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Derby, è il centrocampo il tesoro di Spalletti

La Roma soffre per un tempo, la difesa a tre e un centrocampo basso lasciano troppi spazi fra le linee. Gli spunti di Strootman e Nainggolan fanno la differenza nella ripresa.
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Dopo sette anni, Spalletti ritrova il derby dell'Olimpico e lo vince alla sua maniera. Inzaghi per un tempo disegna una Lazio tatticamente migliore di una Roma ridisposta con la difesa a tre, ms troppo prudente e scollata. L'errore individuale di Wallace, però, esalta l'intuito dell'uomo derby Strootman. E la fuga di Nainggolan vale il colpo del ko. Così una Roma messa sotto per 45′ a centrocampo, trionfa proprio con i centrocampisti.

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Le formazioni – Spalletti vara la difesa a tre, con Rüdiger, Fazio e il ritrovato Manolas di fronte a Szczęsny. Tutte brasiliane le corsie esterne, con Bruno Peres ed Emerson Palmieri. Davanti, il capocannoniere Dzeko sarà ispirato da Perotti e Nainggolan. Inzaghi decide invece di non rischiare il recuperato De Vrij, e in difesa si affida alla coppia Wallace-Radu. Partono dal 1′, invece, sia Marchetti sia Milinkovic-Savic, reduci da problemi fisici. Confermato il tridente Anderson-Immobile-Keita.

Peres fuori dal gioco – I tre centrali della Roma rimangono più bloccati, con i tre attaccanti della Lazio che rimangono più alti a pressare. Bruno Peres e Palmieri sono così chiamati a cucire di più il gioco sulle fasce anche per mantenere le giuste distanze fra i reparti. La prima occasione, dopo 5′, mette in evidenza una possibile fragilità della Roma. La difesa giallorossa si schiaccia verso il limite dell'area piccola sui calci d'angolo, così quando la palla filtra verso Milinkovic-Savic nessuno arriva da dietro a chiudere la linea di tiro e nessuno degli uomini in area è pronto a staccarsi.

Nainggolan basso – In mezzo è Nainggolan che arretra per venire a prendersi palla da Fazio o Manolas, ma la copertura dei corridoi interni rimane complessa per la squadra di Spalletti. La Lazio, con le sovrapposizioni di Basta a destra, ha più di un'occasione per generare superiorità numerica e aprire le linee di difesa e centrocampo della Roma.

Bene Milinkovic-Savic – In avvio, il jolly di Inzaghi è Milinkovic-Savic, che va a esplorare la zona di Bruno Peres, preso troppo spesso in mezzo fra due avversari, e finisce per esacerbare le difficoltà anche di Rudiger nell'uno contro uno, nel breve, contro il più scattante Keita.

La Lazio copre complessivamente meglio, la Roma dà l'impressione di allungarsi troppo nel tentativo di tamponare le zone di inferiorità numerica e i possibili punti deboli dello schieramento.

Il centrocampo della Roma si abbassa troppo in fase di non possesso, la Lazio può far circolare palla fra le linee
Il centrocampo della Roma si abbassa troppo in fase di non possesso, la Lazio può far circolare palla fra le linee

Gara bloccata – Le polemiche sul contatto lieve che porta alla punizione dal limite per la Roma alla mezz'ora (Peres si lascia cadere, l'arbitro discute a lungo con l'assistente di porta, la Roma vorrebbe il rigore mentre la Lazio si chiede se ci sia davvero il fallo) accende gli animi ma non sblocca tatticamente la partita.

I numeri del primo tempo – La Roma completa più passaggi in totale nel primo tempo, ma meno nella trequarti offensiva, e soprattutto fatica ad andare al tiro. Le principali combinazioni di passaggio, da Fazio a Manolas, da De Rossi a Palmieri, denotano una circolazione del pallone che, contrariamente al dogma spallettiano, privilegia l'orizzontalità alla verticalità. Evidente, nello scacchiere di Inzaghi, la presenza chiave di Basta che scambia 7 volte con Wallace e in sei occasioni verticalizza verso Felipe Anderson

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La ripresa – L'avvio di ripresa non muta lo scenario tattico. I centrali giallorossi continuano a schiacciarsi e a lasciare spazi di libertà fra le linee: il primo a sfruttarli è Parolo, che però conclude centrale da fuori. Dopo un'ora, è evidente come la Lazio sia riuscita a mettere di fatto fuori gioco Peres (appena 12 passaggi in 60 minuti) e Strootman (20). I 38 di De Rossi risultano secondi solo ai 43 di Fazio, ed è la misura di un atteggiamento con il baricentro troppo basso.

Il vantaggio – Una Roma che, al 65′ ha tentato quattro tiri verso la porta, tutti con Dzeko. Così ci vuole l'errore in uscita di Wallace, che si fa rubar palla da Strootman, per sbloccare la partita. L'olandese, in gol con la prima conclusione della partita, poi battibecca con Cataldi, espulso direttamente dalla panchina. E si rivela vero uomo derby: un gol e un assist nelle ultime due sfide contro la Lazio.

Il ko – Tatticamente, il gol rivoluziona uno scenario fino a quel momento piuttosto statico. La Lazio, colpita nella prima vera occasione in cui un errore individuale ha esposto una scollatura fra i reparti, si innervosisce, si sbilancia, si allunga. Ed è qui che vengono fuori le qualità dei giocatori che sanno come sfruttare i semi-spazi, come massimizzare gli inserimenti nei corridoi interni e sfruttare i blocchi. Giocatori come Nainggolan che va in fuga da centrocampo e da venti metri trafigge Marchetti sul primo palo. Ma a rivedere l'azione è essenziale il movimento fuori-dentro di Dzeko che aggredisce lo spazio verso il centro e costringe Wallace, in ripiegamento, a seguirlo e a staccarsi da Radu. Il belga così ha una porzione maggiore di specchio della porta da poter puntare.

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I numeri del match – Al minuto 80, Inzaghi si gioca le carte Lombardi e Patric per Biglia e Basta. Ma è troppo poco e troppo tardi. La Lazio paga l'uno-due nella ripresa, mentre la Roma conferma un cambio di passo nei secondi 45′. La centralità dell'asse Palmieri-Perotti dà la misura di un baricentro più alto, di una maggiore proattività, che si esalta nei 105 passaggi nella trequarti offensiva biancoceleste, nei 272 tocchi totali. Promosso nel complesso Palmieri, in un ruolo più suo, in cui servivano più gli appoggi orizzontali alla mezzala vicina per dialogare che una verticalizzazione a campo aperto. Promossa con riserva una Roma incerta per un tempo. La Lazio può rimpiangere solo la difficoltà di creare più pericoli andando in verticale in un primo tempo con tanti spazi sfruttati non a dovere. L'esperienza alla fine vince. Ma non è tutto oro quel che luccica per Spalletti.

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