni e Ronaldinho non dimenticherà mai più i suoi insegnamenti. La sua carriera all’inizio è fulminea: gioca prima a futsal e beach soccer ma quando arriva nelle giovanili del Gremio fa sfracelli. Gioca da mezza-punta tipicamente brasiliana, poca corsa e coperture ma incredibile fantasia nel servire i compagni e andare lui stesso in gol.

L'avventura in Francia con il Psg

Dopo 15 gol in 18 incontri nel Campionato Gaúcho vinto viene subito messo nel radar dei team europei. Ad accaparrarselo è il Paris Saint Germain, sempre bravo a pescare giovani calciatori in campionati sudamericani e africani. In Francia inizia ad affermarsi per quello che era in quel momento, un calciatore inarrestabile nelle giornate di vena, mediocre quando non ne aveva tanta voglia. La squadra intorno a lui era mediocre e per capire davvero dove poteva arrivare doveva giocare in un top team.

Funambolo vincente al Barcellona

Fra Manchester United e Barcellona la spuntano gli spagnoli e nei sei anni in Spagna diventa semplicemente il giocatore migliore del mondo. Sono quegli anni che possono rispondere alla nostra prima domanda: Ronaldinho è stato un calciatore eccezionale per tecnica in velocità, fantasia soprattutto negli assist, capacità di creare sconquassi nelle difese contemporanee sempre meno battibili grazie alla potenza e la pura velocità, ma da superare solo grazie ad una tecnica di base buonissima da legare ad una velocità di pensiero e di azione mai vista nel calcio.

Il ruolo di attaccante non sarà più lo stesso

In questo senso Ronaldinho ha cambiato il calcio, aprendo la porta agli attaccanti moderni, i quali devono prima di tutto giocare per la squadra e per i propri partner d’attacco e soprattutto avere una tecnica di base ottima da abbinare ad una velocità di pensiero sensazionale. Lo stiamo vedendo adesso con il Mertens di Sarri, l’Hazard di Conte, oppure con l’Aguero di Guardiola nelle giornate giuste. Ma soprattutto lo vediamo nell’abilità di Messi, il quale ha sempre dichiarato che è stato il suo compagno di squadra Ronaldinho a fargli capire come deve essere e giocare un attaccante e un numero dieci contemporaneo.

La cosa meravigliosa è che Ronaldinho ha cambiato il calcio quasi senza volerlo e sicuramente senza premeditazione, semplicemente seguendo un istinto e idee di calcio innovative e in molti casi geniali. Con il Barcellona ha vinto campionati, una Champions League che mancava da quindici anni e soprattutto ha posto le basi per la squadra che diventerà una delle migliori di tutti i tempi. Lasciato il Barcellona, squadra che ha avuto Maradona, Cruyff e Ronaldinho e per tutti è stato lui il calciatore che fra questi tre ha determinato di più, passa ad un Milan in fase calante, che non chiede più ai tornei che disputa di essere il protagonista assoluto ma solamente di fare presenza.

Una parabola finita troppo in fretta

E da quel momento inizia la fase in cui sorge la seconda domanda. Ronaldinho ha iniziato a giochicchiare dalla vittoria della Champions League in poi, dopo che aveva già raggiunto il suo altro grande obiettivo, il Mondiale con il Brasile, nel 2002. Vinte queste due competizioni, la voglia di vivere la giovinezza (Ronaldinho è del 1980 per cui la fase calante inizia a soli 26 anni), di provare tutto quello che la vita può darti ne ha velocemente minato il fisico, facendolo annaspare anche in quello per cui aveva conquistato il mondo, le idee geniali con la palla fra i piedi. Per la troppa voglia di donne e divertimento Ronaldinho a partire da 26 anni si trascina dolcemente fra squadre brasiliane che non gli chiedono niente di più che lo scendere in campo e far pagare i biglietti per vederlo.

Lui li accontenta ma non fa molto altro. Con una testa da vero atleta, a 26 anni sarebbe entrato nella fase di carriera migliore e avrebbe puntato a vincere molti altri tornei e riconoscimenti individuali. Messi ha preso il suo posto, ma se è nettamente superiore in tantissime cose, nemmeno lui ha quella capacità armonica di muoversi insieme il pallone e vedere il gioco d’attacco come il brasiliano. Ronaldinho è unico e non è paragonabile nemmeno al suo ex compagno di squadra diventato così grande e vincente. Con il suo ritiro le domande resteranno e tutti daranno la loro risposta. Ronaldinho ha le sue risposte, che darà sicuramente con il sorriso sulle labbra.

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