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Emre Mor, il Dybala turco che accende l’Inter di Spalletti

Cresciuto a Copenhagen, Emre Mor si fa notare nel Nordsjaelland. L’anno scorso ha fatto fatica al Borussia Dortmund. E’ il giocatore con più dribbling riusciti a partita nell’ultima Bundesliga. Ha iniziato da punta, ma ha un dribbling che incanta. Spalletti può renderlo un fuoriclasse.
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Emre Mor è un progetto di fuoriclasse. “Ha un bel mancino, un dribbling fulminante. Ha tutto per diventare il nuovo Dybala”. Si illumina l'amico e collega Bruno Bottaro, il principale esperto italiano di calcio turco e redattore di MondoFutbol, per le giocate della stella di Euro 2016. “Fatih Terim lo convoca in nazionale per Euro 2016 nonostante abbia alle spalle solo tredici partite al Nordsjælland. Al primo pallone che tocca, ruba palla a Modric e lo salta in velocità”. Alla terza partita, contro la Repubblica Ceca, salta mezza squadra e va al tiro. È un'epifania, l'apparizione improvvisa dell'ignoto che si palesa in uno sfolgorare di bellezza e velocità. Un lampo che incanta, fra la misurabile grandezza dell'effetto e il non misurabile effetto della grandezza, e serve l'assist a Yilmaz.

Ha iniziato da punta

Mor ha iniziato da punta. Ricorda Terim, che più di tutti gli ha consentito di esprimersi, l'ha impostato anche come centravanti di movimento, come falso nove. Al Borussia Dortmund ha fatto fatica a integrarsi nei meccanismi di squadra, anche perché è esploso Pulisic. Ma ha comunque chiuso la stagione come miglior giocatore dell'ultima Bundesliga per media di dribbling riusciti tra tutti i giocatori che hanno disputato almeno cinque partite (5,3).

"Quando sono in giornata, sento di poter fare praticamente qualsiasi cosa – diceva l'anno scorso al sito dell'Uefa -. Se invece comincio male la partita, mi intristisco e chiedo di essere sostituito. Quando non sono in giornata sono io stesso il mio peggior avversario, ma è qualcosa che devo imparare a migliorare e gestire. Al momento però lo uso in maniera positiva". Tradotto, è narcisista anche fino all'eccesso, innamorato del pallone e non così associativo, non così integrato nel contesto di squadra come richiede il mantra del calcio moderno.

"In quest'Inter possono nascere cose interessanti con Spalletti. Mor ha bisogno di un allenatore che un po' costruisca intorno una squadra in grado di esaltare le sue giocate" prosegue Bottaro. "Ha bisogno di fiducia, di trovare uno schema. Mi ricorda quello che era Bernardeschi prima di arrivare alla Fiorentina e incontrare Paulo Sousa che gli ha messo dietro il quadrilatero di centrocampo e l'ha fatto esplodere".

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In dribbling è imprendibile

"Quello che sa fare è straordinario – ha detto Kasper Hjulmand, allenatore Nordsjælland -. È veloce e imprevedbile. Quando ti aspetti un passaggio, lui fa un altro dribbling e cambia direzione. E quando decide di farlo, è impossibile prenderlo". Prima delle partite, si leggeva sul sito dell'Uefa, riguarda i video di Lionel Messi prima di ogni partita. Lo scorso novembre, ha usato la foto dell'abbraccio con Cristiano Ronaldo come cover per il cellulare. "Grazie per darmi motivazioni tutti i giorni!" gli scrive via Twitter.

“Ha fatto un gigantesco passo in avanti quando ha cominciato a giocare con gente più forte. Ha imparato a lavorare duro ed è maturato come persona così da usare il suo temperamento in modo positivo” racconta Per Holm, il ct della Danimarca Under 16 che ha allenato Mor. Perché il Dybala turco sente meno di altri l'identità nazionale. Perché Mor, figlio di padre turco e madre macedone immigrati in Danimarca, è un ragazzo di oggi, un'anima nella città, un figlio d'Europa.

I movimenti di Emre Mor contro l'Amburgo, la sua ultima partita da titolare con il Borussia Dortmund
I movimenti di Emre Mor contro l'Amburgo, la sua ultima partita da titolare con il Borussia Dortmund

Figlio d'Europa

Il destino di Emre Mor, cresciuto a Brønshøj, distretto nel nord-ovest di Copenhagen, è lo stesso che accompagna tutti i Gastarbeiter, i lavoratori ospiti, che hanno lasciato l’Anatolia negli Anni ’70 e ’80. Non cresce nella comunità turca in Germania, la più grande d'Europa. Gioca nelle squadre minori del Lyngby, ma sembra troppo minuto per il calcio che conta.

La svolta potrebbe arrivare nel 2013, quando la federazione turca approva una regola che limita il numero di stranieri in Süper Lig. Così, come accadeva in Italia nei primi anni del girone unico, della Carta di Viareggio, con la riscoperta degli oriundi, i club osservano gli emigrati che si stanno facendo notare all'estero. Emre Mor intanto viene tesserato dal Nordsjaelland il 29 gennaio del 2015.

Terim lo scopre e lo porta all'Europeo

Poco più di un anno dopo, il 20 marzo 2016, al 55′ della sfida contro il Copenhagen, Mor raccoglie il pallone nella metà campo avversaria, supera tre difensori e firma l'1-0 con un preciso tiro angolato. Due mesi prima, si stava per concretizzare un'offerta del Galatasaray, in una delle stagioni più buie della sua storia.

Mor però resta in Danimarca, ma col pensiero alla nazionale turca. Disputa 22 partite nelle selezioni giovanili del Paese d'adozione, ma quando l’Imperatore Terim lo convoca nella pre-lista per Euro 2016, c'è una sola risposta possibile. Terim lo schiera nell’amichevole contro il Montenegro e lo porta in Francia. Lo preferisce a una star nazionale come Gökhan Töre. E il resto è storia.

Football diplomacy

La presenza di Emre Mor, di Cengiz Under, il nuovo acquisto della Roma che a Dybala è associato solo per effettiva somiglianza di tratti somatici, e di Calhanoglu in Serie A racconta il nuovo ruolo che la Turchia sta cercando di ritagliarsi. Un ruolo che si rispecchia nella centralità sullo scacchiere mediorientale, negli equilibri con la Russia, nella questione legata alla massiccia immigrazione dalla Libia verso il Mediterraneo.

Il calcio turco sta sviluppando forme di integrazione di etnie, con le nazionali under 14 e 15 piene di ragazzi siriani come il promettentissimo Ahmed Turk, che ha scelto un nome come dichiarazione d'intenti. Ragazzi che finiscono a lavorare nei sobborghi delle città, dove il pallone è svago, sfogo, desiderio di riscatto e affermazione di identità dove si gioca a pallone. Nella cornice di una capitale imperiale dalla storia che diventa futuro, nell'incontro di suggestioni e culture, si perfeziona un progetto di fuoriclasse, la Joya di Luciano Spalletti.

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