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Boranga ‘vola’ a 71 anni: dal calcio all’atletica, a Budapest l’impresa nell’Alto

Due lauree, in Biologia e Medicina. Portiere del Cesena e poi del Parma negli Anni Settanta dopo Perugia, Fiorentina e Reggiana. ‘Bongo’ è tornato alla ribalta per l’intervento straordinario nella gara del Centenario del club emiliano. Dal calcio all’atletica leggera a 71 anni: ai Mondiali Budapest ha conquistato il titolo iridato della categoria M70 nel salto in alto.
A cura di Maurizio De Santis
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Non chiamatelo vecchio, Boranga rock'n'roll a 71 anni è agile come un ventenne. E se provate a fargli gol rischiate una brutta figura. Gioca ancora, salta tra i pali e incanta. Ricordate Gordon Banks? Colpo di reni, braccio proteso, palla deviata, porta salva: quella parata ai Mondiali del Settanta lasciò a bocca aperta anche Pelè, che s'era arrampicato in cielo per battere a rete ma non gli bastò. Nella partita del Centenario del Parma ‘Bongo', come lo chiamano gli amici, ha ripetuto il miracolo: capocciata di Asprilla e… diavolo d'un Boranga, ma com'è riuscito a prenderla? Fisicamente integro. Niente ‘pozioni' magiche. Tutto vero, come ‘mamma lo ha fatto'. Spot migliore per uno sport pulito non poteva esserci. Stupore, applausi, giù il cappello di fronte all'uomo e al medico che nel 2005 denunciò il dilagare della cocaina nel mondo del calcio e chiese test tricologici per scovare la sostanza. Restò inascoltato. E figurati…

Quel gesto atletico andrebbe proiettato nelle scuole calcio: mostrato ai padri, che vorrebbero i figli per forza campioni (e fa nulla se poi li allevano coglioni), e ai ragazzini che pensano a vincere ma non si divertono. Quel gesto andrebbe sbattuto sul muso di chi ha trasformato gli spogliatoi in farmacie, drogato le prestazioni degli atleti. Quel gesto andrebbe sbattuto sul muso di coloro che hanno svenduto le rovesciate di Bonimba agli zingari delle scommesse. Quel gesto andrebbe sbattuto sul muso dei fenomeni (da baraccone) in braghe di tela, spavaldi, viziati, tanto ricchi quanto idioti. Quel gesto andrebbe sbattuto sul muso dell'accolita circense che ha conquistato il palcoscenico del calcio italiano e scambiato il ‘rombo di tuono' con pernacchie d'avanspettacolo. Quel gesto andrebbe sbattuto sul muso di chi in una fumata di pipa dimenticò lo scandalo che travolse anche Pablito, il nostro eroe mundial, e oggi sfuma la vergogna, patteggia le colpe, ammorbidisce le pene di un calcio autoreferenziale, pilatesco, incapace di fare i conti con se stesso.

Diavolo d'un Boranga. Ne ha combinata un'altra delle sue: ai Mondiali di Atletica di Leggera di Budaspet ha conquistato il titolo iridato della categoria M70 nel salto in alto, librando sopra l'asticella ferma a un metro e 43 centimetri. Una vittoria dietro l'altra: venti giorni fa aveva conquistato ad Ancona il titolo italiano nel lancio del peso e siccome ‘ci vuole un fisico bestiale per resistere agli urti della vita, a gennaio scorso ha esordito anche nel nuoto, vincendo la gara sui 50 metri stile libero a Buonconvento.

Diavolo d'un Boranga. Comunista e poi leghista deluso dai ‘rossi' tanto da saltare sul Carroccio. Due lauree, in Biologia e Medicina. Portiere del Cesena e poi del Parma negli Anni Settanta, dopo Perugia, Fiorentina e Reggiana. Il vento reca l’odore di piombo. L’Italia, sospesa tra Peppone e don Camillo, è scossa dal brivido di ribellione che le corre lungo la schiena e spacca in due il cuore di una generazione. E il ‘compagno' Lamberto è lì, in mezzo al campo, pugno chiuso a salutare i ‘compagni' che allo stadio Olimpico vanno a salutarlo durante un Roma-Cesena del '76. Una carezza in un pugno, come proteggere i sogni per non buttarsi via. Non era una carezza, ma un cazzotto poderoso quello che nel '77, in una gara di Coppa Uefa contro il Magdeburgo,  rifilò al tedesco Sparwasser, reo di aver simulato una caduta in area di rigore.

Diavolo d'un Boranga. Campione italiano di salto in alto e triplo nelle categorie over. Bastardo senza gloria, perché Bastardo è il club umbro che, nel '92 a 50 anni, gli ha fatto riprendere il vizio di tornare tra i pali, tra polvere, profumo d'erba, gomitate galeotte, calcioni (presi e dati) e tiracci sporchi sui campi dei dilettanti. Mancava il portiere, lui c'era. Da allora non s'è tolto più i guanti: Ammeto e poi Papiano. Gioca ancora e si diverte. Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore, ma un uomo sì.

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