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Brexit, la Premier si scopre “povera”. E ora i campioni costano di più

L’uscita dall’Europa della Gran Bretagna fa crollare il valore della sterlina. La Premier League dovrà spendere molto di più per acquistare le stelle d’Europa. Messi, per esempio, costerebbe 50 milioni di sterline in più. E con meno potere d’acquisto, i club potrebbero perdere i gioielli pregiati.
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Lionel Messi. Un nome che accende la fantasia di José Mourinho e dei tifosi dei Red Devils. Ma con la Brexit quanto costerebbe al Manchester United? Naturalmente si tratta di poco più di un divertissement considerato che l'uscita definitiva della Gran Bretagna dall'Europa non si completerà prima di, almeno, due anni. Ma può essere un modo per intuire, per comprendere l'impatto che la Brexit può avere sul valore della sterlina, già arrivata in poche ore al valore più basso rispetto al dollaro dal 1985. Messi è legato fino al 2018 con il Barcellona. Anche nel caso voglia cambiare aria prima del tempo, magari per lasciarsi un po' alle spalle i problemi col fisco spagnolo, dovrebbe trovare una squadra disposta a versare l'intera clausola rescissoria, fissata a 250 milioni di euro, e a riconoscergli un ingaggio quanto meno pari a quello attuale, ritoccato l'anno scorso a 20 milioni netti a stagione.

Una forbice di 50 milioni per Messi

Un mese fa, quando sarebbero iniziati i contatti fra i Devils e i blaugrana secondo la stampa inglese, questo avrebbe voluto dire per la società investire 175 milioni di sterline più 14 di ingaggio. Già oggi, però, la sterlina è passata da quota 0,7 a 0,8 sull'euro e in prospettiva non è da escludere che nei prossimi mesi si arrivi addirittura alla parità fra le due valute. Un eventuale passaggio di Messi in una squadra inglese dopo l'uscita dall'Europa, dunque, finirebbe per costare una cinquantina di milioni di sterline in più rispetto al valore nominale prima del referendum.

Incertezza – È proprio la possibile frenata dell'economia il timore principale in Europa dopo l'ufficializzazione dei risultati della consultazione e della vittoria dell'UKIP, il partito euroscettico di Nigel Farage. Rispetto all'incremento dell'1,7 per cento registrato nel 2015 nell'area dell'euro, le previsioni sono ora scese all'1,5 per cento nel 2016 e all'1 per cento nel 2017. E Moody's non nasconde la possibilità di downgrade del Regno Unito. L’agenzia di rating ha avvertito in un report che gli effetti economici e finanziari sul Regno Unito causeranno “un prolungato periodo di incertezza politica”.

CR7, ma quanto mi costi?

Un periodo che si farà inevitabilmente sentire anche sul calciomercato. Quanto potrebbero costare, per esempio, Cristiano Ronaldo, Pogba o Higuain per il Manchester City, il Chelsea o lo United? Secondo il rapporto del CIES, CR7 è il quarto giocatore più costoso al mondo: oggi il suo cartellino vale 114 milioni di euro, senza contare i 17 di ingaggio annuale, secondo solo a quello di Messi. Con l'uscita dall'Europa, se idealmente la sua quotazione non dovesse variare nel giro delle prossime due stagioni, si ritroverebbe a dover sborsare almeno una ventina di milioni di sterline in più (da 80 a 100) per acquistarlo e quasi 4 in più per l'ingaggio.

Pogba e Higuain diventano un lusso

Proviamo a vedere, infine, l'effetto che fa la Brexit su un club inglese che volesse acquistare Pogba o Higuain. Il francese oggi vale 77 milioni di euro, con un ingaggio da 4,5. A parità di quotazione, il valore nominale per i Blues o i Citizens passerebbe da 54 a circa 70 milioni di sterline. Per acquistare Higuain, invece, blindato con una clausola rescissoria da 95 milioni e 7,5 di ingaggio, oggi servirebbero 73 milioni di sterline: quando sarà completata l'uscita dall'Europa, per raggiungere la stessa cifra ci vorranno 95 milioni di sterline.

Il ‘salasso' dei costi salariali

Ma, lo ripetiamo, si tratta solo di uno scenario molto ipotetico, utile per comprendere l'impatto della decisione sui mercati. Dal punto di vista pratico, sottolinea Alex Chick, editor in chief di Eurosport UK, le questioni da risolvere sono molte. Innanzitutto, il Regno Unito dovrà rinegoziare tutti gli accordi commerciali, e nel caso i contratti fossero trattati in euro e non in sterline potrebbero mutare “i costi salariali complessivi dei club di Premier League comportando contrasti di fairplay finanziario per l’acquisto di giocatori stranieri. Un problema ulteriore s’avrebbe infine se il Governo inglese dovesse introdurre delle tasse per il tesseramento di giocatori stranieri, ma ogni effetto non sarà immediato con un'eventuale proiezione (almeno) biennale”.

Secondo Chick, la Premier League è destinata a trovare una soluzione per continuare ad attrarre giocatori dall'Europa, perché è il successo commerciale a trainare il valore del campionato più ricco del mondo. Ma, come abbiamo visto, “il primo crollo della sterlina potrebbe favorire i prelievi esteri dei giocatori di Premier League e, inversamente, complicare la campagna acquisti dei club inglesi”. Al momento, lo scenario è talmente in divenire da rendere quasi impossibile la definizione di un orizzonte chiaro. Come ha scritto su Twitter Gary Lineker, “non è il tempo dei trionfalismi. Non è il tempo delle divisioni. Non è il tempo dell'odio. È un tempo per il cambiamento. Per la calma. Per la storia".

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