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Da Guttmann al crollo della balaustra a Napoli, malocchio e superstizione nel calcio

Riti, anatemi, maledizioni e gatti morti tutti usati per un solo scopo: appagare l’ira di torti subiti o di invidie sportive. Tutti i casi nei quali il malocchio ha fatto il suo “sporco” dovere.
A cura di Salvatore Parente
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Benfica
La sconfitta del Benfica nella finale dell'edizione 2013/14 della Uefa Europa League

Una commedia degli anni '40 scritta dal leggendario Peppino De Filippo s’intitola: "Non è vero ma ci credo". Un nome piuttosto riuscito per l'argomento che andiamo a trattare, ovvero le maledizioni nel calcio. E se sono note, famosissime quelle di Babe Ruth sui Boston Red Sox o quella di William Sianis sui Chicago Cubs sponda baseball vi sveliamo quelle più strane, longeve e particolari in atto o che hanno avuto un certo effetto, nel mondo del football. Una rassegna che, di sicuro, vi porterà, specie per chi non si affida alla superstizione, ad assorbire e condividere il concetto del predetto De Filippo: sarà pure non vero ma finirete per crederci.

Bela Guttmann, un rinnovo oneroso

Una delle maledizioni più celebri e, Benfica permettendo, ancora in atto è quella lanciata dal proprio ex tecnico Guttmann nell’estate del 1962. L’allenatore ungherese, infatti, ebbe a dire: “Da qui a cento anni nessuna squadra portoghese sarà due volte campione d'Europa ed il Benfica senza di me non vincerà mai una Coppa dei Campioni”. Una sorta di scomunica, un malaugurio lanciato al termine di un litigio con la dirigenza lusitana che non volle corrispondere all’ex allenatore del Milan un premio in danaro per la vittoria del prestigioso trofeo continentale contro il Real Madrid di Puskas e Di Stefano. Un’ira mai placata che, da 55 anni a questa parte, continua a vivere con le Aguias ancora a secco dopo otto, dicasi otto, finali continentali.

Australia
Il numero 6 australiano Ray Richards nel match del mondiale '74 perso contro la Germania 3-0

Lo stregone della nazionale australiana

Nel 1969, la nazionale australiana è di scena in Africa per affrontare la Rhodesia (l’attuale Zimbabwe) in un match valido per le qualificazioni alla Coppa del Mondo dell’anno successivo in Messico. Qui, i giocatori consultano uno stregone del luogo che per aiutare i “canguri” e maledire gli avversari seppellì delle ossa nei pressi dei pali delle porte. I Socceroos vinsero per 3-1 ma si rifiutarono, nella più classica delle fughe, di pagare i 1000 dollari promessi allo sciamano. Il mago quindi non placò la sua rabbia ma la alimentò inviando una maledizione agli australiani, rei di non aver mantenuto la parola data. La sua condanna, inesorabile, andò a segno: l’Australia non si qualificò ai Mondiali del ’70, fu subito eliminata in quelli del ’74 e non disputò più una Coppa del Mondo fino al 2006 dopo l’intervento di tal Safran che, nel 2004, tornò in Africa per assoldare un nuovo stregone e revocare la precedente “condanna”.

Derby County
Il Baseball Gorund di Derby

Occhio ai gitani

Nel 1895 quando il club del Derby County rilevò il Baseball Ground da una locale squadra dell’omonimo sport non poté fare a meno di sfrattare un numero di gitani che occupavano parte della superficie acquistata. Per tutta risposta i nomadi lanciarono una maledizione che prevedeva l’assenza di vittorie in FA Cup per i bianchi della città di Derby per 100 anni. Dopo 3 finali perse fra il 1896 ed il 1903, all’ennesima finalissima raggiunta nel 1946 un esponente del club si incontrò con una delegazione di gitani per annullare l’anatema. Durante il match, si racconta che sull’1-1 il pallone esplose in campo segno che la maledizione era terminata. Sia come sia il Derby, finalmente, vinse il trofeo battendo 4-1 il Charlton.

AcaliOk
L'America de Cali club vincitore del torneo colombiano nel '79

Questo professionismo non s’ha da fare

Nel 1948 i soci della squadra colombiana dell’America de Cali (poi di proprietà dei fratelli narcos Gonzalo e Rodriguez Orejuela) avevano intenzione di portare il club fra i professionisti. Uno dei proprietari però, tal Benjamin Urrea detto “Garabato”, era fortemente contrario all’idea, arrivando ad affermare: “Se la squadra passa ai professionisti, giuro su Dio che non sarà mai campione“. L’America dovette aspettare ben 31 anni (1979), i soldi dei narcotrafficanti del cartello dell’omonima città ed un rito eseguito da un esorcista, prima di vincere il primo titolo (sette fra il 1979 ed il 1990).

Il Racing Avellaneda stagione 1966/67
Il Racing Avellaneda stagione 1966/67

I 7 gatti neri del Racing

Vincere, dominare e portare a casa trofei ti mette nella condizione di essere seriamente invidiato e poi odiato specie poi a Buenos Aires dove il calcio è vissuto con un certo attaccamento. La storia è quella del Racing Avellaneda edizione 1967. Dopo l’ennesimo successo, stavolta ai danni del Celtic di Glasgow nella Coppa Intercontinentale, i tifosi della squadra rivale dell’Independiente decisero di seppellire sul terreno di gioco di Cardenas e compagni 7 gatti neri. Da quel momento, fino alla Supercopa Sudamericana e Intramericana dell’88, per dirla alla Mourinho, zero tituli.

Lo stadio Collana di Napoli
Lo stadio Collana di Napoli

Napoli, l’albanese Lushta ed il crollo della tribuna

Anni ’40, immediato dopoguerra, il Napoli del Ciuccio acquista l’albanese ex Juventus Riza Lushta proprio dai bianconeri. I fasti di Torino (46 gol in 85 partite) sembrano ormai lontani con lo stadio Collana in costante attesa di un gol che come Godot non arrivava mai. Questa circostanza permise alla firma del Corriere del Mezzogiorno Carlo Di Nanni di scrivere: “Quando Lushta segnerà, crollerà lo stadio”. Ebbene, fra lo scherzo e la profezia, dopo poche settimane l’albanese andò in rete contro il Bari e la folla dallo stupore esultò così forte da provocare proprio il crollo di una balaustra dello stadio partenopeo con diversi feriti ancorché felici, non è vero ma ci credo.

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