Ciao Moro, “saluta Dio per noi”
Quando tutte le parole sai che non ti servono più, allora provi ad esorcizzare la tristezza in altri modi.
Nel calcio avevi trovato una famiglia, quella che il destino ti aveva tolto, un pezzo alla volta. Correndo dietro ad un pallone avevi trovato amici veri. Quelli che, adesso, ti ricordano via Facebook o Twitter. Come i ragazzi delle giovanili dell’Atalanta che, sotto lo sguardo attento di Delio Rossi, coltivavano il sogno di arrivare pronti al “giorno dei giorni”, quello del debutto in prima squadra, della serie A, del primo gol davanti a migliaia di tifosi. Un sogno condiviso da molti. Da tutti quelli che pensavano: " fino a quel giorno, voi non svegliateci". Qualche anno a Bergamo, nel posto giusto per diventare calciatore, e poi via, da dove fermano i treni, con la convinzione che il meglio doveva ancora venire. Un viaggio in “prima” verso Udine dove, nel 2005, Serse Cosmi ti svegliò dal sogno: “vai, ragazzo, da adesso in poi tocca a te”, indicandoti il centro del campo. L’esordio in A, contro l’Inter. L’emozione europea dell’ottavo di finale contro il Levski Sofia. Sono stati giorni che hanno lasciato il segno, come quelli di Bologna, Vicenza, Reggio Calabria e Padova: un giro d’Italia, tra palco e realtà, ringhiando sempre verso gli avversari. “Se entri, chiedimi permesso”. Un po’ come a dire: “se vuoi segnare, dovrai prima vedertela con me”. Esperienze che, di canzone in canzone, di casello in stazione, ti avevano portato fino a toccare il cielo con un dito e a vestire la maglia della nazionale Under 21 nel 2009, durante gli europei di categoria in Svezia.
Hai fatto tutta questa strada per arrivare fino a Livorno e, ad ogni sosta, c’era sempre qualcuno. Di sicuro c’era lei, Anna, che da cinque anni condivideva con te la tua vita da mediano e che ti spronava a dare sempre il massimo. Le donne lo sanno, c’è poco da fare, caro Mario. Sanno sempre che cosa ci vuole e lei lo sapeva fare bene. In maglia amaranto avevi trovato il tuo spazio e stavi cominciando a cantare forte la tua canzone. Tutto procedeva alla grande fino a quel maledetto momento: un colpo all’anima, per tutti quanti noi. Abbiamo perso le parole, caro Moro e anche se vivere è un atto di fede, da oggi ci sentiamo comunque un po’ più soli senza di te. Grazie per le botte d’allegria e ora che sei lassù, facci sapere se passano gli Who e chi comprerà l’Inter. Ah, dimenticavo: di che colore è quel famoso gilet?