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Atletico, sogno svanito. Ma il Cholo ti ha fatto grande

La seconda finale di Champions League dall’Atletico non fa perdere di vista il percorso fatto da Simeone con i suoi ragazzi: il modo di intendere il calcio, agli antipodi rispetto ai canoni di bellezza attualmente ricercati dalle migliori squadre d’Europa, resterà sicuramente nella storia.
A cura di Vito Lamorte
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Una coppa stregata. Non c'è altra risposta. L'Atletico Madrid migliore della storia, quello di questo ciclo aperto nel 2011, non è riuscito a vincere nemmeno una delle due finali di Champions League a cui ha partecipato e il dispiacere è grande. Grandissimo. Sarebbe stato il coronamento di un ciclo fantastico che ha visto i colchoneros trionfare in Spagna e in Europa ma la coppa dalle grandi orecchie è un vero e proprio tabù. La finale di Lisbona era stato un vero e proprio dramma con il goal di Sergio Ramos all'ultimo minuto dei tempi regolamentari, ma questa, se vogliamo, è ancora peggiore. Le vittorie nelle fasi a eliminazione contro tre squadre che hanno trionfato nei loro campionati (PSV Eindhoven, Barcellona e Bayern Monaco) facevano ben sperare ma la squadra di Simeone è arrivata scarica all'appuntamento più importante della stagione. Nella prima parte della gara ha tremato, poi ha buttato il cuore oltre l'ostacolo ed è riuscita a riprenderla. Ma non è bastato. La mancanza di forze nell'ultima parte di match e nei supplementari non ha aiutato. I rigori non si prendono in considerazione, soprattutto se si pensa che Juanfran era stato il rigorista decisivo negli ottavi contro il PSV. Sono un mix di freddezza e di emozioni che è incontrollabile. Non si butta la croce addosso ad un singolo. Mai.

Un percorso preciso

L'Atletico è diventata una grande del calcio europeo e questo lo deve soprattutto ad un certo Diego Pablo Simeone. Da quando è arrivato a Madrid, nel dicembre del 2011, l'argentino ha costruito una creatura unica, tutta sua, a tal punto che il modo di giocare viene definito "cholismo". Molti l'hanno definito "catenaccio", altri l'hanno etichettato come difensivista, ma Simeone ha portato in campo semplicemente la sua idea di calcio. Chi ricorda il centrocampista argentino con i calzoncini e le scarpette sa bene come interpretava il calcio.

Simeone propone un calcio basato sull'occupazione della propria metà campo, pressing alto e attento ma mai scriteriato, controllo della partita, che non vuol dire per forza avere il possesso della palla, movimenti difensivi perfetti e gioco in verticale col minor numero di passaggi possibili. Linee di reparto strettissime che si aiutano l'un l'altra e tendono a far uscire l'avversario per aggredire la profondità alle spalle della linea difensiva avversaria.

Nonostante tutti lo tacciano di essere difensivista o catenacciaro, alla corte di Simeone si sono avvicendati diversi attaccanti di un certo livello: da Radamel Falcao a Diego Costa, passando per David Villa, Mario Manduzukic, Fernando Torres e il nuovo fenomeno colchonero Antoine Griezmann. Un parterre niente male. Simeone è riuscito ad esaltare al massimo il materiale umano a sua disposizione e ha costruito una squadra in grado di vincere sia in Spagna che in Europa senza doversi adattare alla frenesia del possesso palla, o tiqui-taqa, che si è affermato nell'ultimo periodo. Il gioco di Simeone rappresenta una vera e propria filosofia: si confronta coi propri limiti e cerca di farli diventare punti di forza. Una vera e propria arte per pochi eletti.

Nessuno sa se l'Atletico Madrid tornerà a disputare una finale di Champions League nel prossimo futuro ma quello che ha fatto quest'uomo sulle sponde del Manzanarre e quanto fatto dai Colchoneros è una grossa rivoluzione, o innovazione, calcistica e di pensiero. Di questo ne siamo certi.

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