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Calciopoli, Corte d’Appello: “Sistema di potere per il controllo finale”

Per i giudici di Napoli Luciano Moggi era l’apice e il punto di riferimento della struttura associativa che perseguiva le condotte illecite.
A cura di Alessio Pediglieri
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luciano moggi

I Giudici della Corte d'Appello di Napoli hanno considerato "riduttiva" la sentenza di primo grado e hanno calcato la mano sulla natura ‘associativa' degli illeciti perpetrati e la volontà dei soggetti coinvolti per raggiungere determinati obiettivi come l'acquisizione di controllo dei vertici federali o maggiore visibilità mediatica per una migliore carriera. Il tutto sotto l'egida e il controllo di una unica persona: Luciano Moggi. Così, il ‘sistema' Calciopoli ritorna ancora prepotentemente alla ribalta e l'ex dirigente bianconero viene posto nuovamente al centro della scena perché esercitava un ruolo "preminente sugli altri sodali". Luciano Moggi nel processo d'appello è stato condannato a 2 anni e 4 mesi.

Moggi, il punto centrale – I Giudici d'Appello sono tornati con le motivazioni della sentenza al 2006, dando ampio spazio alle schede telefoniche straniere e all'"associazione a delinquere" attorno a Luciano Moggi e riportando l'uso delle "sim" distribuite dal dirigente bianconero a designatori, arbitri e dirigenti come "punto centrale" dell'intera vicenda. Dagli atti processuali si legge come Moggi esercitava un "ruolo preminente sugli altri sodali, dovuto non solo alla sua personalità decisa, ma al contempo concreta e priva di filtri nell'esporre le sue decisioni, ma anche per la sua capacità di porre in contatto una molteplicità di ambienti calcistici fra loro diversi e gestirne le sorti con una spregiudicatezza non comune".

Sodalizio. "Emerge con chiarezza un ruolo di rilievo nel sodalizio, ricoperto dagli imputati Pairetto, Bergamo e Mazzini, i quali in forza della funzione loro attribuita (i primi due designatori arbitrali, Mazzini vicepresidente Figc) hanno di fatto rafforzato il contesto e l'incidenza del sodalizio che, proprio per la loro funzione e per il loro contributo apicale, ha potuto operare per un lasso di tempo cospicuo con metodiche altrimenti assolutamente irraggiungibili, ovvero la scelta degli arbitraggi delle partite di campionato di serie A, e in parte di serie B, condizionata per precostituire griglie ed in parte per sorteggi indubbiamente ambigui".

I rapporti coi designatori. Non solo, per i giudici di Napoli Moggi aveva una molteplicità di rapporti a vario livello con i designatori arbitrali fuori dalle sedi istituzionali "ai quali riusciva a imporre proprie decisioni, proprie valutazioni su persone e situazioni (come nel caso delle trasmissioni televisive soprattutto valutative sulla condotta dei singoli arbitri) coinvolgendoli strettamente così nella struttura associativa e nel perseguimento della comune illecita finalità". 

Le ‘incursioni' nello spogliatoio"Appaiono eclatanti – si legge ancora nel testo della sentenza – le diverse incursioni di Moggi, assieme a Giraudo, negli spogliatoi di arbitri e assistenti". Il riferimento dei giudici è a Reggina-Juventus del 2004 e all'arbitro Paparesta nei cui confronti ci fu "una condotta a dir poco aggressiva da parte del ds della Juventus e in cui appare significativo la non isolata mancata indicazione di tale grave episodio da parte dell'arbitro nel referto e ciò appare conseguenza diretta del timore di Paparesta".

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