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Che fine ha fatto la Milano da bere?

Milan e Inter hanno debiti complessivi per quasi 150 milioni. Il derby sarà anche l’occasione per parlare del nuovo stadio dei rossoneri e del futuro di San Siro. Mentre si fa sempre più concreta la possibilità che Berlusconi venda ai cinesi.
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Debiti per quasi 150 milioni di euro. Un presente, e un futuro, sempre più rivolti a Oriente. Un nuovo stadio come base da cui ripartire. La Milano da bere, gli anni di Berlusconi in elicottero e delle spese folli di Moratti, è la fotografia di un tempo che non c’è più per Milan e Inter. Nell’orizzonte attuale degli eventi, il principio non può che essere il refrain abituale nella capitale dell’economia italiana, follow the money, segui i soldi. E i soldi, adesso, arrivano dall’Asia.

I problemi di Thohir – Dai tempi di José Mourinho, dal 2010 del triplete, il giro d’affari dell’Inter si è dimezzato. I ricavi sono scesi da 323 a 167 milioni, con debiti per 103. Non per niente, già la scorsa primavera, dopo il primo aumento di capitale, Thohir è intervenuto con un prestito da 22 milioni a un tasso dell’8%. Il presidente, che vuole riportare i nerazzurri tra le prime 10 squadre d’Europa tanto per risultati quanto per bilancio, anche per evitare il rischio di sanzioni Uefa, potrebbe optare per un secondo aumento di capitale (servirebbero 40-50 milioni) e cercare nuovi soci: non è escluso, secondo quanto si legge, che possa coinvolgere l’ex presidente Ernesto Pellegrini che ha venduto la società a Moratti nel 1995. Per tappare il buco, lo scorso giugno il presidente è ricorso all’aiuto di un pool di banche, guidate da Unicredit, che hanno concesso un prestito da 230 milioni ottenendo come garanzia la neonata società Inter Media and Communication, in cui sono state concentrate tutte le attività legate al marchio, alle sponsorizzazioni, allo sfruttamento commerciale dell’archivio, valutate in 290 milioni. Perso ormai il treno per la Champions League, e con la prospettiva di dover pagare 30 milioni l’anno solo per mantenere i due allenatori e i relativi staff sotto contratto (14 milioni lordi per Mancini, 12 per Mancini, 4 per gli assistenti), oltre all’obbligo di riscatto per Shaqiri, l’Inter potrebbe essere costretta a cedere almeno uno dei gioielli di famiglia. A meno di ricavare una ventina di milioni dai riscatti dei giocatori ceduti in prestito, come Ricky Alvarez, Saphir Taider e Ezequiel Schelotto.

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Il profilo degli introiti dell'Inter nel 2013-2014 – Fonte: Football Money League, Deloitte

I dubbi di Berlusconi – Non che il Milan se la passi tanto meglio, anzi. Nel bilancio civilistico al 31 dicembre 2013 (l’ultimo disponibile) il 99,9% del Milan è iscritto a bilancio per 361,43 milioni, con una perdita netta di 15,7 milioni e un rosso di poco inferiore ai 67 milioni, che per il 2014 potrebbe però superare i 70. Con un monte ingaggi ancora troppo elevato, anche se a giugno scadranno parecchi contratti pesanti (Mexes, De Jong, Pazzini) e ricavi scesi del 5% rispetto al 2013, per la prima volta il Milan non è tra le dieci squadre più ricche d’Europa nell’annuale Football Money League dell’agenzia Deloitte. L’ottavo posto della scorsa stagione ha prodotto un crollo del 13% negli introiti da diritti tv (122,7 milioni), che comunque rappresentano la metà dei ricavi complessivi del club, salvato dal rinnovo del contratto di sponsorizzazione con Emirates da 85 milioni in cinque anni. Ma gli sceicchi non bastano: il Milan del futuro guarda alla Cina, che ha già rilevato il colosso Pirelli, storico sponsor dell’Inter, e generato con la Lombardia interscambi per 10 miliardi di euro nei primi mesi del 2014. Fu Yixiang, il vicepresidente della Camera di Commercio italo-cinese, ha tracciato il ritratto dei quattro imprenditori riuniti nella cordata pronta a prendere il controllo del club rossonero. C’è il gruppo Wanda, che a gennaio ha acquisito Infront, che in Italia gestisce per conto della Lega Calcio la commercializzazione dei diritti televisivi, e ha disegnato il contestato bando che ha assegnato ancora i diritti del campionato di serie A a Sky e Mediaset. C’è Jack Ma, che ha un patrimonio personale di 12,5 miliardi di dollari, e ha fondato Alibaba, l’Amazon cinese, con oltre 500 milioni di clienti. Il colosso asiatico delle vendite online, che lo scorso 19 settembre ha debuttato a Wall Street battendo il record per il più grande collocamento in borsa della storia, 25 miliardi di dollari, già possiede il 50% Guangzhou, la squadra di Marcello Lippi prima e Fabio Cannavaro poi. C’è il gruppo Huawei, leader mondiale nelle infrastrutture per telecomunicazioni, già partner del Milan dal 2013. E poi ci sarebbe “il re della Coca Cola cinese”, il terzo uomo più ricco del Paese, che però un paio di settimane fa aveva smentito il suo coinvolgimento. “I cinesi vogliono acquisire il know-how per avvicinare al più presto il livello dilettantistico del loro calcio a quello professionistico di un grande club come il Milan. C’è stata una grande riforma delle scuole calcio da parte del governo: c’è la volontà di portare il nostro movimento al livello più alto possibile in breve tempo” ha spiegato Yixiang a Libero.

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Il profilo degli introiti del Milan nel 2013-2014 – Fonte: Football Money League, Deloitte

Stadio: mal comune, nessun gaudio – Il principale nodo da risolvere rimane lo stadio, per la cui gestione le due squadre versano un canone di 8 milioni a stagione alla società M-i Stadium. Nella stagione 2013-2014, l’Inter ha registrato solo 18,8 milioni di ricavi da botteghino, il dato più basso fra tutte le squadre analizzate nel rapporto Football Money League, pur essendo la squadra italiana con la media di spettatori più alta nelle gare interne. Il Milan riesce a sfiorare i 25 milioni (24,9), ma la vendita dei biglietti e degli abbonamenti, in calo del 6% rispetto al 2013, continua a rappresentare una fonte troppo marginale negli introiti complessivi del club. Numeri che impallidiscono nel confronto con le big d’Europa: l’anno scorso il Real Madrid ha generato ricavi da botteghino per 131,5 milioni, il Manchester United per 129,7, il Barcellona per 128,5, l’Arsenal per 120,5 (con una percentuale di riempimento dell’Emirates Stadium del 99%). Per questo, in occasione del derby, Thohir incontrerà Barbara Berlusconi. L’Inter vorrebbe rimanere al Meazza, da ristrutturare in vista della finale di Champions League 2016, attraverso l’acquisizione del diritto di superficie per 99 anni, che però non consentirebbe all’Inter di diventare del tutto proprietaria dell’impianto. Allo studio Dontstop, cui ha affidato il progetto, Thohir ha chiesto un San Siro ridotto a 58-60 mila posti, con una nuova tribuna rossa centrale e una hospitality rinnovata, e l’abbattimento parziale del terzo anello per far posto a postazioni tv, bar e ristoranti.

Il Milan punta al Portello – Il Milan, invece, vorrebbe costruire il suo nuovo stadio nell’area del Portello, dove ha già trasferito la sede, nell’ambito del bando della Fondazione Fiera Milano per la valorizzazione e la riqualificazione del padiglione 1 – 2 dell'ex polo espositivo urbano, che sarà aggiudicato il 29 aprile. Un impianto, progettato dallo studio Ove Arup, che ha realizzato lo Sports Hub di Singapore e l’Opera House di Sydney, da 40 mila spettatori e incassato nel terreno, accompagnato da spazi commerciali, un albergo, un liceo sportivo. In gara, insieme al Milan, altri tre progetti, che non prevedono di abbattere tutte le strutture esistenti al Portello. Barbara Berlusconi, si legge sull’Espresso, ha trattato gli aspetti cruciali con Corrado Peraboni, presidente di Fiera Milano spa, l’ente che gestisce le strutture espositive della città. L’obiettivo è creare una sociatà mista tra Fondazione Fiera di Milano, proprietaria dei terreni, e il Milan, per avere terreni ed edifici in comodato d’uso e dividere i futuri utili dalla vendita dei biglietti. Tuttavia, mentre i residenti già si sono riuniti in comitati per opporsi alla costruzione dello stadio, Barbara Berlusconi, rivelano sempre Enrico Arosio e Michele Sasso, ha incontrato il presidente di Hines Italia, Manfredi Catella, che ha realizzato il quartiere direzionale di Porta Nuova venduto agli sceicchi del Qatar a febbraio. E Catella ha proposto un piano B, allo Scalo Farini, l’area di proprietà delle Ferrovie già da tempo esaminata dalla Hines. Milano, dunque, è ancora una città di frontiera. Una città sul bordo di una nuova frontiera di sogni, speranze e nuovi padroni venuti dall'Est.

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