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9 luglio 2006 – 9 luglio 2015: che fine ha fatto Fabio Grosso, l’eroe di Berlino

Il rigore decisivo contro la Francia in finale, la rete in semifinale contro la Germania ai supplementari, il penalty procurato con l’Australia realizzato da Totti. L’esultanza come Marco Tardelli nell’82, il titolo di miglior terzino dei Mondiali. Poi, l’anonimato, l’addio al calcio giocato e oggi la voglia di riscatto come tecnico della Primavera juventina.
A cura di Alessio Pediglieri
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9 luglio 2006, Berlino. L'Italia è campione del Mondo in Germania, vincendo ai rigori contro la Francia la finale dei Mondiali. Una cavalcata epica che laurea gli azzurri di Marcello Lippi i migliori del calcio planetario per la quarta volta. A distanza di 9 anni e dopo due fallimenti mondiali (in Sudafrica e in Brasile) non ci resta che ritornare con la memoria ai fasti di quell'estate, tormentata in patria dallo scandalo Calciopoli ma che diede il via ad una alchimia incredibile di coesione e voglia di riscatto. Non senza momenti storici precisi che sono rimasti impressi nella mente dei tifosi italiani in modo indelebile. Come lo scontro Materazzi-Zidane o il rigore decisivo di Grosso, terzino rivelazione, oggi quasi dimenticato dal mondo del calcio.

Eroe per caso, con la maglia del Palermo

Nel suo albo d'oro, Fabio Grosso annovera tra 3 campionati vinti e altrettante coppe tra Serie A e Ligue1, il fiore all'occhiello: Campione del Mondo 2006. Un titolo che consegna ad un onesto giocatore, buon laterale difensivo, l'onorificenza più alta e importante coronata soprattutto dal vanto di essere stato l'uomo decisivo per il successo iridato azzurro. Il destino quell'estate di 9 anni fa scelse proprio lui, allora 29enne calciatore del Palermo, per eleggerlo eroe. Inizialmente impiegato come riserva, divenne titolare a cominciare dalla terza partita del torneo, contro la Cechia, raccogliendo la fiducia di Mister Lippi e dimostrandosi da lì in poi determinante per la squadra.

Le tre perle mondiali

Al minuto 93 degli ottavi di finale contro l'Australia si procurò un rigore fondamentale: venne realizzato da Francesco Totti, che permise all'Italia di passare il turno. Nella semifinale contro la Germania ci fu il secondo momento decisivo: segnò il gol che sbloccò la partita al 119′ minuto dei tempi supplementari, con un sinistro a rientrare all'interno dell'area avversaria, su assist di Andrea Pirlo. Il 9 luglio, nella finale di Berlino contro la Francia risoltasi ai tiri di rigore, l'apoteosi sportiva personale: Fabio Grosso realizzò il quinto e ultimo tiro della sua squadra, chiudendo la partita sul punteggio di 5-3 con cui l'Italia conquistò il suo quarto successo nella competizione, a 24 anni di distanza dall'ultimo.

La fine del sogno

Una storia e immagini indelebili che avrebbero dovuto proiettare Grosso verso un glorioso finale di carriera. Ma la Dea Bendata aveva già dato tutto ciò che poteva regalargli, beffarda, in un paio di settimane. Senza concedergli nulla più: il passaggio immediato all'Inter, l'esperienza francese al Lione, il ritorno in Italia con la Juventus: polveri bagnate per ritornare pian piano nell'anonimato. Così come nelle Nazionali di Donadoni e del Lippi II, con la fallimentare avventura in Confederations Cup del 2009 e l'esclusione all'ultimo minuti dei convocati in Sudafrica 2010. Fino all'addio al calcio giocato, il 5 dicembre 2012 e l'inizio di una nuova vita. L'11 luglio ritorna alla Juventus e viene nominato vice allenatore della formazione Primavera, affiancando in panchina Andrea Zanchetta. Ruolo che poi assume in prima persona dal'11 marzo 2014 quando viene nominato capo allenatore.

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