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Da Batistuta imprenditore al rapper Drenthe, la vita dopo il calcio

Appendere le scarpe al chiodo non è mai facile e spesso subentra l’ansia del domani. Alcuni calciatori, invece, hanno risolto il problema scegliendo strade e sfide davvero interessanti. Dall’imprenditoria alla musica, ecco le storie di alcuni ex talenti del mondo del calcio.
A cura di Salvatore Parente
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Lizarazu

Che fine fanno e che cosa s’inventano i calciatori una volta appese le scarpe al chiodo? Questa una delle domande che tanti tifosi si pongono ma che risuona anche nella mente di tanti giocatori in vista del loro imminente ritiro. E se molti restano nel mondo del pallone a ricoprire le vesti più disparate (vice allenatore, allenatore, procuratore, direttore sportivo o anche commentatore tecnico televisivo), altri decidono di voltare completamente pagina ed inserirsi o in altri contesti sportivi o nel competitivo, ostico, complesso mondo del lavoro. Vediamo quindi le imprese di alcuni dei grandi e meno grandi ex del calcio.

Bixente Lizarazu da terzino a campione di jiu-jitsu

Non tutti lo ricordano ma il terzino sinistro Bixente Lizarazu è stato uno dei migliori esterni mancini degli anni ’90 con le maglie di Bordeaux, Athletic Bilbao e Bayern Monaco. Un rendimento sempre elevato per il francese che, nel corso della sua gloriosa carriera, ha alzato al cielo ben 23 trofei, Coppa del Mondo, Campionato d’Europa, Champions League e Intercontinentale comprese. Una parabola vincente che, però, non si è fermata dopo il suo ritiro nel 2006 con il tenace Bixente capace di cimentarsi nel jiu-jitsu brasiliano con ottimi risultati: dopo 1 anno e mezzo di lavoro, infatti, è diventato contro pronostico campione europeo della specifica disciplina. Trés facile no?

Batigol

Batistuta e la sua impresa edile

Gabriel Omar Batistuta uno di quelli che ha fatto follemente innamorare la città di Firenze (168 reti in 269 partite), dopo il definitivo ritiro nel 2006 ha deciso di cambiare nettamente vita. E sì perché l’argentino, forse anche memore di quello che il calcio gli ha provocato (l’assenza di cartilagine nelle caviglie), ha smesso di vivere solo per il pallone ed in questo vorticoso ed affascinante pianeta fondando un’impresa edile in Argentina tutta sua. Insomma, da distruttore delle certezze difensive avversarie a costruttore di successo.

Wiese

Tim Wiese, “ti spiezzo in due”

Tredici gare in nazionale ed una buonissima carriera con Fortuna Colonia, Kaiserslautern, Werder Brema e Hoffenheim prima della decisione radicale: diventare un wrestler. Questa, in breve, la parabola dell’ex portiere tedesco Tim Wiese divenuto dopo l’addio al calcio nel 2014 un body builder prima ed un Hulk Hogan 2.0 poi. Un fisico statuario ed un’altezza di 193 centimetri che gli stanno consentendo una seconda giovinezza in uno sport meno autentico ma comunque seguito come il Wrestling ed una fama che ora valica l’oceano e punta dritto negli States.

Roa

“Don” Carlos Roa il predicatore del pallone

Carlos Angel Roa giustiziere dell’Inghilterra ai mondiali di Francia ’98 (parato il rigore decisivo a Batty) dopo una carriera a livelli decisamente inferiori rispetto alle premesse iniziali ed alle sue potenzialità è diventato uno stimato sacerdote. Per la verità la scelta non sorprende con diversi stop agonistici dovuti a periodi di riflessione religiosa o ad opere caritatevoli e con la scelta, peraltro discutibile per un simile mestiere, di rispettare il sabato non scendendo in campo come prescrive la Chiesa cristiana avventista del settimo giorno. Una decisione drastica e radicale presa anche se non soprattutto dopo aver sconfitto un cancro ai testicoli ad inizio millennio. Da numero 1 a padre, la via, del Signore s’intende, è breve.

Drenthe

Il rap, la nuova vita di Royston Drenthe

Molti lo ricorderanno più per l’albero genealogico (cugino di Georginio Wijnaldum, nipote di Edgar Davids, fratello di Giovanni e cugino di Giliano Wijnaldum) che per la sua altalenante carriera (calciatore anche del Real Madrid) ma Royston Drenthe a 29 anni abbandona il calcio per la passione di sempre: la musica. E sì perché all’ennesima avventura calcistica andata male (svincolatosi dopo 1 anno con gli arabi del Baniyas), il rap, vocazione ancestrale dell’originario del Suriname, è tornato prepotentemente nei suoi pensieri con la decisione di rinunciare a tutto e sognare una carriera solista magari molto più ricca di successi di quanto non accaduto sui rettangoli di gioco di mezza Europa.

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