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Gervasoni: “Ho combinato una dozzina di partite”

L’ex difensore, testimone chiave dell’inchiesta di Cremona sul calcioscommesse, si è confessato a Italia 1: “Gli italiani erano più facili da comprare. Il ‘clan degli zingari’ era organizzato, se non mi avessero beccato l’avrei fatto ancora. Atalanta-Piacenza fu la madre di tutte le combine”.
A cura di Alessio Morra
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L’ex difensore Carlo Gervasoni è il testimone chiave dell’ultima grande inchiesta che ha riguardato il mondo del calcio. E Gervasoni si è confessato in una lunga e intensa intervista concessa alla trasmissione di Italia 1 ‘Open Space’, anticipata da ‘La Repubblica'. L’ex calciatore del Piacenza con grande franchezza ha parlato dei rapporti con il cosiddetto ‘clan degli zingari’, ha parlato apertamente di alcune partite combinate e ha con franchezza ha dichiarato pure che in carriera ha combinato almeno una dozzina di partite: "Non so quanti calciatori ho contattato per le combine, ma credi averne contattati una sessantina. Su questi sessanta solo due hanno detto no, un italiano e uno straniero. Era molto più complicato convincere lo straniero a truccare la partita. Gli italiani si ponevano problemi all'inizio, poi quando avevano la mazzetta prima della gara, era più facile. Ho truccato una dozzina di partite".

La 1a combine – L’ex giocatore, che in carriera ha disputato quasi trecento partite da professionista, ha spiegato come si svolgevano i contatti con il ‘clan degli zingari’, con cui per oltre due anni ha collaborato: "Il primo contatto con il clan è stato come un corteggiamento, siamo andati a cena 4-5 volte, ci hanno fatto capire quello che dovevamo fare. Loro scommettevano su piattaforme particolari, asiatiche, così da evitare il tracciamento e dove non veniva identificato il flusso anomalo di soldi, anche perchè loro scommettevano live, durante la partita. La prima volta ci hanno dato 100mila euro da spartire. La prima partita combinata la proposi a 6 o 7 calciatori, fu Albinoleffe – Pisa, del febbraio 2009. Il clan era molto organizzato, ogni 20-30 giorni mi cambiavano la sim del telefono che usavamo solamente per dirci ‘ci sono', poi principalmente ci sentivamo su Skype. E' durata fino alla prima ondata di arresti, nel maggio 2011".

“L’ho fatto per i soldi” – Senza mentire l’ex calciatore di Bari, Verona e Mantova ha detto che si è venduto le partite per fare un po’ di soldi: “Perché mi sono venduto le partite? Facevo un lavoro in cui guadagnavo bene, anche 10-15mila euro al mese. Ho giocato un anno senza prendere lo stipendio, ma questa non è assolutamente una scusante. Loro davano a me anche 80mila euro. Fondamentalmente mi andava bene il fatto che in così breve tempo portavo a casa così tanti soldi".

Atalanta-Piacenza – Desolante il racconto nei dettagli di un match del campionato di Serie B del 2010 tra Atalanta e Piacenza. Gervasoni prima dell’incontro chiacchierò con Doni, anche lui coinvolto, e a lui suggerì dove tirare un eventuale calcio di rigore, che puntualmente arrivò. L’Atalanta doveva vincere con un paio di gol di scarto, finì 3-0: "Fu la madre di tutte le partite anche perché scoprì appena prima di iniziare, che non ero l'unico a sapere della combine. Durante il giro di ricognizione del campo Doni mi chiese se era tutto ok e capì subito che era al corrente della combine. In quell'occasione dovevamo perdere con un over, quindi 3-0, 3-1 e via dicendo. Il problema di quella partita fu che loro, anche essendo più forti, non riuscivano a segnare. Per fortuna un mio compagno, non coinvolto della combine, con un intervento grossolano procurò un rigore. Io riferì di Doni al mio portiere, anche lui coinvolto, che mi disse di far tirare a Doni il rigore centrale. E io durante il riscaldamento dissi a Doni di tirarlo centrale nel caso avessero avuto un rigore a favore. Il problema era che dovevamo subire un altro gol. Ero terrorizzato che pareggiassimo, a tal punto che ho dovuto creare questo scontro di gioco che portò a un secondo rigore. Se non fosse stata una partita combinata non avrei mai fatto un intervento del genere. Poi protestai con l'arbitro perché non potevo far capire ai compagni, all'allenatore che tu l'avessi fatto apposta. Era normale che si recitasse una parte. Quando poi si raggiunse il risultato, non contenti, subimmo anche il terzo gol, sempre con un errore mio che rivisto adesso è anche abbastanza imbarazzante. In quella partita, da parte nostra eravamo in tre: non voglio fare nomi, anche se i nomi sono scritti sulle carte. Dell'Atalanta non lo so, so di Doni perché è venuto prima della partita".

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