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Euro 2016: Italia, con la Spagna si può fare (forse)

Dalle gare chiave del girone si possono ricavare indicazioni utili sulle caratteristiche di Italia e Spagna. Il duello tra Morata e la difesa juventina domina l’attenzione. Sarà fondamentale per gli azzurri la densità a centrocampo.
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“Contro l'Italia dobbiamo giocare come sappiamo. Noi siamo la Spagna”. Parola di Andres Iniesta che già prepara il duello contro gli azzurri. Sarà soprattutto la partita di Morata contro il trio di ormai ex compagni di squadra Barzagli-Bonucci-Chiellini. Un confronto fra il gioco di passaggi delle Furie Rosse, che per un tempo contro la Croazia hanno fatto dimenticare il recente fallimento mondiale, e la solida costruzione difensiva dell'Italia di Conte. “Siamo andati a cercare il gol e i nostri avversari ci hanno preso alla sprovvista. Non sarebbe dovuto accadere, ma può capitare” ha ammesso Iniesta a proposito della rimonta subita dai croati. “Come dice Conte, basarsi sulla difesa non significa fare catenaccio e contropiede” ha commentato Marco Tardelli, “significa contare molto su una grande certezza che si sente di possedere. Non è mica un peccato: l’allenatore bravo è quello che sa valutare ciò che ha e poi riconoscere il meglio che ha. E poi sa organizzare la squadra: se non diventano limiti, sono le fondamenta per arrivare lontano”.

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La lezione di marzo – A marzo, nell'1-1 in amichevole deciso anche dal gol in fuorigioco non visto di Aduriz, Conte si era affidato a un 3-4-3 molto offensivo e decisamente diverso dal 3-5-2 coperto che ha costruito i due fondamentali successi sul Belgio e la Svezia. Al Friuli, peraltro contro una Spagna altrettanto sperimentale senza David Silva, Iniesta e Busquets, Conte si era affidato a Darmian, Bonucci e Astori in difesa, Florenzi e Giaccherini sugli esterni, Thiago Motta e Parolo in mezzo e a un tridente di corsa e talento con Candreva, Pellè ed Éder. Il ct cambierà poi la partita inserendo Bernardeschi e Insigne come attaccanti esterni, più inclini a sfruttare gli spazi alle spalle dei terzini spagnoli. Nasce così l'azione del gol con Bernardeschi che appoggia a Giaccherini, bravo a inserirsi e a vedere il taglio verso l'interno di Insigne che, seguito da Juanfran, crea la possibilità di superiorità numerica sulla fascia. Quella però era una nazionale che si pensava diversa, più orientata al gioco verticale, votata al camaleontismo l'arretramento o l'avanzamento di Florenzi e Giaccherini sulle fasce, le incursioni di Candreva, le sponde di Pellè.

Italia classica – Questa è una nazionale diversa, più classicamente italiana, più disciplinata, compatta. Una nazionale che ha quello che serve per trasferire a proprio vantaggio i punti deboli delle Furie Rosse. Proprio la sfida con la Croazia può costituire un interessante quanto utile termine di confronto. Nel primo tempo la Spagna occupa lo spazio fra le linee, Busquets offre sempre una sponda e apre la possibilità di un passaggio verso un compagno libero. Il gol è un manifesto della filosofia spagnola: dal centrocampo la palla esce verso Silva, che allarga con Nolito la difesa. Silva ne salta tre e disegna il corridoio per Fabregas; tiro-cross per Morata, dimenticato dalla generosa marcatura di Jedvai. È un gol che nasce, anche, dai limiti del 4-2-3-1 croato, con troppi cambiamenti rispetto alle prime due partite, dall'assenza di un mediano fra le linee, da un'occupazione degli spazi penalizzata dai movimenti di Silva e Nolito. Nell'azione si nota come Pjaca non contribuisce alla fase di copertura e costringe Vrsaljko a stringere la diagonale, anche perché Jedvaj è in ritardo e invano tenta l'incrocio col compagno: in più, Badelj tenta di dare supporto abbassandosi ai 20 metri, ma resta quasi smarrito e non si accorge dei tagli alle sue spalle.

Difesa non troppo bassa – Situazioni in cui l'Italia difficilmente potrà venirsi a trovare. Sarà fondamentale tutto il lavoro del centrocampo. Giaccherini o Parolo dovranno chiudere le linee di passaggio a Busquets, con De Rossi come già visto contro Belgio e Svezia che potrebbe abbassarsi molto, soprattutto se verrà confermata la coppia di esterni Candreva-Florenzi. In questa configurazione difensiva, l'Italia si è già trovata di fronte a squadre che attaccavano allineate in un 4-4-2 o 4-2-3-1 come la Spagna. Certo, il possesso palla della Svezia o del Belgio non è paragonabile alla qualità degli iberici, ma dal punto di vista concettuale, della copertura degli spazi, quella di Conte è un'Italia pronta a questo tipo di avversari.

Parola chiave: demsità – Un'Italia che, contro la Svezia, ha dimostrato di saper fare forse meglio di qualunque altra squadra di questo Europeo proprio quella densità nel corridoio centrale sulla trequarti difensiva che di più spezza il possesso spagnolo. È così che la Croazia ha cambiato la partita. È lì che Repubblica Ceca e soprattutto Turchia, troppo giovane, esuberante e poco incline a un'atteggiamento contenitivo, hanno consentito l'esaltazione della qualità delle Furie Rosse. Bloccare il corridoio centrale, anche contro una squadra che come la Spagna, e appunto come la Svezia, mantiene la difesa alta e viene a recuperare palla quasi all'altezza della linea di centrocampo, toglie soluzioni facili a chi è in possesso palla. Toglie anche possibilità di scatti e tagli senza palla, e rende la manovra più lenta, più ragionata, di fatto più innocua.

I lanci di Bonucci – La vera sfida sarà riuscire a mantenere la densità in fase di copertura più vicini al centrocampo che all'area di rigore di Buffon. Perché, come si è visto contro la Svezia, il limite di concedere troppo campo, pur riuscendo a non consentire conclusioni in porta, sta nella difficoltà di far uscire rapidamente la palla dalla difesa una volta tornati in possesso. Non a caso, le tre combinazioni di passaggi più frequenti in tutto il match hanno avuto tutte ai due estremi uno dei componenti della BBC. Non a caso, Bonucci ha eseguito ben 6 lanci e 63 passaggi riusciti, sbagliandone 14 come Chiellini e più di tutti gli altri.

Allargare e allontanare – L'obiettivo dell'Italia, in maniera ancora più marcata rispetto alla sfida con la Svezia, si potrebbe sintetizzare in due parole chiave: allontanare e allargare. Tornare alle basi del teorema geometrico del calcio: si vince rendendo il campo degli avversari più largo e più lungo del proprio. Soprattutto se l'avversario tende a far sudare il pallone prima dei giocatori, a guadagnare campo palla al piede attraverso il fraseggio elaborato e stretto. Così la Croazia ha ribaltato la partita, costringendo sempre di più Silva e Iniesta a ricevere spalle alla porta. Così ha tolto alle Furie Rosse di sciorinare un altro dei temi dominanti delle prime due gare e del primo tempo: la sovrapposizione costante del terzino che accompagna l'esterno d'attacco per far scalare la difesa e punirla con un immediato, rapido, radicale, cambio di gioco sul lato debole. Un pericolo che in 180′ abbiamo corso una volta sola, nel secondo tempo contro il Belgio ul contropiede nato dalla palla persa di Darmian ai 18 metri dalla porta belga.

Freschezza atletica – Per far questo, è importante la tenuta tanto mentale quanto fisica, e gli effetti dello sfiancamento atletico nella finale di quattro anni fa sono ancora ben presenti nella memoria di tutti. È questo un ulteriore motivo di incoraggiamento. Del Bosque ha schierato per tre gare gli stessi undici, Conte invece avrà coinvolto più uomini e sperimentato di più nella partita contro l'Irlanda. Dettagli, certo. Ma per un perfezionista come Conte, sono i particolari che fanno la differenza. Perché è da questi particolari che si giudica un allenatore.

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