Gianni Rivera compie 70 anni
Gianni Rivera compie settant'anni. Un pezzo di storia italiana da raccontare: quella rinata dopo l'epoca delle ‘mascelle' e sbocciata sui campetti dell'oratorio nei favolosi Sessanta. Come sfogliare l'album dei ricordi mentre ascolti la canzone del primo amore, del primo bacio, della vita che ti scorre tra le dita. Primo pallone d'oro ‘tutto' italiano nel 1969 perché pure quello conquistato nel 1961 da Sivori, el cabezon, l'oriundo della Juventus, capelli arruffati e calzettoni arrotolati, l'emigrante di ritorno legato alla patria dallo jus sanguinis, l'angelo dalla faccia sporca era un ‘connazionale col trattino'. Gianni Rivera abatino (così lo ribattezzò Gianni Brera), golden boy, l'altra metà del cielo di Milano, icona della staffetta, eroe della patria, parlamentare, sottosegretario, presidente del Settore Giovanile e Scolastico della Federazione.
Gianni Rivera idolo e simbolo per i tifosi del Milan: con la maglia numero dieci del ‘diavolo' giocò 658 partite ufficiali in 19 anni, segnò 164 gol, conquistò 3 scudetti, 2 Coppe Campioni, 2 Coppe delle Coppe, 1 Coppa Intercontinentale, 4 Coppe Italia. Brividi, emozioni, lacrime, grani di sale strofinati sulla pelle, sapore d'ambrosia e profumo di vittoria, capelli bianchi: Gianni Rivera è una leggenda per la Fifa (che lo ha inserito tra i cento calciatori di sempre) e per l'Iffhs (l'Istituto Internazionale di Storia e Statistica del Calcio che lo elevato a rango di miglior calciatore del ventesimo secolo). Gianni Rivera omaggiato da Pelé, o rey, il più grande di tutti i tempi, ma ‘dimenticato' dal Milan di Berlusconi, che nell'agiografia del calcio rossonero l'ha relegato al rango di ‘dio minore' celebrando la grandeur olandese e di Sacchi, consegnando al passato quel ragazzo che a 16 anni sbarcò all'ombra della Madunina da Alessandria e a 18 festeggiò il primo scudetto. Allora, era come mettere piede sulla luna.
Ai panzer le suonò di santa ragione in una gara epica, segnando un gol memorabile a Città del Messico. Per i ‘teteschi di germania' che oggi, ironia della sorte, quasi camminano sulle macerie del calcio italiano è come un brutto ricordo che ronza per la testa. Hai voglia a scuoterla, resta un chiodo fisso. Un regista con l'estro e l'arguzia del numero 10 e letale sotto rete, come testimoniano i 17 gol in 28 presenze che spedì in porta nel campionato del 1973 e gli valsero il titolo di capocannoniere a pari merito con Pulici e Savoldi. Non aveva ‘la genialità dello Schiaffino' ma ‘teneva cuore italiano'. Non esisterà più uno come Rivera, nemmeno quell'Italia. Questione di maglie che s'indossano (con decoro oltre che con classe) e di uomini che passano.